In due anni sono aumentati del 16% gli italiani che soffrono di celiachia. Un aiuto concreto arriva dall’America: in 2 minuti Nima capisce se un piatto è davvero gluten-free. Si può già preordinare
Ad oggi in Italia risultano 172 mila i celiaci accertati (ma si stimano 600 mila) di cui il 48% è concentrato al Nord, in particolare in Lombardia (fonte: ministero della Salute). Ma dalla primavera 2016 potrebbe essere tutto più facile: «Le persone che soffrono di intolleranze, me inclusa, hanno sempre molta paura riguardo al cibo, soprattutto quando sono fuori casa. Nima, in soli due minuti di analisi, affidandosi ai dati, permette di ridurre lo stress legato ai nuovi ingredienti», rivela Shireen Yates, Ceo e Co-Founder di 6SensorLab.
Semplicissimo da usare
L’idea alla base del sensore è di origini italiane, di Maria Grazia Esposito biochimica del Cnr di Napoli emigrata in Usa, sviluppata poi da 6SensorLabs, startup di San Francisco fondata da due studenti del MIT di Boston con allergie alimentari, Shireen Yates e Scott Sundvor. Prima di Nima, premiata dal Time Magazine fra le 25 migliori invenzioni del 2015, erano già presenti sul mercato dei tester per trovare tracce di glutine negli alimenti però hanno sempre richiesto almeno 15-20 minuti per rilasciare l’esito. I suoi punti di forza, invece, sono proprio la velocità di analisi e la praticità di trasporto. Si compone di due parti, una capsula e un sensore palmare a forma di cuneo, con un semplice funzionamento: si inserisce un piccolo pezzo di cibo nella capsula, si avvita il coperchio e si infila la capsula nel sensore. Dopo circa due minuti appare sullo schermo OLED una faccina blu che sorride se il dispositivo trova meno di 20 parti per milione di glutine, in caso contrario il volto sarà triste. «La mia speranza è che le persone possano mangiare fuori casa con gli amici senza accidentalmente ammalarsi» afferma Shireen Yates.
Comodo ma costoso
Tutto perfetto, se non fosse per il prezzo. Al momento, infatti, sono attivi solo i pre-ordini a un prezzo scontato di 199 $ (circa 180 €), e le spedizioni partiranno a primavera 2016. Però, per evitare ogni tipo di contaminazione, ogni capsula è progettata per un solo utilizzo e venduta in confezione da 12 a 47,95 $ (circa 43 € in prevendita che poi salirà a 54 €). Conti alla mano significa che ogni volta che si vuol testare se un cibo è gluten-free è come si aggiungessero al conto dai 3,5 ai 4,5 €. Ideare una capsula riutilizzabile potrebbe essere la soluzione, staremo a vedere come si evolve.
Progetti futuri
La società sta lavorando anche su una varietà di invenzioni simili per aiutare le persone al ristorante e a casa ad ottenere una migliore comprensione di ciò che è contenuto nel cibo che stanno mangiando. Uno dei progetti futuri è la ricerca di tracce di arachidi e prodotti lattiero-caseari nelle pietanze. Nima poi utilizzando il Bluetooth per connettersi con un app iOS permette già ora di caricare i risultati dei test e condividerli con la community dei possessori del sensore. Un aspetto che potrà diventare decisamente rilevante in futuro perché permette di creare una mappa accurata di cibi gluten free e dei ristoranti che li offrono.
Sempre più “fai da te” (forse troppo)
I dispositivi come Nima nascono principalmente dall’esigenza di un controllo più accurato su ciò che si sta mangiando e a molti piace sapere di avere a portata di mano un’accurata analisi, trascinati oggi sull’onda di una società sempre più “fai da te”. Tuttavia, l’Associazione Italiana Celiachia (Aic) invita alla prudenza nei riguardi di strumenti da usare in autonomia: «Il rischio è che rappresentino una fonte di allarmismo e di confusione per i celiaci. Piuttosto, il compito di eseguire le analisi di rischio sugli alimenti deve essere affidato ai produttori e alle autorità preposte ai controlli, non deve diventare abitudine che dipenda da apparecchi fai da te».