Le nuove forntiere del food lasciano una domanda in sospeso: mangeremo anche noi gli insetti? Siamo destinati a diventare come Pumbaa?
Non intervisteremo il simpatico facocero personaggio del film Disney “Il Re Leone”, ma Silvia Cozzolino 26enne universitaria in Laurea Magistrale a Teramo con già una laurea triennale in Scienze dell’Alimentazione. Il tema della tesi? Le proteine immediatamente biodisponibili e Il potere antiossidante dell’entomofagia, ovvero l’alimentazione a base di insetti.
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Partiamo delle origini
Se n’è parlato tantissimo a partire dal 2013, con una spinta durante Expo Milano 2015, ma lo stesso Silvia ha “ricevuto tantissime porte sbattute in faccia dai professori quando ho proposto come tema della tesi lo studio dei valori nutrizionali degli insetti.” Racconta a StartupItalia. “ E’ molto strano: è un prodotto già consumato nella stragrande maggioranza del mondo, ci sono oltre 1.700 specie commestibili, più facilmente allevabili degli altri animali e con un dispendio di acqua ed emanazione gas serra molto minore. Non capisco la riluttanza nello studiarli come alimenti di oggi e del futuro”.
Eppure è così, tanto che non solo in certi ambienti accademici, ma anche lo Stato italiano non permette l’assunzione di cibi a base di farine di insetti. Il Ministero della Salute ha chiarito più volte che il via libera ci sarà solo a seguito dell’approvazione da parte dell’European Food Safety Authority (EFSA) che ha sede a Parma. Il problema è che anche questa agenzia latita e non dà segnali di avanzamento decisionale.
il 25% della popolazione mondiale mangia insetti
Ci sono molte ragioni, qui sotto ne elenchiamo alcune, che ci inducono a pensare che invece dovremmo ripensare al problema:
- Gli insetti vengono consumati come cibo già dal 25% della popolazione mondiale;
- nonostante il divieto europeo, numerosi paesi dell’UE, attraverso scappatoia legali, riescono a concederne produzione e vendita: Belgio (sede della Commissione Europea..), Paesi Bassi, Danimarca e Germania;
- gli insetti sono iperproteici, molti non contengono glutine e alcuni sono pieni di antiossidanti: insomma, sono un vero e proprio “SuperFood”. Per esempio: i grilli sono composti dal 60 all’80% da proteine;
- La produzione di un chilogrammo di grilli ha bisogno di 15.000 litri di acqua in meno rispetto a quanto occorre per produrre 1kg di carne di manzo e il processo produttivo della farina di grillo produce 100 volte meno gas serra della produzione di carne;
- Secondo laIpiff, la lobby europea del settore, nel 2019 gli investimenti delle aziende agricole che allevano e trasformano insetti hanno raggiunto i 600 milioni di euro nel nostro continente.
Ovviamente queste sono solo considerazioni “spicce”. Il vero problema dell’EFSA è relativo ad altre tematiche: come si garantisce un allevamento sicuro degli insetti? Come dividere le diverse tipologie di allevamenti per specie di insetto? Il processo di lavorazione della materia prima come deve avvenire per garantire la sicurezza sanitaria del consumatore finale? Non si tratta quindi di un mero studio sul valore nutritivo della materia prima. Ciò detto, però, sono passati ben 7 anni dallo “scoppio” della tematica e 5 dall’ultimo Expo che ha rilanciato il tema.
Il progetto degli snack a base di insetto
Nonostante tutto questo Silvia non si è fatta intimorire e insieme al compagno di Università Pierluigi Nucci, 31 enne, hanno elaborato un progetto per produrre snack dolci e salati a base di farine di insetti. Nulla che non esista già sul mercato, ma il progetto è di avere un allevamento vicino alla produzione, diventando a chilometro zero, garantendo il marchio Made in Italy anche per questo nuovel food.
“Il nome del progetto è Pumbaa, come il famoso facocero del film Disney “Il Re Leone”. Pumbaa era ghiotto di insetti ed è simpatico e abbiamo deciso di dare questo nome alla futura start up in modo da cambiare anche il percepito culturale verso l’entomofagia. La registreremo a brevissimo. Il ritardo è dovuto al lockdown: ci siamo classificati secondi al CLab dell’Università di Teramo l’anno scorso. Il premio consisteva in un corso gratuito di quattro mesi sull’avviamento di start up. Lo abbiamo concluso a inizio febbraio e poco dopo.. inzia il lockdown.”
