Il creatore di Rick & Morty si fa valere anche nel mondo dei videogiochi. Il suo è un FPS dove non si smette di far battute
Problemi e glitch che ritroverete nel videogioco sono riferimenti voluti ad altri titoli. Basta avviare High On Life su Xbox per saggiare subito di che pasta è fatto questo sparatutto al di fuori di ogni buon gusto e, va detto, irresistibile. Se non vi piacciono le parolacce (non ci crederemmo, tanto), o se non amate il black humor (non sapete quel che vi perdete), allora fareste bene a stare alla larga dall’ultima creazione di Justin Roiland, padre di Rick & Morty, il cartone animato disponibile su Netflix a cui il videogioco molto si ispira nelle grafiche e nella sceneggiatura. In alternativa, se è proprio il divertimento senza senso che cercate e un fuoco di fila di battute, allora non perdete tempo. Gli alieni vi aspettano.
Come FPS High On Life potrebbe ricordare a prima vista Journey to the Savage Planet, titolo indie che già di suo ci sembrava irriverente e scanzonato. Quanto ci sbagliavamo! Se in quel videogioco il protagonista è calmo e silenzioso, in questo caso lo show è farcito di battute che piovono come pietre mentre si combatte a destra e a manca. Ma prima di iniziare l’avventura, l’incipit è quanto di più disorientante ci sia. Non è un caso che dietro le quinte ci sia Roiland, che ha fondato una software house come Squanch Games per portare il proprio stile anche nell’universo gaming.
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All’inizio potreste rimanere stupiti. Ma ho davvero avviato High On Life sulla mia console? Al negozio mi hanno giocato un brutto scherzo vendendomi una patacca di titolo? State tranquilli, lo sparatutto retro che vi terrà impegnati nei primi momenti di gioco è un antipasto, una scelta narrativa da cui poi partire con la storia vera e propria. Il gamer impersona infatti a sua volta il proprio avatar che sta giocando nella sua cameretta a un FPS su PC.
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Non vi roviniamo l’esperienza rapida e spassosa con spoiler, ma vi garantiamo che l’avvio di High On Life è delirante. Dopo aver scelto che viso donare all’avatar, impariamo a conoscere le stranezze di nostra sorella, adolescente molto spigliata e con qualche vizio (non aggiungiamo altro). In pochi secondi succede l’irreparabile: il nostro tranquillo vicinato, con villette a schiera e prati puliti e ordinati, viene sconvolto dall’arrivo di misteriose creature, alieni.
Riuscendo ad accaparrarci un’arma bizzarra, inizia l’avventura ritmata da una interminabile sequenza di dialoghi. Il tratto caratteristico del combat system di High On Life è che le pistole sì sparano colpi gelatinosi che fanno esplodere i nemici, riducendoli in poltiglia. Ma, santa miseria, queste pistole parlano. Proprio all’altezza del cane, dove si caricherebbe il colpo, spicca il volto mostruoso di questa arma biologica e parecchio chiacchierona. Sarà lei la nostra prima alleata nella guerra contro G3, una organizzazione criminale che vuole ridurre l’umanità a droga da compagnia. Nel senso che, letteralmente, uomini e donne vengono inglobati per uno sballo alieno.
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A questo punto, però, non si può non evidenziare un problema di fondo. Per quanto l’inglese sia ormai dato per scontato – e giustamente – riteniamo che perfino chi ne mastica un pochetto farebbe fatica a seguire tutti i dialoghi, forsennati e pieni di battute esilaranti, senza sottotitoli (neppure in inglese). Per di più l’azione in High On Life è continua e combattere seguendo il discorso richiede non poca fatica.
Rispetto a buona parte degli FPS, High On Life può senz’altro godere dell’epiteto di caciarone. L’intera esperienza è fatta per stuzzicare la curiosità del gamer, sorprendendolo con scelte grafiche che movimentano il tutto: dopo aver indossato la nostra tuta, noterete con che dovizia gli sviluppatori hanno scelto di riempirvi lo schermo con pop up che deriverebbero da un problema del software indossabile.
Per quanto riguarda la storia, High On Life non ha una morale o chissà quale crescita del personaggio. In una decina di ore si completa, dopo essersi divertiti un mondo ad esplorare un’universo dinamico, colorato e davvero tanto bello da vedere. Sul combattimento non è stato fatto il massimo: abbiamo riscontrato una certa ripetitività, segno forse che gli sforzi maggiori siano stati indirizzati verso la creazione di una sceneggiatura in pieno stile Rick & Morty. Non impeccabile il dosaggio delle luci e dell’illuminazione quando si passa dagli ambienti interni agli esterni. Il doppiaggio in inglese – per chi lo capisce tutto, compliementi! -, è da standing ovation.