Doppia intervista a Eleonora Vecchi e Cristian Gambadori di Bad Vices Games. La demo del loro ultimo titolo è disponibile su Steam
«Non siamo mai stati in America, ma per ricreare quella ambientazione ci siamo ispirati a film come Non è un paese per vecchi e La casa dei 1000 corpi». Di nuovo, videogiochi e cinema mai così vicini tra di loro. Cristian Gambadori, 24 anni, è l’autore insieme a Eleonora Vecchi, 25 anni, di While We Wait Here, di cui finora è disponibile soltanto una demo su Steam. Il videogioco dovrebbe arrivare su PC e console dall’estate 2024, ma nel frattempo è davvero molta la carne al fuoco e trattandosi di una startup indie del videoludo non abbiamo saputo resistere. Dopo il successo di Ravenous Devils – 200mila copie vendute in tutto il mondo – il duo marchigiano è tornato con un’esperienza che mantiene un’impronta culinaria, ma preferisce spostarsi nel punto di vista ideale degli horror, ovvero la prima persona.
Vi diamo giusto un paio di elementi di contesto come antipasto e poi passiamo alla portata principale, raccontandovi come è nato il team e che segno vuole lasciare sul mercato gaming. La storia di While We Wait Here prende il via all’interno di un bar-ristorante in America, uno di quelli che nell’immaginario europeo ci figuriamo piazzato in mezzo al nulla, con una solitaria strada che arriva da molto lontano e porta chissà dove. I proprietari sono una giovane coppia, in procinto di cambiare vita e trasferirsi.
A un certo punto i notiziari danno l’allarme: sta arrivando un qualcosa di terribile. Le autorità intimano le persone di rimanere chiusi, al sicuro. Ed è qui che si innesta l’elemento bizzarro, surreale, di While We Wait Here. Dovendo noi occuparci di hamburger e birre da servire ai clienti del locale, continueremo a farlo mentre là fuori c’è il finimondo.
La demo è disponibile su Steam, ma per capire cosa succederà alla storia bisogna aspettare ancora qualche mese. L’esperienza complessiva dovrebbe aggirarsi intorno alle 4 ore, ma con 10 differenti finali che permettono una discreta possibilità di rigiocabilità. Un primo elemento che si nota di While We Wait Here riguarda la grafica, sporca e ruvida. «Ultimamente è uno stile che sta prendendo piede – ci raccontano dal team di Bad Vices Games, nato sui banchi di un corso di modellazione 3D di Pescara – richiama le prime console Sony, con filtri grezzi. Questo perché è uno stile che vuole mettere a disagio».
La grafica è tuttavia in contrasto con la fluidità di certe animazioni, soprattutto quelle del nostro avatar mentre cucina. I movimenti delle mani sono continui: si prendono birre dal frigo, si aprono porte, si girano hamburger sulla griglia, si apre un cassetto per prendere forchette e coltello e si digita alla cassa per battere lo scontrino. Potrebbe sembrare prolisso, ma non siamo in uno sparatutto.
«Si tratta di una esperienza narrativa dove bisogna scegliere, ma il gioco non è il fulcro. Abbiamo lavorato su seamless cut-scenes», un lunghissimo piano sequenza in cui ogni gesto richiede e pretende il suo tempo. I movimenti, anche quando si sbaglia, vengono esasperati e ribaditi. Non c’è fretta in While We Wait Here.
Sottotitolato in italiano il videogioco indie vanta anche un doppiaggio niente male, con una dozzina di attori che parlano un americano convincente. In alcuni momenti si può scegliere cosa dire dando così modo alla trama di seguire un corso rispetto che un altro. Nella demo non è possibile saltarli, ulteriore paletto conficcato dalla software house nel gameplay.
Dopo Ravenous Devils, la cui grafica si è ispirata a titoli del calibro di This War of Mine, in While We Wait Here la scelta della prima persona è stata interessante. A quali modelli si sono ispirati? «P.T. di Kojima», rispondono a conferma dell’influenza impressionante che questo prodotto mai uscito (ma comunque memorabile) continua ad avere sull’ecosistema. Non resta dunque che aspettare di capire se il prossimo titolo di Bad Vices Games riuscirà a catturare l’attenzione dei gamer.