A distanza di 22 anni torna un GDR che ha fatto la storia dimostrando al mondo cosa può fare la vecchia Europa in campo videoludico. Non tutto, però, è perfetto…
Non è mai facile recensire la riproposizione di un capolavoro, specie se avviene a tanti anni di distanza. In questo caso ben ventidue. Non lo è quando abbiamo per le mani un remake, come quello che ha interessato il recente Super Mario RPG (qui la recensione), per restare nel campo dei giochi di ruolo, figurarsi cosa può voler dire analizzare con occhio critico e spirito super partes un mero porting, come questo Gothic Classic.
Che ci attende in Gothic Classic
Se anche voi come noi avete festeggiato il nuovo millennio regalandovi il capolavoro dei ragazzi tedeschi di Piranha Bytes, saprete già cos’è Gothic. Se ve lo siete perso, si fa presto a suggerirvi di recuperare questa riedizione.
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E presto vi diremo perché. Intanto sappiate che fu il primo titolo a dimostrare che anche l’Occidente – e in particolare il Vecchio continente – poteva dire la sua nel campo dei giochi di ruolo. Di più: li ammodernava, esplorando l’allora periglioso mondo degli open world e per certi versi facendo da pioniere.
Poi, certo, di lì a breve sarebbe uscito Morrowind che, grazie a ben altri budget, lo avrebbe surclassato più o meno su tutti i fronti (non vogliamo addentrarci nell’annosa diatriba su quale dei due videogiochi fosse il migliore che ha diviso in fazioni il già litigioso popolo dei gamer), ma questa produzione tedesca ha senza dubbio fatto la storia, proponendo un GDR occidentale vasto, curato e ricco di cose da fare. Purtroppo, Gothic Classic ripropone il titolo visivamente tal quale all’originale, che già nel 2001 non brillava per realizzazione tecnica.
Per i fan ritrovarsi in una Myrtana identica a quella esplorata 22 anni fa, con anzi un po’ meno nebbia e texture maggiormente definite, sarà un piacevole tuffo nei ricordi. Per chi si avvicina invece oggi al titolo, difficilmente scoccherà la scintilla. Perché l’impianto grafico è a dir poco modesto e, come se non bastasse, presenta i medesimi bug dell’originale, con continue possibilità di restare incastrati tra i poligoni, che siano casse ai bordi della strada o persino i bordi di un placido laghetto. Allo stesso modo le animazioni sono legnose e richiedono parecchio impegno per colpire i nemici, nei combattimenti in tempo reale.
Insomma, inutile negarlo: il peso degli anni c’è tutto e il porting, appunto, si limita a trasportare il titolo su Switch lasciando ai margini gli interventi degli sviluppatori, che per fortuna si concentrano almeno sulla sostanza, con menu interamente rivisti in ottica di una miglior user experience, come si dice oggi. Ma il vero ostacolo, per chi non giocò all’originale amando ogni singola ora trascorsa in sua esperienza (e ne occorrono almeno 40 solo per portare a termine la trama principale) è appunto rappresentato dall’impianto grafico. Non per tutti, ma è comunque un piacere riaverlo tra noi, su Switch.