In Italia circolano ancora troppe autovetture private e sono pochi i cittadini che si rivolgono ai mezzi pubblici. Eppure il 2018 sarà l’anno della green mobility
“La green mobility, ovvero la mobilità a zero emissioni è già oggi vantaggiosa e non parlo solo delle auto elettriche. Biciclette a pedalata assistita, scooter elettrici ma anche mezzi innovativi come gli overboard o i monopattini a monoruota sono sempre più venduti e utilizzati sia in Europa sia in Cina”, ci racconta Andrea Poggio di Legambiente, curatore del volume Green Mobility – Come cambiare la città e la vita, libro pubblicato in previsione degli Stati Generali della mobilità elettrica e sicura e nato con lo scopo di portare idee e proposte al nuovo Parlamento e al nuovo governo.
La situazione in Italia: ancora troppe auto e pochi mezzi pubblici
“In un paese con 38 milioni di auto private, neanche 100 mila autobus e 6 mila auto in car sharing, la notizia è la crescita della sharing mobility”, dichiara Poggio. “Qualsiasi ulteriore riduzione dell’inquinamento obbliga a un salto tecnologico e a cambiamenti importanti negli stili di mobilità: una quota crescente di veicoli (dal monoruota all’autobus) a zero emissioni, veicoli elettrici o a idrogeno, generati da fonti rinnovabili. Anche l’Europa dovrebbe introdurre quote obbligatorie di mercato di veicoli elettrici, come fanno la Cina, la California e altri dieci stati USA”.
2018, anno della green mobility
Ma perché il 2018 è l’anno decisivo per la mobilità green in Europa? “E’ incorso in queste settimane la consultazione degli Stati Membri della Ue sul nuovo regolamento per fissare le emissioni delle auto – risponde Poggio – dal 2020 aumenteranno i veicoli a zero emissioni, anche se i numeri di cui si parla sono ancora troppo bassi per permetterci di rispettare quanto stabilito dal Protocollo di Parigi per il clima. Ma la fine del diesel è ormai vicina”.
Cosa si chiede al governo gialloverde
L’autore di Green Mobility – Come cambiare la città e la vita prosegue dichiarando che “Legambiente sta chiedendo all’Europa e all’Italia quote progressivamente crescenti di ZEV Veicoli a Zero Emissioni, sino al 100% dopo il 2030. Accompagnate da divieti di circolazione sempre più severi per i veicoli a combustione nei centri città (Firenze da 2020, Roma dal 2024) e poi in tutte le aree urbana inquinate (Milano dal 2015). Divieto di circolazione di tutte le auto a combustione al 2040, dieci anni dopo l’ultima vendita di auto nuove a combustione. È interessante notare che il 2030 è la data dichiarata anche in alcuni programmi elettorali dei partiti: tra questi due che hanno vinto le elezioni, come la Lega e il Movimento 5 Stelle. Speriamo ora che il nuovo governo sappia varare piani e orientare l’industria nazionale di conseguenza”.
Italiani in movimento: aumenta la sharing mobility
In occasione della pubblicazione del volume, Lorien Consulting ha condotto, in collaborazione con Legambiente, la terza rilevazione semestrale del proprio Osservatorio sulla Mobilità nuova e sostenibile. Ne emerge che gli italiani sono divisi sui provvedimenti da attuare per limitare il problema dell’inquinamento: il 46% è preoccupato al punto di chiedere maggiori limitazioni alla vendita e alla circolazione di mezzi inquinanti, il 48% considera invece inutili ulteriori limitazioni. Il 17% degli italiani dichiara agli intervistatori di conoscere e di aver tenuto in considerazione anche le posizioni in tema ambientale espresse dal proprio partito per scelta di voto.
Leggi anche: Ministro Costa: “Incentivi per la green economy e pene severe per gli ecoreati”
Aumenta l’uso della sharing mobility, nonostante la scarsità dell’offerta sull’intero territorio nazionale, ma ancora prevalgono i mezzi privati e l’uso dell’auto personale che è addirittura in crescita con il 40% del campione che la usa tutti i giorni. Cala sensibilmente (-8%) l’uso quotidiano dei mezzi pubblici. Ma i livelli di mobilità degli italiani sono anche piuttosto elevati e multiformi: in media utilizzano ben 2,6 mezzi differenti nella settimana. I più multi-modali di tutti sono proprio gli utenti della sharing mobility che utilizzano in media altri 5 mezzi (oltre ai servizi di sharing).
Il libro di Legambiente sulla green mobility vuole essere una prima traccia, con esempi e proposte di una nuova mobilità che non è solo innovazione tecnologica, ma un cambiamento di stili di vita, di mezzi e di servizi, di modi di fare impresa e di governo del bene comune rappresentato dallo spazio urbano e dalle infrastrutture abilitanti. E fa il punto sui processi di cambiamento e le differenze tra le esperienze, le potenzialità delle diverse soluzioni e della loro integrazione.
