Il racconto dell’esperienza (positiva) di una cena diversa. Abbiamo testato la piattaforma di Gnammo e ci siamo fatti raccontare dal founder le ultime novità
Ci sono alcune esperienze che vanno provate prima di poterle raccontare. Così è per il social eating. Prima di provarlo non ero certa che mi sarebbe piaciuto, e invece l’ho trovato un’esperienza interessante sotto vari aspetti: non da ultimo quello di entrare in contatto proprio con gli host, ossia chi ha scelto di trasformare una passione in un lavoro. Qui il racconto di questa mia esperienza fatta qualche settimana fa grazie a Gnammo, la piattaforma che riunisce Cook e clienti interessati a condividere una serata diversa in compagnia.
Gli interrogativi dell’ospite
Che cosa significa andare a mangiare a casa di sconosciuti? Gli altri avventori saranno simpatici, avranno qualcosa di interessante da raccontare? Ma soprattutto mangerò bene?
Queste le domande che mi facevo prenotando la cena pugliese dal titolo “a cena con l’ospite speciale” a casa di Mimmo e Fede. E qualche perplessità mi era venuta (tranquilli poi mi hanno detto che è normale per una Gnammer ancora alle prime armi). A convincermi ad iscrivermi era proprio il fatto che l’ospite speciale della serata sarebbe stato Cristiano Rigon il founder di Gnammo. Un’occasione per conoscerlo e per farmi raccontare qualcosa di più sugli home restaurant.
Nella pratica dopo essermi iscritta sulla piattaforma ho bloccato il mio posto per la cena (erano disponibili una decina di coperti a 30 euro l’uno) e ho aspettato la sera dell’evento. Poi, proprio come quando si va al ristorante, mi sono preparata per uscire e sono andata all’indirizzo stabilito scoprendo che avrei passato la serata in uno dei grattacieli di Porta Nuova: già questo sarebbe stato decisamente interessante. Ad accogliermi, in una casa arredata con gusto, due padroni di casa molto simpatici che subito si sono dati da fare per far sentire a loro agio ospiti che non si erano mai visti prima di allora.
Così ho trovato risposta alla prima domanda, tutto sommato andare a cenare a casa di sconosciuti è divertente. Difficilmente si incontreranno persone noiose o antipatiche: persone poco socievoli difficilmente sceglierebbero un’esperienza tanto social…
Per rispondere alle altre domande ho fatto due chiacchiere con Cristiano che mi ha confermato che spesso le persone scelgono di frequentare queste serate in due per evitare di arrivare da soli, ma poi facilmente davanti a un bicchiere di vino e un po’ di stuzzichini nascono amicizie e spesso anche dei contatti interessanti addirittura contatti lavorativi. “Ho deciso di iscrivermi a Gnammo quando mi sono trasferita da Roma a Milano – mi ha spiegato una delle ragazze presenti – proprio per conoscere gente, da sola non mi andava di uscire, tanto meno andare al ristorante”. “Io invece sono stata attirata proprio dal tipo di serata offerta e dal profilo di uno degli host – mi ha raccontato un’altra ragazza – era un artista e organizzava le cene nel suo atelier permettendo agli ospiti di curiosare tra le sue opere. E’ stata una bellissima esperienza”.
Insomma tanti possono essere i motivi che spingono a diventare Gnammar, e sicuramente la passione per la buona tavola (casereccia ma gustosa) è uno di questi. Le serate infatti prevedono sempre un menù stabilito in anticipo e che rispecchia la personalità dell’host. Nel nostro caso la cena preparata da Mimmo e Fede prevedeva l’utilizzo di prodotti pugliesi da degustare seguendo ricette tradizionali. “Ho scelto di iscrivermi a Gnammo perché la mia passione è la cucina – ci ha raccontato Fede – per me cucinare è una gioia e farlo per tante persone non mi pesa”. La coppia ha un’esperienza consolidata di social eating e ospita cene più volte in un mese. “Per noi – mi ha spiegato Mimmo – è diventata anche un’attività piuttosto remunerativa, ma lo facciamo soprattutto per conoscere persone e per condividere la nostra passione per la buona tavola”.
Insomma, rispondendo anche all’ultima domanda, a casa di sconosciuti si mangia bene.
