Vent’anni fa usciva GTA 3 e scuoteva il mondo dei videogiochi (e non solo), come pochi altri titoli. Un viaggio alla riscoperta dell’antesignano degli open world
In principio era un pugno di pixel: un ometto stilizzato, ripreso dall’alto, che guidava auto che poi erano rettangoli. Tutti i dettagli su strada erano forme geometriche. La geometria di GTA, potremmo dire. I palazzi, visualizzati sempre dall’alto, come in Google Maps, no: erano 3D e davano un minimo di profondità. Nel 1997 il mondo dei videogames aveva già scoperto i poligoni: Super Mario se la correva da tempo nel castello di Peach e Banjo-Kazooie della britannica Rare dimostravano cosa potesse fare il Nintendo 64. Dma Design, oggi conosciuta come Rockstar North, all’epoca nota soprattutto per Lemmings, se ne veniva fuori con un gioco piatto come una sottiletta eppure, a suo modo, di spessore. Un simulatore di criminalità volutamente esagerato: c’era pure il tasto per scoreggiare e se le facevi di fronte ai passanti, s’indispettivano. Un videogioco grondante di violenza ma pure di dettagli. Bisognerà aspettare quattro anni, due capitoli e diversi spin-off londinesi, per l’approdo nella terza dimensione, avvenuto in GTA 3 (o Grand Theft Auto III). E il mondo dei videogiochi non sarebbe stato più lo stesso. Sono passate due decadi da allora e Rockstar ha deciso di festeggiarli con Grand Theft Auto The Trilogy – The Definitive Edition.
Che cosa ha rappresentato GTA 3 per il mondo è palese: basta recuperare le centinaia – se non migliaia – di lettere di disapprovazione, raccolte di firme, petizioni, articoli e studi pseudoscientifici che sostenevano che fosse potenzialmente pericoloso per l’utenza più giovane, che avrebbe contribuito ad allevare una massa infinita di spostati, pronti a replicare nella vita reale i peggiori atteggiamenti tenuti nel gioco.
E chiunque ha giocato a GTA 3 ne ha fatte più di Bertoldo in Francia. Visto che sono tutti reati videoludici ormai caduti in prescrizione posso ammettere di aver trascorso ore colpendo con la mazza da baseball le vecchine che passavano per strada (sì, solo le vecchine…) o appostandomi in luoghi sopraelevati per scatenare poi il caos tra la popolazione esplodendo nel traffico i colpi del mio lanciagranate. Quando poi ho messo le mani sul carrarmato, Liberty City è stata rasa al suolo, o quasi.
Già, perché la vera protagonista di GTA 3, alla fine, era Liberty City, una Grande Mela marcia che faceva da palcoscenico alle nostre avventure, in perenne equilibrio tra Il Padrino e i film di Tarantino.
Nella sua semplicità, in quei quadrati che avevano preso corpo in cubi e parallelepipedi, questa versione di New York sprofondata in un girone dantesco di criminalità perpetua, affascinava e stregava.
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Di più: gettava le basi dei moderni open world, permettendoci di fare tutto o quasi. Probabilmente quel capolavoro di Red Dead Redemption 2, sempre di Rockstar, in germe nasceva già quel giorno.
Perché, a dispetto della vulgata, i GTA ormai non erano più solo giochini violenti, che piacciono perché permettono di fare le cose più dissacranti. Lo erano all’inizio, quando erano bidimensionali e si poteva scoreggiare in faccia ai passanti, ma con la terza dimensione si era accesa una lampadina sulle teste dei ragazzi di Rockstar che sembravano aver raccolto una sfida con loro stessi: rendere la serie sempre più vasta, il gameplay sempre più libero, le città sempre più dettagliate e zeppe di cose da fare.
Con Grand Theft Auto The Trilogy – The Definitive Edition si ha così modo di visionare, capitolo dopo capitolo, l’evoluzione di questo concetto.
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Grand Theft Auto The Trilogy – The Definitive Edition, una volta, qui, era tutta campagna
Ritornare oggi a Liberty City, dopo vent’anni, poterlo fare su PlayStation 5, PlayStation 4, Xbox Series X|S, Xbox One, PC o magari in mobilità, con Nintendo Switch (Grand Theft Auto The Trilogy – The Definitive Edition è il terzo GTA per console Nintendo, un evento che non accadeva dai tempi dello splendido GTA Chinatown Wars per DS) è più di una semplice operazione nostalgia.
O forse è solo una operazione nostalgia che ha permesso a Rockstar di togliere dagli store digitali gli originali per rifilarci questo pacchetto natalizio. Non lo so. E non importa.
Qua e là si intravedono pure delle migliorie di gameplay, come minimappe più leggibili, comandi ispirati a GTA V, migliorie alle sparatorie dai veicoli in corsa in GTA: San Andreas e l’introduzione delle ormai immancabili ruote di selezione per le stazioni radio e le armi.
Alcune sono finezze: fallendo una missione non si riparte dall’ospedale, ma si può direttamente riprovare, altre fanno solo da sfondo, come i nuovi trofei, ma è comunque bello che ci siano.
A livello di mole poligonale, Liberty City, Vice City e San Andreas sono le medesime viste, vissute, battute a palmo a palmo nei tre titoli originali. L’audio invece è il fronte più doloroso: è rimasto quello, ronzante, del videogioco per PlayStation 1 e appare ovattato, soprattutto nei dialoghi in-game. Anche le animazioni sono identiche a quelle, scattose e grossolane, dell’epoca PlayStation.
Stando così le cose, il remake appare piuttosto pigro e, almeno i primi due titoli, rispettivamente del 2001 e del 2002, sono senza dubbio quelli più lontani da noi, anche perché già all’epoca non eccellevano per impianto grafico.
Dove Grand Theft Auto The Trilogy – The Definitive Edition fa il salto nel 2021 è principalmente nella profondità della linea d’orizzonte, mai così vasta (e già basta a renderlo più attuale) e negli effetti di illuminazione. Migliorata l’effettistica in generale: dalla pioggia (non in GTA III) alle luci in tempo reale dei colpi esplosi e, ovviamente, delle auto che prendono fuoco.
A dire il vero, su PlayStation 5 abbiamo avuto qualche calo molto vistoso del frame rate nelle scene maggiormente concitate.
Nulla comunque che abbia reso meno piacevole il nostro ritorno per le strade di Grand Theft Auto III, Grand Theft Auto: Vice City e Grand Theft Auto: San Andreas. Su Switch l’utenza potrà anche provare a mirare sfruttando il giroscopio.
È tutto esattamente dove lo avevamo lasciato, come lo avevamo lasciato. Prima di farlo esplodere. Certo, rispetto a GTA V i titoli contenuti in Grand Theft Auto The Trilogy – The Definitive Edition offrono, probabilmente, una esperienza più grezza e rozza, ma berli alla goccia, un capitolo dopo l’altro, permette davvero di comprendere quanto la saga abbia dato al mondo degli open world. O forse proprio al mondo dei videogiochi. Con buona pace di chi li ha sempre considerati giochini che puntavano tutto solo sulla violenza.