L’archistar Ratti: l’automobile ha plasmato la città del ‘900, ora spazio al futuro
La riflessione sulla green mobility si riflette in larga parte anche sul concetto di città perché, come ben sintetizzato dall’architetto Carlo Ratti, professore al MIT di Boston “se l’automobile ha dato forma alla città del ‘900, i nuovi sistemi di mobilità del XXI secolo potrebbero ridefinire l’uso dello spazio urbano”. La nuova mobilità ci potrebbe permettere di ridurre drasticamente il numero totale di veicoli in circolazione e di liberare vaste aree di città, per esempio gli spazi di parcheggio, che potrebbero essere destinati ad altri usi. Ma potremmo anche avere scenari meno rosei, in cui il numero totale di autoveicoli nelle nostre città potrebbe aumentare, se il costo del trasporto con auto a guida autonoma divenisse così basso da farle entrare in competizione con i mezzi di trasporto di massa.
Leggi anche: Rinnovabili, maxi accordo Ue sui consumi al 32% entro il 2030
Sta di fatto che la sfida, imprescindibile, che abbiamo di fronte è dare risposta all’inquinamento delle città e all’emergenza climatica del pianeta. E che il modo in cui sceglieremo di cambiare la mobilità definirà davvero i caratteri dello sviluppo del nostro Paese. Negli ultimi anni, in Italia le emissioni di CO2 nel settore dei trasporti sono aumentate, a differenza di quanto accaduto negli altri. Non basterà guardare la diffusione di auto elettriche, motorini e biciclette e qualche tram, né cambiare il codice della strada per evitare che un monopattino elettrico continui a essere considerato illegale rischiando una multa di migliaia di euro. Sono necessarie ben altre attenzioni e risorse da parte dello Stato se vogliamo che la mobilità sostenibile riprenda vigore.
L’inquinamento in Europa fa mezzo milione di morti l’anno
L’impellenza del cambiamento è supportata da diversi dati oltre a quelli sulle emissioni inquinanti e climalteranti. In primis quelli sulle morti premature stimate dalla European Environment Agency, per esempio. Il rapporto 2016 dell’EEA parla di 467.000 morti premature all’anno per inquinamento in tutta Europa e piazza l’Italia è tra i paesi europei peggiori, con più decessi in rapporto alla popolazione, pari a più di 66.630 nel solo 2013 (ultimo anno a cui risalgono le valutazioni).
L’inquinante più pericoloso è il particolato più sottile (PM 2,5), seguito dagli ossidi d’azoto (NOx), entrambi originati in città soprattutto dal traffico. “Serve una trasformazione radicale della nostra mobilita” afferma la EEA, perché non possiamo attenderci dai limiti emissivi degli Euro 6 una significativa riduzione degli inquinanti a rischio sanitario e ancor meno una riduzione della CO2: l’automobile ibrida ed elettrica (o fuel cell) sono un percorso obbligato, ma non sufficiente.
Obbiettivi per il 2030: 18 milioni di e-car per soddisfare il 90% dei viaggiatori
C’è poi il ragionamento sui costi delle auto per i cittadini e per lo Stato e quello, articolato e complesso, sugli spazi cittadini da restituire alla vivibilità comune. In Italia, i chilometri che percorriamo oggi in automobile (700 miliardi di km/passeggero all’anno) sono soddisfatti da quasi 38 milioni di autoveicoli a combustibili fossili che percorrono in media appena 12.000 chilometri all’anno con 1,5 persone a bordo. Secondo le proposte avanzate da Legambiente, nel 2030 il 90% degli stessi viaggi potrebbe essere soddisfatto da 18 milioni di e-car che percorrano ciascuna 20.000 chilometri con 1,7 persone a bordo. La green mobility è anche questo.
Leggi anche: Dual Fuel, c’è ancora speranza per il diesel?
Le auto, seppure più costose, sono usate molto di più, in modo più efficiente, in modo che ogni viaggio costi meno di oggi. Per premiare l’efficienza deve costare poco l’uso condiviso (passeggero/chilometro) e molto di più il possesso (bollo), il parcheggio parassitario, l’accesso nelle strade e nelle città congestionate.
Leggi anche: Eni, entro la fine del 2018 obiettivi di neutralità carbonica
Da diversi anni le persone reclamano le loro strade come “bene comune”. Organizzazioni internazionali, dalle Nazioni unite alle agenzie europee, hanno finalmente dedicato nuova attenzione, studi, incentivi allo sviluppo di progetti importanti, in queste nuove direzioni. Le Nazioni Unite, con il programma Habitat, hanno coniato il concetto di “Prosperous City”, riferendosi a quelle città che investono su sviluppo sostenibile, produttività economica, equità, inclusione sociale e qualità della vita. Città che, oltre al resto, sappiano disegnare in modo adeguato la propria rete di strade come spazi pubblici “vivibili e completi”. Città dove le strade vengano ridisegnate per rispondere a tutti i bisogni di spazio aperto delle comunità locali e come luogo di incontro, i cui utilizzatori siano le persone, diverse per età, genere, caratteri sociali, modo di spostarsi.
Leggi anche: Quanto diesel respiriamo? Le mappe dell’inquinamento di Roma e Milano
Questa sfida sulla green mobility, in Italia, deve tener conto di un contesto particolare: per riqualificare lo spazio stradale e restituirlo ad altri usi, in città dense e storicamente consolidate come le nostre, bisogna inevitabilmente sottrarre parte dello spazio stradale all’auto, al suo muoversi ovunque e velocemente e alla sua sosta prolungata. E perché questa strategia non si trasformi in un corpo a corpo con gli automobilisti, bisogna agire alla fonte. Bisogna ridurre la domanda di mobilità, moderare i flussi di traffico, disincentivare l’uso dell’auto nelle aree più adatte alla mobilita attiva.