“Guardando sul sito è possibile controllare il profilo dell’host – mi ha fatto notare Cristiano – e verificare il punteggio chi gli hanno dato altri ospiti in modo da capire quanto il cuoco sia esperto”. Ormai in Italia sono tanti i cuochi amatoriali che scelgono queste piattaforme come questa per esprimere il proprio talento “In Gnammo abbiamo 8mila cuochi, persone che almeno una volta hanno ospitato tramite la nostra app. Ma non è detto che gli host nel tempo libero diventino a loro volta clienti. Spesso le due figure non si incrociano”. Una cosa è chiara quando si prova Gnammo: la cena social non è un’alternativa alla cena al ristorante. “Non ci riteniamo concorrenti di trattorie o ristoranti stellati, chi sceglie Gnammo lo fa per provare un’esperienza diversa dove la socialità ha un ruolo centrale. Scopo di Gnammo è fare in modo che tecnologia (attraverso la piattaforma e app) e cibo siano sempre più uniti, ma soprattutto dimostrare e consolidare i principi della sharing economy e la bellezza di socializzare attorno alla tavola”.
Dopo una serata da Gnammer non posso che concordare con Cristiano e chissà, magari diventerò presto una cook.
Com’è nata Gnammo
Gnammo è una startup nata presso l’I3Pdel Politecnico di Torino nel 2012 dall’idea di Cristiano che, per seguire il suo progetto, ha lasciato un lavoro fisso. Ad oggi la società conta 6 dipendenti e una rete piuttosto vasta di persone appassionate che si definiscono Gnammers. Questi i numeri: 240.000 utenti iscritti, 8.380 cuochi in tutta Italia, 20.365 eventi pubblicati sulla piattaforma, 2.373 città coinvolte, 25.000 persone sedute a tavola che hanno provato il servizio
Come funziona Gnammo
La piattaforma funziona in modo semplice: basta iscriversi come Cook, per chi ama la cucina e ha voglia di mettersi in gioco cucinando per sconosciuti, oppure come Gnammers, per chi partecipare come commensale. I Cook pubblicano gli eventi, indicando il menù della serata, orario, prezzo, numero minimo e numero massimo di partecipanti e attendono le prenotazioni. Gli Gnammers scelgono tra i tanti eventi pubblicati dove andare a mangiare, prenotano e pagano online e attendono conferma della cena da parte del cuoco.
Non ci sono prerequisiti per essere Cook, se non la passione per la cucina e la voglia di mettersi in gioco cucinando per sconosciuti.
Dopo aver partecipato alla cena, Cook e Gnammers lasciano il proprio commento sulla cucina, l’accoglienza, la pulizia, l’armonia della serata, la puntualità e l’educazione. Sul sito è visibile una “classifica” dei migliori Cook e dei migliori Gnammers.
I Format di Gnammo
Gnammo negli anni ha proposto nuove modalità di fruire i servizi proponendo format diversi:
– Social Restaurant, per mangiare social anche al ristorante
– Special Dinner, dedicato soprattutto a turisti e viaggiatori, un’opportunità per scoprire luoghi autentici e ricchi di fascino: grazie a Gnammo, gli host aprono le porte di location private “ricercate” o di grande fascino, situate nelle più importanti destinazioni turistiche italiane e normalmente non accessibili al pubblico.
Presto proporrà anche lo Chef’s table, cena social in un ristorante stellato insieme allo chef.
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I numeri di Coldiretti sul Social eating
Sono 3,3 milioni gli italiani che regolarmente mangiano con la formula dell’home restaurant (ossia scegliendo la preparazione di cene nel salotto di casa da parte di cuochi amatoriali, organizzate e promosse attraverso piattaforme social). Lo dice il primo rapporto Coldiretti/Censis sulla ristorazione in Italia che analizza le nuove forme di condivisione del cibo. Se l’home restaurant “cattura” regolarmente 3,3 milioni di persone, almeno 8,8 milioni l’hanno provato occasionalmente, il social eating (privati che organizzano in casa propria pranzi o cene come fossero ristoranti) è praticato abitualmente da 3,1 milioni di italiani, mentre ulteriori 6 milioni lo fanno di tanto in tanto. Altro fenomeno in crescita – spiega la Coldiretti – è quello della ristorazione digitale, con 4,1 milioni di italiani che ordinano regolarmente cibo a domicilio online, tramite sito web oppure app (più altri 8,8 che lo praticano saltuariamente), mentre sono 11 milioni quelli che usano il telefono in maniera costante per farsi portare a casa piatti e pietanze direttamente da ristorante e/o pizzeria (17,5 milioni quelli che lo fanno occasionalmente).