Monitorano la salute delle piante, aiutano a ridurre gli sprechi e sono alla base dell’agricoltura di precisione. Forse non salveranno da Xylella gli ulivi del Salento (per ora) ma rappresentano il futuro delle coltivazioni
I droni salveranno gli ulivi pugliesi colpiti dalla “xylella fastidiosa”, il batterio killer causa della morte di un milione di piante? Probabilmente no. Almeno, non questa volta. Ma con l’uso degli innovativi oggetti volanti in agricoltura qualcosa sta cambiando.
“Perché il drone – spiega Marco Donadoni, Direttore Generale AeroDron – può certificare la presenza di parassiti all’interno di un campo coltivato anche scoprendoli in zone non facilmente accessibili. Quindi evitare di identificare la presenza di batteri quando questi arrivano ai confini del campo dopo averne invaso già gran parte”.
Salute di piante e terreni? Basta un drone per rilevarla
Ma come possono migliorare le coltivazioni agricole grazie ai droni? “Attualmente, per esempio – prosegue – stiamo lavorando a una sperimentazione con un’azienda per misurare la capacità che il campo ha di assorbire acqua, per capire se è maggiore probabilità di insorgenza di una certa tossina in una coltura. Insomma, una specie di “esame del sangue” del terreno con sensori termici e multi spettrali”. Ogni sostanza, infatti, emette una radiazione. Alcune sono nello spettro del visibile, altre dell’invisibile, dell’ultravioletto e dell’infrarosso. Attraverso la memoria fotografica dei droni si possono proprio valutare le radiazioni emesse per capire cosa sta succedendo in un determinato territorio coltivato.
E anche per calcolare l’NDVI (Normalized Difference Vegetation Index) che misura lo stato di salute della pianta osservando l’intensità della luce che riflette: “Maggiore è questa, minore è lo stato di salute. Perché più luce riflette, meno ne usa per la fotosintesi. – continua – Questo tipo di visione si poteva già ottenere coi satelliti ma con un drone è possibile realizzarle da più vicino e con costi molto più bassi, dunque ottenere risultati molto più precisi e rilevazioni più frequenti rispetto al satellite”.
Non solo: i droni permettono di lavorare nei campi in modo mirato dando concimi e “medicinali” solamente alle piante interessate, rendendo dunque i processi agricoli più ecosostenibili e i prodotti più sani. “Solo dove serve, ciò che serve”, insomma.
Sperimentazioni agricole coi droni
Sono quattro le tipologie di sperimentazione che AeroDron sta conducendo con i droni in agricoltura in collaborazione con aziende, centri di ricerca e università:
1) L’ottimizzazione nell’uso di strumenti per contattare le tossine che testimoniano lo stress idrico di un terreno.
2) L’ottimizzazione del consumo idrico in un podere altamente tecnologico e sperimentale in provincia di Parma. “La tecnica prevede di usare i droni per calcolare la quantità d’acqua ottimale per le coltivazioni di pomodoro e mais”.
3) Il drone come strumento per misurare la produttività delle sementi: “Contiamo le piantine nate, dato un certo numero di semi piantati. Abbiamo definito strisce caratterizzate da diversi trattamenti per verificare quali siano le variabili maggiormente impattanti sulla produttività”.
4) Sperimentazione ad alto raggio su quattro sotto temi con un unico denominatore: quali sono le reali potenzialità applicative su NDVI. “Gli output – conclude – serviranno a scegliere le migliori macchine per la semina, capire quali sono i migliori concimi, i trattamenti più produttivi, eccetera”.
Per ora i droni in agricoltura sono alleati di ricerca e sperimentazione: “Ma ci sono anche aziende che iniziano a usarli per l’agricoltura di precisione. E questo è il futuro del settore”. E anche quello più promettente per i droni stessi e per le aziende che basano su essi la loro attività: le aree agricole e boschive, infatti, sono quelle sulle quali la regolamentazione del drone è più semplice, essendo zone senza persone.