Difficile da descrivere, ma davvero intrigante da provare
Everhood: Eternity Edition è un videogioco strano, surreale, onirico. Che non racconta la sua storia dall’inizio alla fine, ma costringe il giocatore a fidarsi ciecamente per capire soltanto ai titoli di coda che razza di esperienza ha fatto. Sviluppato dalla software house indie Foreign Gnomes, composta da due soli membri – loro sono Chris Nordgren, svedese, e Jordi Roca, spagnolo – è un rpg con meccaniche da rhythm game che metteranno a dura prova il gamer, in livelli ritmicamente davvero sfidanti. Lo abbiamo provato sulla next gen di Xbox.
La storia, anzitutto, non ha senso. Qualcuno ha rubato il braccio a una bambola di legno, il nostro avatar, e così dobbiamo correre in lungo e in largo per recuperarla. Nel percorso dovremo combattere contro vari nemici, schivando le note in schermate fisse, seguendo il ritmo delle melodie. A livello grafico siamo di fronte a un titolo che omaggia i titoli di un tempo, con una pixel art davvero bella da vedere.
L’anima indie della creazione di Chris Nordgren e Jordi Roca si nota soprattutto nelle scelte estreme adottate nelle schermate di gioco. Non è la trama strampalata a stupire, quanto il fatto che nel corso delle battaglie è la schermata stessa a impazzire, a genere effetti disturbanti e ad alzare il livello della sfida stressando al massimo il senso di orientamento del gamer.
Everhood: Eternity Edition è un’esperienza che, messa a confronto con l’universo narrativo di Alice nel paese delle meraviglie, vincerebbe a occhi chiusi per le vette a cui si è spinta l’immaginazione. I personaggi sono tanti e divertenti, i dialoghi altrettanto accattivanti. Insomma, un’opera indie che vale davvero la pena considerare.