I principali indiziati sono i pesticidi. Poi l’inquinamento. Ma anche l’aumento delle temperature potrebbe influire. Così l’uomo sta mettendo a rischio la loro sopravvivenza…
Quando ero bambina (eoni fa) e partivamo con l’auto per andare in vacanza, alla fine del viaggio c’era il rito della pulizia del parabrezza e dei fari sui quali avevano finito la loro esistenza insetti grandi e piccoli. Era un lavoro noioso e confesso che non mi dispiace non doverlo più fare. Tuttavia, non mi era mai successo di fermarmi a riflettere sulla cosa e sul suo significato per il nostro mondo. Meno impatti sui parabrezza non significa certo che gli insetti hanno imparato la lezione e stanno alla larga da strade e autostrade. Piuttosto è l’indice puro e semplice della diminuzione del numero di insetti nelle nostre regioni.
Insetti buoni uccisi da pesticidi cattivi…
Abbiamo tutti sentito le grida di allarme per la diminuzione delle api (sia allevate sia selvatiche) che è stata collegata sia all’utilizzo dei pesticidi con neonicotinoide sia alla recrudescenza di parassiti degli insetti. Ovunque ci siano misure del numero degli insetti, si vede una diminuzione molto marcata. In Germania, negli ultimi decenni, gli insetti volanti, contati in una riserva naturale, sono diminuiti del 75%. Anche qui, i pesticidi, utilizzati nelle aree circostanti, sono stati additati come una possibile causa insieme a lotta con specie invasive e nuovi patogeni.
A rischio l’intera catena alimentare
Il calo del numero degli insetti è un campanello d’allarme anche per la nostra catena alimentare perché molto di quello che mangiamo dipende dall’impollinazione, fatta dagli insetti. In più, gli artropodi, che si nutrono di piante ed animali morti, sono degli indispensabili spazzini.
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Come quantificare a livello globale l’effetto che, ovviamente, è avvenuto nel corso degli anni ? L’unico modo oggettivo è disporre di misure effettuate allo stesso modo, nello stesso luogo a distanza di anni. Aggiungiamo che il luogo deve essere rimasto nelle stesse condizioni. Non possiamo paragonare dei vecchi campi coltivati con il parcheggio di un centro commerciale. Il luogo fisico è lo stesso, ma il suo utilizzo è cambiato in modo troppo radicale. Bisogna paragonare foresta con foresta, meglio se in un parco nazionale o in un’area protetta in modo da avere un ambiente non troppo contaminato dall’uomo con utilizzo di pesticidi che vengono utilizzati proprio per diminuire il numero degli insetti potenzialmente dannosi per l’agricoltura.
E’ quello che ha fatto Bradford Lister, un biologo che, dagli anni’70, studia gli insetti nella foresta pluviale di Porto Rico. Per essere il più lontano possibile da interferenze umane ha scelto la foresta di El Yunque che è una zona protetta da due secoli, iniziando come riserva reale del re Alfondo XII di Spagna per poi essere trasformata in parco Nazionale dal Presidente Roosevelt.
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Le sue prime spedizioni per misurare gli insetti e gli animali insettivori risalgono al ’76, ’77. Quaranta anni dopo è tornato a ripetere le stesse misure e si è immediatamente reso conto che la foresta non era più la stessa. C’erano molti meno uccelli e le farfalle, che lo avevano colpito per la loro abbondanza, erano quasi sparite. Le trappole (superfici appiccicose destinate al conteggio di ciò che cammina o striscia, tipo ragni, millepiedi) sono state appoggiate a terra e montate a diverse altezze sui tronchi, mentre apposite reti sono state usate per raccogliere la popolazione di insetti volanti. I risultati sono stati scioccanti.
La biomassa raccolta dalle reti è tra il 12 ed il 25% di quella misurata quaranta anni fa, ma il numero degli artropodi di terra è diminuito da un fattore 60, cioè risulta essere meno del 2% di quanto fosse in passato.
Meno insetti e meno ragni e millepiedi significa meno cibo alla base della catena alimentare con conseguenze negative su tutti gli animali che se ne nutrono dagli anfibi, alle lucertole, agli uccelli.
La catastrofica diminuzione si riflette immediatamente sul numero degli uccelli insettivori che, tra il 1990 ed il 2005, sono diminuiti del 50%. Per contro, la popolazione di uccelli che mangiano frutti e semi è rimasta costante.
Quale potrebbe essere la causa di questa ecatombe?
La foresta è un parco nazionale e, a Porto Rico, l’utilizzo di pesticidi è diminuito dell’80% dagli anni ’70 ad oggi. Non sono loro i colpevoli.
L’unica cosa che è cambiata nei quarant’anni trascorsi, è la temperatura massima raggiunta nella foresta pluviale, temperatura che è aumentata di circa 2°. Questo potrebbe essere un problema per gli invertebrati abituati a vivere in un ambiente con temperatura che varia di poco durante l’anno che non hanno un sistema per regolare la temperatura interna e, passata una certa soglia di temperatura, non depongono più le uova.
Anche gli insetti soffrono le conseguenze del riscaldamento globale?