Nonostante gli stereotipi, la bambola ha comunque saputo reinventarsi. Anche in ottica “circolare”
Per i suoi 50 anni a New York fecero suonare la canzone degli Aqua, Barbie girl. Tutto il mondo fece gli auguri alla “icona americana per eccellenza”. Addirittura lo stilista Micheal Kors disse: “Barbie è tutto ciò che dovrebbe essere una ragazza americana: sportiva, intelligente, sofisticata e sexy”. Dieci anni dopo, la bambola più famosa di tutto il mondo compie 60 anni (poteva mancare l’hashtag cerimoniale? Ovviamente no: #barbie60th), ma sembra passato un secolo. Nel 2009 si parlava di lei come di una icona senza curarsi del modello consumistico di vita che quel mondo suggeriva (macchina, camper, villa, e tanti, tantissimi vestiti). Oggi delle Barbie si parla anche per l’inquinamento dovuto alla plastica di cui sono fatte. Come recuperare dunque i vecchi giocattoli? C’è chi ha pensato a una linea di orecchini e collanine con le parti riciclate delle Barbie. Sì, braccia, occhi, orecchie.
Come era la prima Barbie
Il 6 settembre 1959 il primo modello messo in vendita di Barbie non era molto diverso dai tanti altri che nei decenni dopo sarebbero arrivati sugli scaffali dei negozi di giocattoli di tutto il mondo. Slanciata, magra, con un costume intero zebrato, orecchini e occhiali. A pensarla così fu Ruth Handler, moglie del cofondatore della Mattel toy company, perché era convinta che le bambine fossero più attratte da bambole “adulte”. Dopo 60 anni di storia, il mondo Barbie si è comunque aperto alla società, cercando di scrollarsi di dosso la fama che l’ha sempre riassunto come protagonista di mondo fatato, dove l’unico modello di fisico femminile fosse proprio quello della bambola bionda.
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Negli anni è nata la Barbie di colore, quella che indossa un hijab, o che veste una semplice t-shirt con su stampata la frase “Love wins”, a difesa di tutti gli orientamenti sessuali e delle battaglie della comunità LGBT. L’altra novità in casa Barbie è la versione della bambola in sedia a rotelle. Ma non sono stati comunque facili gli ultimi tempi per il giocattolo “rosa” diventato icona: oltre al problema della plastica e del destino dei tanti giocattoli che ogni bambino prima o poi abbandona, c’è anche chi ha parlato della Barbie come responsabile della deforestazione delle foreste pluviali.
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Le critiche degli ambientalisti
Era il 2011 quando alcuni attivisti di Greenpeace manifestarono fuori dalla fabbrica Mattel, a Los Angeles, tutti vestiti come l’inseparabile compagno di Barbie, Ken. In sostanza, secondo l’associazione ambientalista, le scatole dentro cui venivano imballate le bambole erano composte di materiale prodotto dalla Asia Pulp and Paper, giudicata da Greenpeace come una delle responsabili della distruzione delle foreste in Indonesia. All’epoca l’azienda si difese sottolineando di esser molto attenta ai temi della sostenibilità.
Barbie, un vero gioiello
Assemblare le parti di un giocattolo può suscitare ricordi inquietanti per chi ha visto il primo film di Toy Story, dove Sid, il ragazzino cattivo e ribelle, si divertiva a crearsi i propri giocattoli come un novello dottor Frankenstein. E c’è chi lo ha imitato, ma non con l’obiettivo di farli saltare in aria con un petardo. La linea di gioielli Margaux Lange recupera parti delle Barbie che altrimenti andrebbero al macero per assemblarli e farne orecchini, collane e anelli. Economia circolare, ma poca sostenibilità per il portafoglio visti i prezzi che superano anche i 1000 dollari. A questo punto, ci aspettiamo il modello di Barbie che lotta per i diritti dei consumatori.