Ed oggi, come vi state muovendo, di cosa si occuperà la futura “Pumbaa”?
“Al momento ci stiamo concentrando sul compilare tutti i form per far approvare dall’Efsa i prodotti. Solo per una fase iniziale stiamo usando farine di grillo e altri insetti provenienti dalla Thailandia, ma l’idea è quella di costituire un vero e proprio “distretto dell’entomofagia”. Molti paesi richiedono materia prima italiana ma non solo: anche i suoi derivati. Del resto siamo i numeri al mondo per la qualità del food, il Made in Italy è certificato di garanzia, sicurezza e qualità. Per questo vorremmo avviare allevamenti, poi forni dedicati e infine produzione con packaging ecosostenibili. Si partirà poi da un ecommerce dedicato e speriamo in accordi con grande distribuzione come NaturaSì e/o Bio C’Bon”.
Non avete provato ad allevare già degli insetti?
“No, sono sì creaturine piccole con cui è difficile costruire la stessa empatia che si riesce a costruire con mammiferi, uccelli o pesci, ma sono sempre animali. Per poterli allevare pensiamo che si debba comunque dare loro la dignità che meritano, con sicurezza anche per loro, tempistiche adeguate, salvaguardia delle uova, spazi adeguati, alimentazione sicura. Non pensiamo che in quanto insetti allora ci si possa prendere delle libertà in più. Sono comunque vite, lo scopo è fargliela vivere nel modo migliore fino a quando non arriva il momento in cui si può avere vantaggio del loro apporto alimentare senza distruggere la loro dignità”.
Silvia è molto seria a riguardo: conosce molto bene le realtà che hanno tentato di avviare allevamenti di insetti in Italia e anche se in pochissimi casi, alcune hanno sviluppato commerci trasversali alla produzione di farine che, secondo il suo punto di vista, non rispettano la vita dell’animale stesso.
Ma cosa produrrà esattamente Pumbaa?
“Le possibilità sono tante: farine per gli allevamenti di mammiferi, farine per gli uomini, prodotti finiti per l’alimentazione quotidiana. Al momento abbiamo quattro prodotti: tre finiti e uno che ha bisogno di qualche sviluppo in più. Ci siamo focalizzati su due necessità particolari: la richiesta cibi energetici per gli sportivi la variabilità della dieta dei celiaci. Abbiamo quindi due snack salati e due dolci: i primi pensati per gli sportivi. Sono uno snack con farina di grillo (che è composto fra il 60% e il 80% di proteine biodisponibili) e una schiacciatina con un mix di farina di grillo e baco da seta. I secondi sono invece un cookie con farina di camole del miele e gocce di termiti e un muffin al baco da seta con mela candita e mirtilli essiccati.”
Si, ma sono buoni?
“Tutti quelli a cui li abbiamo lasciati assaggiare, dietro loro esplicito consenso e richiesta, hanno detto che alcuni sono “piacevoli” e altri proprio buoni. Concordo con loro: lo snack e la schiacciatina a base di farina di grillo sono molto buoni. I cookie molto piacevoli mentre onestamente dobbiamo ancora da lavorare sui muffin a base di baco da seta. Non si tratta di gusto, ma di texture e palatabilità. Per le nostre abitudini sono ancora un po’ troppo “strani” ma dobbiamo solo lavorarci e non è un problema di farina d’insetto ma di farine che vengono aggiunte all’impasto. Abbiamo già la soluzione in mano, dobbiamo solo testarla, rimanendo comunque gluten e lattosio free”.
Non hai paura che, una volta avuta l’approvazione dall’Efsa, i competitor che hanno già iniziato la produzione e la loro presenza sul mercato, distruggano la vostra possibilità di crescita?
“Si, ma sono le regole del gioco. Inoltre noi abbiamo la possibilità di avere un prodotto 100% italiano. Non abbiamo intenzione di muoverci da qui. Attendiamo. Nel frattempo potremo produrre per l’esportazione, il mercato globale richiede il Made in Italy con le nostre ricette tradizionali rivisitate.”
Di che tipo di investimento ha bisogno Pumbaa?
“Veramente minimo, stiamo parlando di cifre che per la parte iniziale variano da 30 a 70 mila euro”.
Sono almeno altre cinque le startup italiane che stanno investendo sullo sviluppo dell’allevamento di insetti e sulla produzione di alimenti. La maggior parte di loro pur essendo italiane hanno sede all’estero e una si è completamente trasferita. Nell’attesa che l’Efsa si pronunci speriamo di non dover assistere a un’altra fuga di cervelli..