Addio Facebook, Snapchat e foto pubblicate su internet per i soldati russi. Motivo? Evitare fughe di informazioni sensibili
Niente più social. Niente più selfie. I militari della Russia possono dire addio ai propri account Facebook, Instagram o Snapchat. Il ministero della Difesa di Mosca ha infatti presentato una legge che predispone il divieto per soldati e personale della sicurezza di pubblicare post sui social network. Tutto nasce da alcuni precedenti che hanno rivelato informazioni sensibili e strategiche del Cremlino nelle missioni operative sul campo.
Il post che rivelò il coinvolgimento russo in Ucraina
Nel luglio del 2014 un soldato russo pubblicò su Twitter una foto nella quale consegnava con grande orgoglio dei razzi a un gruppo di ribelli ucraini pro-Mosca. Nel marzo dello stesso anno la Russia aveva annesso la penisola della Crimea e il mese seguente cominciò la guerra nelle zone filorusse di Donetsk e Luhansk. L’Ucraina e i governi occidentali accusarono Mosca di fornire armi e rinforzi militari ai ribelli. Il Cremlino ammise che alcuni “volontari” avevano aiutato i ribelli ma negò con forza il coinvolgimento di truppe regolari. Quel tweet dimostrò che le cose stavano molto diversamente.
Mosca vieta i social network ai militari
Poco più di tre anni dopo quel malaugurato tweet, Mosca ha deciso di intervenire. Negli scorsi giorni il ministero della Difesa ha presentato una legge che impedisce di fatto l’utilizzo dei social network ai militari e al personale di sicurezza. Il testo è accompagnato da una nota che spiega i motivi del provvedimento: “Foto, video e altro materiale caricato su internet può essere utilizzato dai servizi segreti di Stati stranieri e dalle organizzazioni terroristiche”. Tra i motivi viene citata anche l’automatica geolocalizzazione operata da alcuni social network che mette a rischio la vita degli stessi militari.
Selfie e vantaggi strategici per i jihadisti
La legge entrerà in vigore a gennaio 2018. Dopo quella data i militari di Vladimir Putin non potranno più postare selfie. Lo stesso divieto è già operativo per i membri di altri due corpi di sicurezza, Fsb e Fso, che non possono pubblicare sui social nulla del proprio lavoro o della propria vita privata. Il Cremlino vuole impedire il ripetersi di casi come quello già citato avvenuto in Ucraina. Ma ci sono altri esempi. Nell’agosto del 2014 alcuni post di soldati russi confermarono la morte di alcuni militari del 76esimo reggimento nell’Ucraina orientale, rivelando così informazioni riservate e dando un potenziale vantaggio strategico ai nemici. Casi del genere si sono ripetuti in Siria. Anche quello che potrebbe sembrare un innocuo post infatti può rivelare facilmente, su Twitter o su Facebook, la geolocalizzazione del proprio smartphone e quindi la posizione delle truppe. Tanto che anche i ribelli siriani e i jihadisti avrebbero tratto vantaggi sul campo grazie ai post dei militari russi.
Il Cremlino vede i social come un rischio per la sicurezza
La decisione non arriva all’improvviso e conferma la tendenza del Cremlino a vedere i social network come un potenziale rischio non solo per la privacy ma anche per la sicurezza nazionale. Negli scorsi mesi 50 mila dipendenti di società controllate dallo Stato avevano ricevuto degli smartphone progettati in modo da tracciare le attività degli utenti. E lo scorso anno il Cremlino vietò LinkedIn, ufficialmente per proteggere la privacy dei cittadini russi. Ora i militari devono dire addio anche a tutto il resto.