L’idea di una startup coinvolge tre quartieri periferici del capoluogo lombardo
Se siete a Milano, e vi fermate per un espresso, fate attenzione: vicino alla tazzina potreste trovare una sorpresa. Magari il sottotazza, o il portazucchero. Costruiti con i fondi di caffè recuperati dai baristi, disegnati da quattro studenti del Politecnico e stampati in tre dimensioni da una startup locale. Quartiere Bovisa. Ci troviamo nella periferia del capoluogo lombardo, vicino alle grandi arterie che ogni giorno convogliano pendolari e studenti in città. Area a vocazione industriale con decine di capannoni che, dalla fine degli anni Settanta, si sono progressivamente svuotati, abbandonati dalle grandi industrie. Resta solo la Branca, quella del Fernet. Succede in ogni città.
Qui il Politecnico ha insediato alcune facoltà dell’ateneo, avviando una riqualificazione che procede più lentamente del previsto. L’esplosione, a lungo attesa, non arriva. La Bovisa – si dice da tempo – sarà la prossima Isola, riferimento al quartiere popolare investito da una gentrification che impasta yuppie rampanti e barbe lunghe. I valori immobiliari della zona sono saliti di conseguenza. Convinti di abitare in stamberghe, i residenti si sono trovati da un giorno all’altro seduti su miniere d’oro. Ma, assieme al costo per metro quadro, si è impennato anche quello dei servizi. E quello per riempire il carrello della spesa. Molti se ne vanno.
Bovisa, un progetto ancora incompiuto
Meno centrale rispetto all’Isola, priva di boschi verticali che attirino i riflettori, la Bovisa è ancora, indiscutibilmente, periferia. Una dimensione multietnica e rude che ricorda via Padova, strada simbolo del melting pot meneghino. Dalle parti di piazza Bausan, intere vie sono abitate in prevalenza da famiglie straniere. Nei bar si mischiano slavo, arabo, e milanese stretto, parlato – cosa ormai rara, in città – in qualche circolo dagli anziani che hanno vissuto la parabola delle fabbriche. Ma basta spostarsi di poche centinaia di metri, e lo scenario muta. Cominciano ad arrivare famiglie dalle zone più centrali, alla ricerca di spazio e prezzi accessibili. Spuntano i primi loft, le prime case basse a misura di designer. Film già visto.
Eppure, passeggiando per la Bovisa, resta un senso di incompiuto. Sospeso tra declino e accenni di sviluppo, il quartiere non ha ancora acquisito una nuova identità. Il centro dista sei o sette chilometri, ma le vetrine di Montenapoleone sono molto più lontane. Si sforza di non cedere al degrado, mettiamola così; ma vivere qui non è una passeggiata, poche le attività commerciali e la sera è difficile non guardarsi attorno e affrettare il passo. Chi può, manda i figli a scuola altrove.
Per questo, le iniziative dei cittadini, come quelli raccolti nell’associazione Bovisattiva, sono così importanti. Palazzo Marino prova a metterci del suo con i bandi per le periferie. Non è detto che basti, ma è un inizio.
Fondi di caffè recuperati per farci oggetti di design
Fondi di caffè – si diceva – recuperati dai bar di quartiere, e trasformati in biopolimeri per produrre oggetti di design, che poi tornano nei locali per essere esposti e venduti. Non solo. Bambini e adulti, possono scoprire la lavorazione che dagli scarti conduce alla creazione di oggetti utili grazie a tour organizzati. Contento il Comune, contenti gli esercenti, contenti i residenti. Anche questa è economia circolare. Il progetto si chiama Coffee Era, l’idea è di Krill Design, startup nata nel segno della sostenibilità con il supporto di Fabriq, incubatore di innovazione sociale del Comune. A disegnare gli oggetti, quattro giovani studenti del Politecnico: Sofia, Victoria, Paolo e Ludovico.
Il piano, che ha vinto il secondo bando di FabriQ, coinvolge anche i quartieri di Dergano e Villapizzone. Realtà non propriamente semplici: a Villapizzone, nel 2015, una gang di ragazzini armati di machete staccò il braccio a un capotreno. Si tratta di un esperimento: se il circolo virtuoso partirà, sarà replicato altrove. “La stampa a tre dimensioni consente di portare la produzione dove c’è la materia prima, e dove c’è il consumatore” dice Ivan Calimani, ad di Krill Design. “Il progetto, in questo modo, può essere replicato in altri quartieri. A Milano, o in altre città”. Tutto pronto a inizio novembre, in tempo per il Natale. Il Covid non ha aiutato: il lockdown ha chiuso i bar, che dovevano trasformarsi in vetrine. La soluzione, ovviamente, arriva dal web. Fino a nuovo ordine, i prodotti di Coffee Era saranno disponibili online sul sito di Krill e su Reborn Ideas, social commerce di prodotti italiani realizzati con materiali sostenibili e riciclati.