Secondo Waste Watcher ogni italiano getta circa 75 grammi di cibo al giorno, ma le startup arrivano in soccorso con soluzioni innovative contro le eccedenze. Da Too Good To Go a Olivia e Bella Dentro fino alle sale di mungitura robotizzate del Gruppo Carioni: il nostro tour virtuoso antispreco
Di spreco alimentare se ne parla da tempo, tanto, ma abbiamo davvero imparato come ridurre quello che non si consuma? Secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio di Babaco Market con BVA-Doxa, solo il 41% degli italiani sa che cosa fare per provare ad arginare il fenomeno. Questa nuova puntata di Food startup, la nostra rubrica del martedì dedicata alle realtà che si occupano di innovare nel settore alimentare, va alla ricerca di quelle imprese che quotidianamente si impegnano nella riduzione degli eccessi di ciò che non mangiamo.
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Quanto costano i nostri sprechi?
Dai risultati della ricerca condotta dall’Osservatorio di Babaco Market con BVA-Doxa emerge che gli italiani hanno una forte consapevolezza dello spreco alimentare e del suo legame con i cambiamenti climatici e che sono pronti ad agire per contrastare la problematica. Il 96% degli intervistati, infatti, dichiara di averne una chiara percezione e il 97% pensa che sia fondamentale il raggiungimento degli obiettivi Onu 2030, ma, come anticipato, solo il 41% ne conosce la reale entità. La percentuale di chi è a conoscenza dell’impatto che lo spreco alimentare ha in termini di emissioni di gas serra che agiscono sul surriscaldamento globale è la stessa del 2022: il 77%. Allo stesso tempo, 9 italiani su 10 ritengono che le sempre più frequenti calamità naturali abbiano un impatto sulle produzioni, causando perdite agricole e un conseguente spreco alimentare. Le principali cause del perché si continua a buttare ciò che non si mangia, secondo la ricerca, sono da rintracciarsi nella scarsa attenzione in fase di acquisto e nella preparazione degli alimenti. Ma dagli ultimi dati che emergono da Waste Watcher, lo spreco alimentare è calato del 12%. Un risultato che si accentua al Sud, maglia nera con un + 8% di spreco rispetto alla media nazionale, e per le famiglie senza figli (+ 38% rispetto alla media italiana). Ogni italiano getta circa 75 grammi di cibo al giorno, per un valore che Waste Watcher ha quantificato in oltre 9 miliardi di euro.
Rispetto al 2022, secondo l’indagine di Babaco Market e BVA-Doxa, si nota una decrescita di attenzione nei consumi e nella preparazione dei cibi: anche se il 78% degli italiani dichiara di prestare molta attenzione e di non buttare quasi mai cibo, quasi un quarto dei rispondenti ammette di sprecare cibo per mancanza di attenzione. Il 57% ha dichiarato di avere riscontrato almeno un episodio di spreco alimentare domestico nell’ultimo mese. Le cause sono riconducibili alla mancanza di attenzione alla data di scadenza o al deterioramento degli alimenti (59%, +5% rispetto al 2022), alla conservazione poco adeguata dei prodotti nei punti vendita (28%), al fatto che si tende a comprare troppi alimenti (16%) o in formati troppo grandi (16%) e perché si cucina cibo in eccesso (14%, +5% in più rispetto al 2022). Verdura e frutta fresca si confermano anche per il 2023 le prime due tipologie di alimenti soggetti allo spreco.
Cosa fare per ridurre gli sprechi?
