Può un team di soli 13 individui competere con software house del calibro di Monolith o Square-Enix?
Proprio nelle stesse ore in cui, dal Giappone, con una Nintendo Direct notturna la Casa di Kyoto annunciava Xenoblade Chronicles 3, sugli store online di PS5, PS4, Xbox Series X|S e Xbox One (la versione Nintendo Switch sarà Cloud) arrivava Edge Of Eternity che sembrerebbe voler entrare in competizione diretta con il prodotto sviluppato dalla nipponica Monolith Soft.
Cosa ci riserva Edge Of Eternity
A guardare il trailer, le immagini e i crediti del gioco (alla colonna sonora ha collaborato il maestro Yasunori Mitsuda, che ha firmato le musiche di Chrono Trigger e Xenoblade Chronicles), sembra che la piccola software house transalpina di Jeremy Zeler – Maury e di altri dodici appassionati gamers, Midgar Studio, sia riuscita nell’impresa di sviluppare un videogame che riesca a tenere testa alle produzioni nipponiche.
Leggi anche: EGGLIA Rebirth, la rinascita di Legend of Mana?
Se già battere i giapponesi a casa loro, nel campo dei JRPG, è una impresa, immaginatevi cosa possa voler dire trovarsi a rivaleggiare con videogame che hanno dietro budget cinematografici.
Il pensiero, fortunatamente, non sembra aver impensierito Jeremy e i suoi, tanto che tutto, dalla caratterizzazione dei personaggi al mondo di gioco richiama fortemente i principali esponenti del genere nipponico, da Final Fantasy (in particolare gli ultimi capitoli) a, soprattutto, Xenoblade Chronicles. E i rimandi, anche a livello di sinossi e particolari (grosse spade, continuo raffronto tra organismi viventi e altri robotici, la presenza di nemici sul campo di gioco…), sono tantissimi.
Le vicende si svolgono nel mondo di Heryon dilaniato da una guerra trentennale con una razza extraterrestre tecnologicamente avanzata. Gli umani hanno risposto facendo ricorso a coraggio e magia e sono riusciti a tenere testa al popolo invasore, almeno fino a quando gli alieni non hanno risposto sganciando sulle teste delle ultime sacche della resistenza la Corrosione, un virus che trasforma chi ne entra in contatto in mostri deformi assetati di sangue.
Sulla base di simili premesse, ci troveremo a guidare Daryon e sua sorella Selene: spadaccino lui, maga lei. Inutile dire che attorno ai due si coagulerà un party d’eroi che non ci sta a chinare la testa. Di fatto, ne potremo portare in battaglia quattro alla volta. E proprio le battaglie sono forse l’aspetto più riuscito di Edge Of Eternity, dato che, pur chiamando alla memoria le impostazioni di Xenoblade Chronicles (i mostri sono ben visibili sul campo), se ne distanziano, provando a battere strade proprie.
Leggi anche: Astria Ascending, quando il JRPG è un capolavoro (almeno da vedere)
Si tratta di combattimenti a turni, da giocare lungo scacchiere: le armi solitamente prevedono la necessità di avvicinarsi al nemico, le magie invece possono essere scagliate da lontano. I maghi, però, dovranno essere protetti mentre saranno intenti a pronunciare l’incantesimo, mentre allo stesso modo sarà possibile spostarsi dalle caselle che stanno per essere investite dalla magia del nemico. Insomma, non tutto è così statico come parrebbe a una prima occhiata.
Il mondo di gioco, vero e proprio tributo al mondo di Xenoblade Chronicles, purtroppo non offre chissà quale esplorazione, non prevedendo la possibilità di scalare dirupi e oltrepassare un buon numero di limiti ‘naturali’.
Leggi anche: Recensione di Tales of Arise, su next gen torna un classico dei JRPG
Tutto questo semplifica enormemente la portata delle mappe stesse, che il più delle volte finiscono per essere un raccordo tra una città e l’altra, dandovi però la possibilità di salire di livello e raccogliere oggetti per il crafting. Fortunatamente la presenza dei nakaroo, enormi gattoni che fungeranno da destrieri (e all’occorrenza faranno le fusa!), consente di velocizzare gli spostamenti.
Due i limiti più evidenti di questa interessantissima produzione francese: da un lato un team di sole otto – tredici persone, dall’altro il fatto di aver usato Unity anziché l’Unreal Engine. Probabilmente, avessero sfruttato questo motore, non avremmo scritto quanto state per leggere, ovvero che graficamente il gioco è troppo altalenante e alterna stage di gran impatto ad altri decisamente più spogli e poveri di dettagli.
Allo stesso modo, i modelli poligonali dei personaggi risultano mediamente dettagliati se appartengono al party d’eroi, mentre nella maggior parte dei casi sono incredibilmente sciatti, perfino spigolosi, tanto da sembrare tratti da un gioco di una o due generazioni fa. L’immagine poco sopra dovrebbe essere esemplificativa. Allo stesso modo, pure le animazioni sono grezze e legnose. Tutto questo, a cascata, incide sulla qualità delle scene di intermezzo ed è un gran peccato, visto il peso che hanno i filmati nei JRPG e nello sviluppo della trama.
Quanto ai contenuti, è vero che le cose da fare sono tantissime, ma stringi-stringi le sub-quest chiedono di fare sempre le stesse cose. Per carità: parliamo di un Japan RPG sviluppato da 8/13 persone che in compenso riserva sorprese a non finire su altri dettagli, per esempio è davvero lodevole la possibilità di cambiare skin del personaggio a seconda dell’equipaggiamento. Viceversa delude l’impossibilità di far variare job al proprio eroe: chi nasce mago resta mago. Insomma, in tanti momenti è possibile avere la sensazione che la software house francese abbia fatto il passo più lungo della gamba.
Inutile dilungarci oltre con la disamina del videogioco. Abbiamo per le mani un prodotto canonico, che non innova troppo ma che, soprattutto, non aggiunge alla formula quel quid pluris che avrebbe potuto possedere un videogame sviluppato nel cuore dell’Europa e che invece si appiattisce troppo sull’anima nipponica. Sfidare colossi come Square-Enix e Monolith Soft, però, è una operazione kamikaze: probabilmente avremmo voluto un gioco più raccolto e più dettagliato, ma soprattutto con un maggior numero di idee originali del team francese. Anche così, con tutti i suoi limiti, Edge Of Eternity resta comunque un videogame di cui, da europei, essere fieri.