I Tory puntano sull’ambientalismo spinto. Ma parallelamente avviano la costruzione di piccole e medie centrali nucleari
Boris Johnson finora è stato tante cose, persino contemporaneamente favorevole all’immunità di gregge e, dopo essersi preso il Coronavirus, autore di ben due lockdown totali, ma in pochi avrebbero potuto pronosticare che sarebbe diventato anche un ambientalista convinto. I tabloid britannici ricordano ancora che il premier apostrofò così il gruppo ambientalista Extinction Rebellion: “gentaglia che vive in bivacchi odoranti di canapa”, mentre Greenpeace provò a bloccare il suo arrivo in auto Buckingham Palace, il giorno del suo insediamento da Primo ministro. Questo nonostante da sindaco di Londra avesse comunque attuato un piano pro-bici.
Un fotogramma della protesta degli ambientalisti il giorno dell’insediamento di BoJo
Invece la pandemia sembra averlo cambiato. O, almeno, ha deciso di affrontare la crisi economica che seguirà al Covid-19 accelerando sull’elettrico per rendere più competitiva l’industria inglese. Tra poche ore il governo annuncerà di volere il bando alla circolazione di tutte le automobili a benzina e diesel già per il 2030, anticipando l’obiettivo del 2040 fissato finora.
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Cosa prevede il green plan di Johnson
Il piano, che sarà annunciato ufficialmente dallo stesso Johnson quest’oggi, è stato anticipato nella serata di ieri da Downing Street. La sola deroga riguarda i veicoli ibridi: potranno continuare invece a circolare nel Regno fino al 2035. Il governo Tory non concederà ulteriori eccezioni al cammino per la transizione verso un parco nazionale di veicoli totalmente elettrici. Per farlo, Johnson mette sul piatto investimenti per 1,3 miliardi di sterline nel prossimo decennio per finanziare l’installazione di postazioni diffuse per il caricamento delle batterie delle auto elettriche presso i caseggiati e lungo le strade; 582 milioni di prestiti a fondo perduto per l’acquisto nella fase intermedia di veicoli a bassa o nulla emissione; 500 milioni in stanziamenti per la riconversione di linee industriali soprattutto nelle fabbriche dell’auto e dell’indotto delle Midlands e del nord-est dell’Inghilterra.
Johnson e i tory, accusati di non aver saputo gestire la crisi sanitaria di Covid-19, confidano almeno che l’iniziativa possa generare fino a 250.000 posti di lavoro. Altri 500 milioni di sterline sono destinati alla sperimentazione dell’uso dell’idrogeno nelle case per il riscaldamento e la cucina. Il governo intende sostenere inoltre lo sviluppo di motori diesel puliti HGV per il trasporto merci e la realizzazione d’impianti di riscaldamento a idrogeno destinati a coprire il fabbisogno di una prima intera città entro fine decennio, ma parallelamente – fa notare l’opposizione – rilancia pure la costruzione di centrali nucleari di piccole e medie dimensioni.
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Effetto Covid, il mercato dell’auto crolla ancora
Intanto, come se non bastassero le bordate che arrivano dall’Inghilterra di BoJo, il mercato dell’auto deve vedersela coi nuovi crolli dovuti al Coronavirus. Dopo una estate in relativa ripresa, il mese scorso (ottobre 2020) secondo i dati di ACEA, l’associazione costruttori europei, le immatricolazioni sono diminuite del 7,8% con 953.616 nuove macchine vendute in tutta l’Ue. A eccezione dell’Irlanda e della Romania, tutti i mercati dell’Ue sono in perdita: la Spagna registra un vero e proprio tracollo (-21%), seguita dalla Francia (-9,5%) e dalla Germania (-3,6%). L’Italia segna un -0,2% rispetto allo stesso mese del 2019. Allargando lo zoom sull’intero 2020, nel periodo gennaio-ottobre le immatricolazioni sono crollate del 26,8%, situazione “rimane senza precedenti”. In tutta l’Unione Europea sono stati immatricolati circa 8 milioni di macchine, con un calo di oltre 2,9 milioni di auto rispetto ai primi dieci mesi dell’anno scorso. Per i mercati principali, la Spagna ha avuto la flessione più pesante (-36,8%), seguita da Italia (-30,9%), Francia (-26,9%) e Germania (-23,4%).
Il primo gruppo europeo per auto vendute resta la Volkswagen, con 238.029 macchine immatricolate a ottobre: in calo del 9,1% e con una quota di mercato in discesa dal 25,3% al 25%. Al secondo posto ci sono i francesi di PSA (Peugeot e Citroen) che hanno venduto a 153.746 auto, con una diminuzione del 6,6% e una quota in espansione dal 15,9% al 16,1%.