Tra le principali azioni anti-spreco attuate dagli italiani, dall’indagine emerge un interesse verso gli acquisti in grado di facilitare una spesa sostenibile e antispreco: 2 italiani su 3 la preferiscono. Attualmente, però, sono un italiano su 2 non la trova una soluzione fattibile attraverso i canali abituali (tra i principali ostacoli, per il 75% degli intervistati c’è il tempo e lo sforzo extra richiesto, la disponibilità di punti vendita, la localizzazione dei negozi, la modifica delle proprie abitudini consolidate). L’86% dei rispondenti ha l’impressione che la maggior parte della GDO non venda prodotti prossimi alla scadenza o con confezioni/etichette rovinate, facendo sì che una grande quantità di prodotti rischi di essere sprecata. E mentre il 54% degli intervistati opta per la spesa online da aziende che supportano l’antispreco, la sostenibilità e le eccellenze del territorio, le startup offrono una serie di soluzioni per tutelare l’ambiente e prevenire gli eccessi. Tra queste, oltre al nuovo servizio di delivery di alimenti e prodotti ortofrutticoli freschi offerto da Babaco Market, ci sono le iniziative messe in campo da Too Good To Go e Bella Dentro e le soluzioni tech proposte da Olivia e dal gruppo Carioni.
App contro lo spreco alimentare
Dal 2015, anno della sua nascita a Copenhagen, Too Good To Go ne ha fatta di strada. Oggi presente in 17 Paesi, la mission della realtà guidata in Italia da Mirco Cerisola è sempre stata la stessa: invertire la rotta del continuo spreco alimentare, trovando una soluzione facile ed efficace per persone e negozi. «In Italia la piattaforma è arrivata nel 2019, e in questi 4 anni la nostra crescita è stata esponenziale – racconta Cerisola, Italian Country Director di Too Good To Go – Tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione tra l’azienda e i partner, al sempre più elevato utilizzo dell’app e alle numerose iniziative attuate nel corso del tempo. Grazie all’app, nel 2022 sono stati salvati 79 milioni di pasti, 25 milioni in più rispetto all’anno precedente, per circa 200.000 tonnellate di CO2 risparmiate. Abbiamo anche lanciato l’Impact Tracking: uno strumento che, in modo semplice, offre la possibilità ai nostri utenti di avere un’idea chiara dell’impatto positivo sul pianeta tramite esempi concreti dei propri sprechi equiparati al risparmio in elettricità, alla ricarica completa dello smartphone o alle tazze di caffè caldo».
Secondo Too Good To Go, il 18% di tutti gli sprechi alimentari in Europa avviene infatti durante la fase in cui è coinvolta l’industria alimentare, all’inizio della supply chain. Per questo motivo, l’azienda ha deciso di introdurre una soluzione ad hoc per le aziende alimentari – la Box Dispensa – che mira a ridurre lo spreco delle eccedenze alimentari alla radice. «Specialmente negli ultimi due anni, le persone sono diventate più consapevoli riguardo il tema dello spreco alimentare, e sempre più vi è la consapevolezza che tutti noi possiamo contribuire con le nostre azioni – spiega Mirco – Ciò si riflette anche nei numeri: nel 2021 infatti, Too Good To Go è stata l’app più scaricata nella sezione Food&Drink e nel 2022, il download della stessa è incrementato del 51%, aumentando di conseguenza anche i pasti salvati: il 30% in più rispetto al 2021. E i nostri utenti nel 2022 hanno segnato un +62% rispetto al 2021 a livello globale. Abbiamo molti progetti per il futuro, che vogliono coinvolgere partner e singoli individui, ma possiamo ritenerci molto soddisfatti dell’impatto che Too Good To Go sta avendo su tutta la filiera».
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Olivia, tecnologia anti-spreco
Per prevenire gli sprechi alimentari, Olivia aiuta i ristoratori ad acquistare la quantità giusta di materie prima tramite un gestionale basato sull AI. E non solo. «Siamo un gruppo di studenti universitari provenienti dalla Scuola Superiore Sant’Anna, dalla Scuola Normale Superiore, dall’Universiteit Technische Delft, e dall’Università Bocconi – spiega Francesco Tansella, CEO di Olivia – Con la mission di aiutare chi ha un’attività di ristorazione ad acquistare i prodotti nelle giuste dosi necessarie per il proprio lavoro, aiutandoli nelle previsioni. Tramite il nostro software, facile da integrare anche con altre app, oggi lavoriamo con 25 ristoranti nel mondo e abbiamo avviato una collaborazione con il sistema di cash management iPratico, per fornire soluzioni personalizzate e automatizzate per la fornitura, la produzione e la pianificazione del personale».
