Nonostante la disponibilità delle banche a concedere finanziamenti, la maggior parte delle imprese dell’agroalimentare sceglie di accedere al credito per sopperire alla mancanza di liquidità. I dati di un’indagine Ismea
Solo 7 aziende agricole su 100, quando nel 2014 sono andate in banca per chiedere un prestito, lo hanno fatto per innovare la propria attività. Il settore che dovrebbe vivere il suo periodo di massima gloria e rinnovamento con Expo in realtà fatica ancora e parecchio. C’è da dire che la fotografia fatta dall’Ismea, Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, per quanto riguarda l’innovazione è decisamente migliore se la si confronta con quella del 2013. In quell’anno solo il 2,7 per cento delle aziende agricole italiane pensava di poter chiedere dei soldi a un istituto di credito per apportare qualche modifica innovativa al proprio sistema di business.
Un fondo per le startup agroalimentari
Non c’e dunque da stupirsi se pochi giorni fa il Ministro Maurizio Martina ha sottolineato quanto ancora ci sia da fare per migliorare la digitalizzazione del settore. “Vogliamo anche lavorare molto sulle infrastrutture – ha dichiarato durante un evento tra i padiglioni di Expo – investendo 500 milioni di euro di risorse europee e pubbliche per portare internet veloce con la banda ultralarga nelle zone rurali”. Rispetto al 2013 sono aumentate le richieste per investimenti di medio lungo-periodo passando dal 34,1 per cento del 2013 al 40,5 del 2014. Purtroppo però la maggiorparte dei prestiti, il 45 per cento, servono a finanziare l’attività ordinaria.
Scelte probabilmente dettate da una crisi di liquidità del settore. E guarda caso buona parte delle tasche di agricoltori e allevatori italiani sono vuote a causa di uno dei mali atavici del nostro paese: i maledetti debitori insolventi. Le aziende che hanno problemi di liquidità sono quasi raddoppiate in un anno passando dal 17 per cento nel 2013 al 28 del 2014. È da questi dati che si capisce come mai il ministro Martina abbia deciso, e probabilmente non avrebbe potuto fare diversamente, di istituire un fondo di finanziamento da 20 milioni di euro per le startup del settore che partirà da settembre. Perché se è vero che, rispetto al 2013, sono aumentate le aziende che si sono presentate allo sportello per avere un prestito è altrettanto vero il fatto che queste corrispondano solamente al 25,3 per cento.
Istituti di credito ben disposti verso contadini e allevatori
La vera buona notizia per il settore che, come a dichiarato Martina sempre a Expo “Deve assolutamente recuperare terreno”, è che gli istituti di credito sono ben disposti verso agricoltori e allevatori che chiedono liquidità. Tre aziende su quattro hanno infatti ottenuto un prestito, segno che c’è fiducia nel settore. Dato ancora migliore se si tiene conto che, arrivate al momento della firma, l’11% delle imprese ha rifiutato la proposta della banca, principalmente per via dei tassi di interesse applicati. I dati dell’Ismea lasciano quindi l’amaro in bocca perché se le banche, nonostante il credit crunch, sembrano ben disposte a concedere prestiti le aziende agricole italiane sembrano non volerli utilizzare per fare innovazione. Un piccolo miglioramento si vede ma ora non resta che aspettare i dati del 2015 e i risultato del fondo ministeriale per capire se la tendenza si confermerà positiva nei prossimi anni.