L’export di bollicine italiane va sempre meglio: sono le più vendute nel mondo, i volumi sono in aumento. Ma lo champagne, quanto a valore, resta lontano. Il segreto sta in una identità globale
L’export di spumante va sempre più alla grande. Il pianeta anche quest’anno brinda con bollicine italiane che si confermano le più vendute con oltre 2,7 milioni di ettolitri contro gli 1,8 di quelli francesi e gli 1,6 di quelli spagnoli. Tuttavia, come sempre, lo champagne incassa: una differenza che resta enorme, come confermano le stime di Wine Monitor: 3 miliardi di valore dell’export degli sparkling francesi contro i 990 milioni di euro italiani.
Aumento di volume
Comunque l’aumento di volumi e valori c’è. Oltre l’85% delle bollicine esportate nel mondo proviene da Italia, Francia e Spagna: nel 2014 questi tre paesi hanno venduto congiuntamente oltre i propri confini più di 5,7 milioni di ettolitri di spumanti per un controvalore di 3,9 miliardi di euro. Si tratta di una crescita congiunta rispetto all’anno precedente dell’8% in volume e del 15% in valore per gli spumanti dei 3 top exporter mondiali, con aumenti più elevati per i prodotti italiani che passano da 840 milioni di euro a circa 990 milioni di valore all’export. Pur a fronte di questo progresso, il divario con i più blasonati sparkling francesi resta enorme: le esportazioni dei cugini d’oltralpe dovrebbero raggiungere i 3 miliardi di euro, di cui oltre 2,7 miliardi grazie allo champagne. Molto più staccata la Spagna, con circa 420 milioni di euro di vendite oltre frontiera. D’altronde, i prezzi medi all’export sono più che eloquenti: 17,1 euro/litro per i francesi (25,3 euro/litro nel caso dello champagne) contro i 3,57 dei nostri spumanti (3,59 euro/litro per il Prosecco, 3,42 euro/litro per l’Asti) e i 2,55 degli spagnoli (3,11 euro/litro i Cava).
Lo spumante trainato dalla crisi
Gli spumanti fanno da traino per l’export di vino: negli ultimi 10 anni, il consumo di sparkling è aumentato di oltre il 30% contro una percentuale che, per quanto riguarda il vino nel suo complesso, non è andata oltre il 5%. E il bello è che l’export italiano beneficia della crisi economica, visto che i consumatori, cercando qualità ma a prezzi ridotti, hanno preferito gli sparkling italiani rispetto ai francesi.
Tutti i mercati del Prosecco
Circa l’80% dell’export riguarda spumanti Dop, al cui interno il ruolo di attore protagonista spetta al Prosecco che poi rappresenta il vero artefice di questo sorpasso ai danni dei francesi. I mercati dove il Prosecco sta conoscendo un vero e proprio boom sono Usa, Regno Unito, Svizzera, Canada e Scandinavia mentre l’Asti sta subendo una riduzione delle vendite soprattutto in Russia, Germania, Stati Uniti e Giappone. Un successo che però mette in evidenza una crescente dipendenza dello spumante italiano da alcuni importanti mercati. Al contrario dello champagne, che rappresenta un prodotto globalizzato con una propria e chiara identità: i primi 3 mercati esteri di sbocco italiano assorbono il 69% delle quantità esportate (era il 57% cinque anni fa), contro un grado di concentrazione che è pari al 48% nel caso dello Champagne e al 53% per il Cava spagnolo. Se poi si allarga l’incidenza ai primi 10 mercati, si giunge ad una dipendenza dell’88% per lo sparkling italiano contro un 78% di quello francese.