Olivia, infatti, non solo permette di risparmiare sulle materie prime ma anche sulla gestione del personale, essendo in grado di fare valutazioni accurate sulle effettive necessità dei ristoratori. «Non vogliamo fermarci al mercato italiano ma puntiamo a quello internazionale, con un focus sulla California e un’attenzione particolare alla Germania e al Regno Unito. Prossimamente lanceremo anche una raccolta di capitali», conclude Francesco.
La filiera circolare di Bella Dentro
Nel 2017 Camilla e Luca, classe 1988, si imbattono in un reportage di National Geographic che illustra le dimensioni e l’impatto socio-economico degli sprechi nella filiera agroalimentare, e decidono di mandare per aria le loro carriere per iniziare a fare ricerca sul campo e creare da zero una filiera ortofrutticola parallela a quella esistente, interamente incentrata sulla lotta allo spreco. Si licenziano, trascorrono mesi di studio e ricerca in giro per le campagne e le aziende agricole italiane come operai volontari della raccolta e all’interno delle grandi cooperative o della grande distribuzione. A gennaio 2018 fondano ufficialmente “Bella Dentro”, startup che punta a ridare il giusto valore ai prodotti ingiustamente scartati e al lavoro dei produttori che spesso non si vedevano riconosciuto alcun compenso per questa merce non ammessa sul mercato della grande distribuzione.
Bella Dentro compra la merce invenduta dalle aziende agricole di tutta Italia, riconoscendo un prezzo equo, e poi rivende i prodotti così come sono a un prezzo conveniente. Inizialmente l’idea è itinerante e si muove per le strade di Milano a bordo di un’ape ricoperta di erba finta, poi arrivano i primi store. «Per poter aumentare i volumi di frutta e verdura salvati e acquistati dai produttori e l’impatto e il valore, non solo economico, ma anche etico-sociale della filiera, abbiamo avviato un laboratorio di trasformazione di frutta e verdura imperfetta insieme all’officina coop sociale di Codogno e alla cooperativa sociale “La Fraternità” di Rimini, due realtà produttive dedite alla formazione e all‘inclusione lavorativa di persone con disabilità e altre fragilità», spiegano dal team. Da questi laboratori ha preso forma la prima linea di prodotti Belli Dentro: confetture, succhi ed essiccati di frutta e verdura reperibili non solo negli store fisici di Bella Dentro e in altri negozi che li rivendono ma anche nell’e-commerce.
Agritech e soluzioni sostenibili
Quello dello spreco alimentare, come abbiamo approfondito, è un problema che interessa tutta la filiera. E c’è chi, come il gruppo Carioni, ha dato vita a un grande cambiamento tecnologico per migliorare gli sprechi e la vita delle mucche che alleva con un sistema autonomo di alimentazione robotizzata. La salute e la qualità di vita delle mucche è tenuta quotidianamente sotto osservazione grazie all’utilizzo di uno “smart-watch” bovino, che ne registra l’attività fisica.
«In base ai dati ricevuti monitoriamo il benessere dell’animale – afferma Francesco Carioni, general manager del Gruppo – E capiamo se il latte è di buona qualità. Questo sistema fa differenza non solo per le mucche, anche grazie al fatto che ci fornisce dati precisi sulla quantità di cibo necessaria per il migliore sostentamento dell’animale, ma anche per una maggiore sicurezza alimentare per l’uomo. Si tratta di un passo tecnologico importante che abbiamo messo in atto anche con il satellitare. Grazie a queste nuove tecnologie, possiamo monitorare i nostri terreni e capire quali hanno bisogno di azoto o di altri minerali e su quali dobbiamo intervenire, dosando in automatico la quantità di minerale necessario ed evitando gli sprechi».
Dai Carioni non si butta via niente. «In un percorso di economia circolare riutilizziamo i reflui zootecnici e tutto quello che ne deriva per produrre energia. Il nostro prossimo passo sarà quello di diventare un incubatore di startup agritech», conclude Francesco.