Uno scandalo sul “parmesan” statunitense ha riacceso il dibattito sulla cellulosa mentre un report finlandese propone nuovi “ingredienti” naturali ricavati dalla polpa di legno
Già parliamo di “Parmesan” e quindi dovremmo chiuderla subito, la questione. Eppure nella polemica esplosa un paio di mesi fa negli Stati Uniti c’è scritto un pezzetto di futuro del cibo. Cos’è successo? In realtà si è trattato degli sviluppi di una vecchia storia, partita nel 2012, intorno a un’azienda produttrice di “parmesan”, la Castle Rock della Pennsylvania. Che tutto sfornava fuorché parmigiano, questo è evidente, ma si allontanava un bel po’ anche da un comune formaggio grattugiato. Nel composto che spediva ad alcune fra le più grandi catene di distribuzione fra cui Target e Associated Wholesale Grocers c’era una combinazione (troppo sbilanciata) di cellulosa mista a mozzarella, cheddar e altri formaggi.
Troppa cellulosa nei formaggi Usa
Due mesi fa la faccenda è tornata d’attualità perché Michelle Myrter, la figlia del fondatore dell’azienda, ha affrontato la prima udienza di un processo che potrebbe costarle un anno di prigione e 100mila dollari di multa. Bloomberg ha colto la palla al balzo e ha sfruttato il ritorno della questione per condurre un’indagine anche su altri brand produttori di formaggi grattugiati. Scoprendo che un gran numero di prodotti duri o appunto grattugiati contengono una quota troppo elevata di cellulosa. Insomma, dopano i formaggi a buon mercato di cellulosa. Secondo gli accertamenti in laboratorio le percentuali si aggiravano fra il 7,8 e l’8,8% di questo “ingrediente”.
Le novità da legno e vegetali raccontate da un report
Eppure, al netto della storia dei parmigiani statunitensi farlocchi, gli elementi derivati dal legno possono seriamente ricoprire un ruolo importante nell’alimentazione del futuro. Come d’altronde la medesima cellulosa lo ricopre dagli anni Sessanta. Lo racconta un report che svela come yogurt, dolci e carni non potranno che beneficiare di un pizzico di cellulosa fibrillare nell’impasto.
I ricercatori del Vtt Technical Research Centre finlandese hanno pubblicato un rapporto in cui si legge che i polimeri derivati dal legno come gli xilani – polisaccaridi appartenenti alla categoria delle emicellulose – la cellulosa fibrillare e la più nota lignina, componente essenziale della parete cellulare di alcune piante, possono essere molto utili non solo per orchestrare la consistenza dei cibi ma anche per abbassare i livelli di colesterolo.
I benefici di xilani, cellulosa fibrillare e lignina
Stando alla ricerca i prodotti che potrebbero beneficiarne sono quelli morbidi o viscosi, come appunto lo yogurt. Se ne potrebbero produrre, grazie alla polpa estratta dalle betulle, di più dolci e liquidi. C’è di più: gli xilani si scompongono lentamente favorendo il processo digestivo e migliorandolo rispetto a quanto consentito dai prodotti oggi in commercio. La cellulosa fibrillare, invece, potrebbe essere sfruttata come addensante naturale utile in particolare in prodotti caseari ma anche, secondo alcuni test, buona per abbassare i livelli di colesterolo nel sangue.
Ma all’istituto finlandese si sono davvero sbizzarriti usando per esempio la lignina per cucinare muffin. La sorpresa? Si è rivelata un ottimo sostituto delle uova e in particolare del tuorlo. Così come un inaspettato emulsionante per la maionese o un ingrediente che ha reso più gradevole la carne, decisamente più succulenta a dire degli esperti (anche se quest’ultimo elemento andrebbe, come dire, sperimentato di persona). Insomma, un ruolo importante nelle spume, negli impasti, nelle salse.
La regolamentazione
Il quadro è ovviamente complicato e dipenderà dalle regolamentazioni locali. L’uso alimentare della cellulosa è permesso praticamente da oltre mezzo secolo (s’intende ovviamente in aggiunta a quella naturalmente presente nei cereali, nella frutta, nei legumi e in alcune verdure come radicchio e lattuga): sebbene non digeribile il polimero, non senza le sempreverdi polemiche sulle conseguenze per la salute, ha trovato molti impieghi nell’industria alimentare e i suoi derivati sono comunemente usati come addensanti, dai prodotti generici come budini e insaccati a quelli senza glutine. Discorso diverso per altri generi di cellulosa, per la lignina o per diversi elementi derivati dal legno di cui le autorità dovranno eventualmente valutare l’ammissibilità nell’elenco degli ingredienti consentiti.