Da oltre vent’anni lavora nel settore dei videogiochi. Fabio Belsanti è il fondatore di AgeOfGames, software house barese. «Qualsiasi sviluppatore dovrebbe avere una formazione in ambito umanistico»
Studi in storia medievale ad Arezzo con specializzazione economica-militare, e poi il master in geopolitica. Non proprio il curriculum che ci si aspetterebbe da un game designer. La storia di Fabio Belsanti, fondatore della software house barese AgeOfGames, ci mette di nuovo di fronte a un percorso di studi che conduce verso strade inaspettate. Non che non avesse già di suo la passione per il gaming. «Da ragazzo ero quello che si potrebbe chiamare un super nerd, o un proto nerd. Ho fatto il dungeon master, sono sempre stato un wargamer scegliendomi le mie nicchie. In Svezia, ricordo da giovane, con un amico ci rinchiudemmo in una ludoteca vicino Stoccolma per una settimana. E alla fine vincemmo un torneo». Ma è davvero servito lavorare sulle fonti storiche e conoscere come si procede con una bibliografia? «Sono grato alla mia università perché mi ha dato una forma mentis. Qualsiasi game designer dovrebbe avere una formazione in ambito umanistico. Gli sviluppatori sono tra le persone più intelligenti al mondo, ma anche loro hanno lacune».
AgeOfGames è una software house che ha lavorato su diversi titoli RPG, con una certa attenzione allo stile retro gaming. L’ultimo pubblicato è la riedizione di un videogioco sviluppato anni fa: Chroma Wars è uno strategico a turni in un’ambientazione techo-fantasy. «Si tratta di uno spin-off di un altro nostro titolo, Etrom, la più grande fatica videoludica del team». Nell’intervista con Fabio Belsanti, che per anni ha insegnato game design alla Link Campus University, ci siamo poi confrontati sulle opportunità e sulle sfide odierne nel mondo gaming, soprattutto in ambito indie, quello che su StartupItalia seguiamo con maggior interesse.
«Credo che lo sviluppo dei videogiochi diventerà sempre di più una questione di assemblaggio con capacità artistiche. Fino a oggi io l’ho sempre visto come un lavoro estremamente artigianale, per quanto sia considerata alta tecnologia. Non so come sarà con l’arrivo dell’AI. Oggi è un mestiere di bottega che sta nel pc». Questo vale a maggior ragione per i team indipendenti, quelli che si sfamano con due pizze per intenderci e che talvolta riescono a produrre IP notevoli, originali.
Fondata nel 2001 a Bari, AgeOfGames si è specializzata soprattutto in giochi di nicchia, RPG che richiedono ore e ore per essere completati. Ma nel corso della sua storia il team è anche entrato in contatto con alcune delle più importanti realtà globali, come Nintendo. «Siamo stati i primi ad aver il kit per sviluppare sul GameBoy Advance. La tecnologia costava 25mila dollari: parliamo di uno scatolone che si collegava al PC e che serviva per realizzare i titoli sulla console». Avrebbe potuto prendere la strada per l’estero, ma Fabio Belsanti ha scelto di rimanere nella sua Bari, cercando di produrre un cambiamento al sud.
Proprio per puntare sul gaming come medium in grado non soltanto di fare cultura, ma anche di generare sviluppo economico, il game designer è stato tra gli organizzatori della conferenza Apulia Digital Experience, conclusasi nei giorni scorsi a Bari. «Sono fermamente convinto che l’ambito umanistico debba guadagnare centralità. Perché il videogioco è un mezzo ormai pervasivo e, io credo, anche politico nell’economia dell’attenzione». Un’economia dove l’intelligenza artificiale pare destinata a giocare un ruolo da protagonista, come copilota delle attività umane. «Se parliamo di creatività sono assolutamente disposto a dialogare con l’AI. Ma capisco la preoccupazione di chi tema che con questo sistema in futuro si creerà una massa di inutili. Tra i quali potrei esserci anche io».