La startup spagnola a guida italiana pronta ad accelerare lo sviluppo della tecnologia per lanciare bistecche e filetti ottenuti da ingredienti a base vegetale in Spagna e poi in tutti i paesi dell’Europa Occidentale
Stampata e buona come l’originale. Non ha mai avuto dubbi Giuseppe Scionti sulla bontà della sua bistecca a base vegetale stampata in 3D, che dalla fondazione di Novameat a oggi è migliorata nell’aspetto, nella consistenza, nel gusto e nelle proprietà nutritive e sensoriali. Realizzata partendo da proteine di piselli, succo di barbabietola e altri ingredienti a base vegetale, la soluzione messa a punto dalla startup spagnola a guida italiana sta convincendo gli investitori. Nei giorni scorsi, infatti, Novameat ha chiuso un round di pre-serie A da 5,3 milioni di euro, guidato da Praesidium (gruppo di investitori europei e americani con sede a Londra, New York, Lussemburgo e Milano) e affiancato da Unovis Asset Management (che ha investimento nella startup già nel 2019), Rubio Impact Ventures, Volta Circle, Ataraxia e VU Venture Partners.
L’obiettivo primario dell’iniezione di capitale è accelerare lo sviluppo della tecnologia proprietaria, così da produrre tagli interi di carne sintetica su scala industriale, oltre alla pianificazione della strategia per arrivare sul mercato. La startup di proteine alternative sta proseguendo i lavori per arrivare a produrre pezzi di manzo, maiale e pollo a base vegetale testurizzati mediante il metodo di microestrusione, che consente di ottenere una nanostruttura simile a quella della carne. Fondata nel 2018 a Barcellona, dove Scionti, allora ricercatore e assistente di bioingegneria all’Università della Catalogna, stava studiando l’applicazione di tecniche avanzate di bioprinting 3D nell’ingegneria dei tessuti. Da qui l’idea di applicare le conoscenze nel campo delle proteine alternative, processo avviato brevettando la tecnologia approntata per l’occasione.
I vantaggi del processo di microestrusione
Una svolta rilevante, poiché la tecnologia sviluppata permette di lavorare la formulazione senza la necessità di alte temperature o l’applicazione di una grande potenza estrusiva, che si traduce in flessibilità e possibilità di variare gli ingredienti. Quest’ultimo punto, come è facile intuire, consente a sua volta di pescare in un ampio elenco di opzioni, con evidenti benefici per il ricorso a prodotti a chilometri zero e la conseguente riduzione di coltivazioni intensive, oltre ad alternative efficaci nell’ottica di potenziali insidie legate al cambiamento climatico e alla scarsità di materie prime. I vantaggi garantiti dalla tecnologia sono valsi a Scionti un posto di rilievo nell’elenco delle 50 persone da seguire per il futuro del cibo, stilato dal Food Innovation Hub del think tank iberico KM ZERO.
Un comparto in ascesa
I progressi di Novameat rientrano all’interno di un settore in forte crescita, con l’alimentazione a base vegetale che, anche per la salvaguardia ambientale, si sta diffondendo su ampia scala. Naturale, quindi, che si registri un incremento dei venture capital interessati a scommettere sul comparto: il report annuale sul mercato foodtech firmato PitchBook parla di investimenti superiori a 39 miliardi di dollari. In forte crescita è il numero delle startup dedite alla creazione di carni ibride o imprese totalmente plant-based, con i capostipiti della specie a viaggiare sempre più veloci. Il riferimento è al round da 500 milioni di dollari chiuso a novembre da Impossible Food, un colosso del comparto (insieme a Beyond Meat) che ha raccolto finanziamenti per oltre 2 miliardi di dollari.
Scionti: “Sul mercato nel 2022, in futuro la carne sarà un lusso”
Per comprendere meglio il presente e il futuro di Novameat e della carne realizzata a partire da proteine vegetali, abbiamo chiesto lumi al fondatore e Ceo Giuseppe Scionti, 36enne nato a Milano (laureato in Ingegneria Biomedica al Politecnico di Milano) e residente a Barcellona dal 2015, dopo la laurea magistrale a Göteborg (Svezia), un Master a Granada (Spagna) ed esperienze da ricercatore tra Londra e Santiago del Cile.
In che modo Novameat può aiutare a ridurre i costi della carne sintetica?
Stiamo sviluppando la produzione su larga scala basata su macchinari altamente efficienti, che operano a bassa temperatura e pressione e, al contempo, permettono grandi volumi di produzione, nell’ordine di 500 Kg/h. Il mix tra flessibilità ed efficienza produttiva ci permetterà di eguagliare più avanti il prezzo della carne reale.
Bistecca e filetto sono i vostri prodotti di punta: quando li porterete sul mercato, in quali paesi e con quale strategia?
Arriveremo entro la fine dell’anno nel settore del food service, ma stiamo esplorando anche possibili partnership con i retailer. Per la fase di lancio e commercializzazione che si estenderà fino al 2024, i mercati che interessano sono Europa Occidentale, Regno Unito, Asia e Stati Uniti. Partiremo con ristoranti, sia tradizionali, sia vegani e vegetariani, in Spagna e molto probabilmente in contemporanea con test nei mercati di riferimento.
Quanti sono i finanziamenti che ha ricevuto finora Novameat?
Abbiamo ricevuto una nota convertibile di 500.000 euro nel 2019 e 250.000 euro dal governo spagnolo all’inizio del 2021. Poi il round da 5,3 milioni di euro e nel corso dell’anno riceveremo una sovvenzione (cifra top secret al momento, NdA) dall’UE, tramite l’European Innovation Council Accelerator, che promuove la tecnologia e la scalabilità della produzione.
La carne a base vegetale permetterà di ridurre il peso e gli effetti generati dagli allevamenti intensivi. Nel medio-lungo periodo, la trasformazione delle abitudini alimentari renderà la carne reale un prodotto più costoso e, quindi, per pochi fortunati?
Tra qualche anno mangiare carne non sarà più così comune come oggi, in particolare per le generazioni future. Molto probabilmente ci sarà una polarizzazione del mercato, con la maggioranza della popolazione mondiale soddisfatta nel mangiare carne a base vegetale e una piccola quota di mercato premium e di lusso per tagli pregiati di carne vera, destinate magari alle occasioni speciali.