Mezzo milione di foto in poche ore per testimoniare la voglia di vivere in un pianeta migliore, pulito
#trashtag. Chi frequenta Instagram e Twitter sarà incappato in questo hashtag che, negli ultimi giorni, ha iniziato a rimbalzare fuoriosamente da una parte all’altra del mondo. Lo ha lanciato un signor nessuno, Byron Román, 53enne dell’Arizona, eppure, nel suo piccolo è riuscito a fare qualcosa di molto buono per il pianeta, anticipando persino l’altra grande mobilitazione collettiva nata sul Web: il #FridaysForFuture di domani. Trashtag è la crasi tra due parole: trash (spazzatura) e hashtag, il vecchio cancelletto (#) che, nel linguaggio di Internet, rivive per designare un argomento catalizzante.
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Cos’è la Trashtag Challenge?
L’uomo, di mezza età, voleva infatti sensibilizzare gli adolescenti sul tema ambientale, adolescenti mai così attenti in questo periodo, come dimostra la mobilitazione di Greta Thunberg. Si è quindi piazzato su Instagram, il social network più amato dai giovani, e ha lanciato una sfida: armarsi di smartphone, pulire ciascuno il proprio angolo di mondo e testimoniare il “prima” e il “dopo”. Come facevano le vecchie pubblicità delle diete.
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In questo mondo, anche una missione apparentemente impossibile, come quella di far migliorare lo stato di salute del pianeta (proprio ieri l’Onu ha certificato che non sta affatto bene), viene scomposta in una quantità di micro-sfide alla portata di tutti, giovani e giovanissimi inclusi. Perché ciascuno di noi ha, nel proprio circondario, un quartiere sporco, un parco trasformato in discarica o l’alveo di un torrente ostruito dai rifiuti.
La concomitanza col #FridaysForFuture
In realtà, a scartabellare tra gli immensi archivi della Rete, si scopre che Trashtag (#trashtag) non è una iniziativa recente, perché girava già dal 2015, sull’onda lunga di quell’Ice Bucket Challenge che si diffuse nell’estate del 2014.
Ma è proprio in questa nuova apparizione che ha raccolto un numero incredibile di adesioni: oltre 500mila foto, tra Instagram e Twitter, in pochissimi giorni. E poco importa se molte possono essere doppioni, pubblicate dagli stessi utenti su entrambi i social, o riprese da giornalisti e semplici commentatori, perché raccontano ugualmente che i giovani sono desiderosi di mettersi all’opera per cambiare la situazione, anche a costo di sporcarsi le mani, come del resto diranno a chiare lettere e a gran voce, dalle piazze di tutto il mondo, domani, durante il #FridaysForFuture.