Raffaele Raso, Csr manager di Andriani, tra le più importanti realtà italiane nell’ambito dell’innovation food, racconta la collaborazione dell’azienda con il Master in Open Innovation & Young Entrepreneurship nel settore Agrifood organizzato dall’Università di Bari e dal CIHEAM
Il diciassettesimo punto dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite punta a consolidare e migliorare la collaborazione tra governi, settore privato e società civile verso uno sviluppo sostenibile condiviso. Sull’obiettivo 17, Andriani, realtà pugliese attiva nel campo delle soluzioni innovative per il settore agroalimentare, ha deciso di basare il proprio approccio di open innovation. “Il punto cruciale non risiede nella ricerca degli elementi assenti all’interno dell’azienda, ma nell’attitudine a condividere idee e risorse per il raggiungimento di uno scopo comune”, spiega Raffaele Raso, Corporate social responsibility manager della società Benefit e BCorp, Andriani.
La società, con sede a Gravina in Puglia, è tra i partner del Master universitario di primo livello in Open Innovation & Youth Entrepreneurship in the Mediterranean Agrifood Sector”, promosso dall’Università di Bari e dal CIHEAM Bari. “L’insegnamento principale da trasmettere agli studenti è proprio questa cultura del confronto e della condivisione. Le risposte alle sfide della nostra epoca sono già all’interno delle nostre realtà, aziendali e accademiche, come pezzi sconnessi di un puzzle da ricomporre. Nel corso delle attività del Master”, racconta Raso, “Andriani ha condiviso risorse umane, know-how, spazi e capitale relazionale. A questo, gli studenti hanno aggiunto la propria inventiva, facendo leva sulle differenze del loro background accademico, in modo complementare e sinergico”.
Approccio circolare e tutela dell’ambiente: il progetto degli studenti per Andriani
Conosciuta per l’impegno verso uno sviluppo sempre più sostenibile, con focus sulle aree ambientale, sociale e di governance, l’azienda pugliese ha chiesto agli studenti del Master in apprendistato di realizzare un biofertilizzante a partire dai sottoprodotti dei suoi processi industriali. La soluzione sarebbe poi stata utilizzata all’interno della propria filiera agricola. “La nostra società ha una forte interdipendenza con l’agricoltura e le sue problematiche. Non a caso”, sottolinea Raso, “la dimensione più enfatizzata dagli alunni è stata quella ambientale. In particolare, è stato dato ampio spazio alla tutela della salute dei suoli, al cambiamento climatico e all’economia circolare. Il tutto focalizzato a una gestione responsabile delle risorse naturali”.
Aspetti che ricalcano la strategia Esg della compagnia, basati sull’adempimento dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, attraverso il coinvolgimento diretto e il sostegno alla catena di fornitura dell’industria agroalimentare. “Un simile approccio intercetta gli ambiti economico e sociale, perché punta a una maggiore resilienza dell’agricoltore, a una riduzione della dipendenza da costosi input produttivi esterni e al miglioramento della stabilità delle produzioni nel lungo periodo”.
Dall’università all’azienda, come incidere sul mercato
Dato lo scenario in continua evoluzione, non è sempre semplice per un giovane riuscire a trovare la strada giusta per inserirsi e offrire il proprio apporto, ancora di più in un settore vasto e complesso come l’agroalimentare. Spesso, inoltre, si registra una distanza fra le conoscenze apprese durante gli studi e le competenze richieste in azienda. Discorso valido anche e soprattutto per chi decide di aprire la propria impresa o startup. Ed è proprio sull’avvicinamento tra il mondo accademico e lavorativo che il Master dell’Università di Bari e del CIHEAM vuole agire.
“Questi fattori di rischio sono mitigati quando le soluzioni offerte rispondono a un bisogno reale. Per esempio, oggi tutte le aziende hanno bisogno di trasformare il concetto di rifiuto in quello di risorsa”, evidenzia Raso. “Ma, per farlo, occorre rimettere in discussione la gestione dei flussi di scarti e sottoprodotti. Oltre a instaurare relazioni adeguate allo scopo, fra vari settori”. Quello che hanno ottenuto gli studenti all’interno di Andriani rappresenta un esempio concreto. “Hanno risposto con successo a istanze provenienti da più parti, secondo un approccio integralmente circolare. Un’applicazione migliore e virtuosa per i sottoprodotti industriali, una materia prima-seconda di alta qualità da cui ottenere biofertilizzanti e un caso studio su cui poter svolgere analisi relativi al bilancio del carbonio, grazie a tecnologie satellitari”.
L’importanza dei talenti, tra crisi alimentare e innovazione
Di recente, il Consiglio dell’Unione Europea ha deciso di rinviare la proposta, presentata a giugno dalla Commissione, di ridurre del 50% l’utilizzo dei pesticidi. Una diminuzione così marcata nell’uso dei fitofarmaci porterebbe infatti a un taglio marcato della produzione nel breve periodo, peggiorando una situazione già molto pesante, a causa della crisi alimentare derivata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Ci si interroga dunque su possibili alternative da parte di privati, in grado di limitare comunque l’uso dei fertilizzanti in agricoltura.
“Una delle principali sfide del settore alimentare è quella di rendere più sistemici e applicati i principi dell’economia circolare. L’uso scriteriato di pesticidi, fertilizzanti di sintesi e altri prodotti, ha effetti negativi diretti sulla salute dei suoli e degli ecosistemi nei quali sono applicati. Ma non solo”, specifica il Csr manager di Andriani. “Essi innescano cicli produttivi che contribuiscono ad accentuare gli squilibri biogeochimici del pianeta. Con conseguenze sul clima e sulla sostenibilità economica di qualsiasi attività produttiva”.
I concetti chiave, dunque, sono quelli della razionalizzazione e dell’innovazione. Razionalizzare, in questo caso, “l’uso di quelli che siamo abituati a definire rifiuti, allungandone la vita e conservandone l’utilità, sarà un tratto distintivo dell’imprenditorialità del futuro”. Innovare, ossia “apprendere, sperimentare nuovi linguaggi e metodologie e progettare un nuovo prodotto o servizio, dandosi delle priorità strategiche. Caratteristiche vitali a prescindere dal settore di riferimento”, aggiunge Raso.
“Razionalizzare l’uso di quelli che oggi chiamiamo rifiuti distinguerà l’imprenditorialità del futuro”
Per gli studenti del Master in Open Innovation & Youth Entrepreneurship in the Mediterranean Agrifood Sector, l’ambito di applicazione “è un vulcano di innovazione sempre attivo. Nuovi ingredienti e sapori, nuove modalità di consumo e somministrazione, nuovi metodi produttivi e nuovi assetti organizzativi nella trasformazione e distribuzione sono sempre dietro l’angolo e in continua evoluzione. Per questo motivo”, conclude Raso, “l’agroalimentare si presta meglio di altri settori ai principi del design thinking. E può rispondere in modo migliore all’esigenza dell’umanità di sfamarsi e trovare un nuovo modo, più sostenibile, di vivere il nostro mondo“.