Onestamente, perdonami, speriamo, o mugugnare sono solo alcune delle parole che dobbiamo evitare di pronunciare nel nostro vocabolario lavorativo, perché risultano spesso controproducenti
Le parole sono importanti, diceva nel 1989 un giovanissimo Nanni Moretti in Palombella rossa. Lo sono ancora di più nel 2019, quando vengono utilizzate tutti i giorni nel nostro lavoro. Secondo un articolo pubblicato su Forbes, non sempre i termini molto usati nella nostra quotidianità risultano efficaci sul lavoro: al contrario alcuni utilizzati troppo di frequente diventano infatti da evitare, perché controproducenti.
Tutti noi ci teniamo molto ad essere percepiti sul luogo di lavoro come persone affidabili, eloquenti, intelligenti e credibili.
Dunque che si tratti di e-mail, telefonate, riunioni o call, abbiamo quotidianamente l’opportunità di poterlo dimostrare. Ma attenzione per poter essere percepiti nel modo desiderato, è necessario eliminare categoricamente questi termini dal nostro vocabolario professionale. Ecco dunque le 6 parole che sarebbe meglio evitare di pronunciare o scrive (e non solo).
Onestamente.
Un fenomeno assai diffuso nel parlare quotidiano è quello di inserire spesso e in modo meccanico nei nostri discorsi questa parola, che in realtà non avrebbe alcuna ragion d’essere.
L’espressione Onestamente, è spesso un intercalare, considerata quasi una chiave d’ingresso, per iniziare un qualunque discorso.
Molte persone alla ricerca di un lavoro usano questa parola quando devono iniziare il loro colloquio di lavoro. Tuttavia, l’inizio di una frase in questo modo può dare ai responsabili della funzione risorse umane l’impressione che forse le precedenti risposte non fossero così oneste.
Urgente.
Urgentissimo. È urgente, mi serve per ieri. Questa parola è spesso usata e abusata e nella maggiore parte dei casi (riconosciamolo) non implica una urgenza.
Che cosa vuol dire, infatti, urgente? Tra mezz’ora, un giorno, una settimana? Adesso? E soprattutto come dice il mio ex capo: è urgente per chi?
Evitiamo di abusare di questa parola in ufficio, perché il giorno in cui un lavoro sarà realmente urgente, a forza di dirlo o scriverlo in maiuscolo, nessuno ci darà più la priorità alta, attesa e necessaria.
Perdonami.
Quanto vi è familiare questa parola? E quante volte la sentiamo durante la giornata? Soprattutto per ricevere dei diplomatici NO: “Perdonami, mercoledì non posso esserci ho già un impegno”.
Si dice che le donne siano le più colpevoli nell’uso frequente e talvolta eccessivo di questa parola.
In realtà che si tratti di uomo o donna, tutti dovremmo smettere di scusarci per cose di cui in realtà non siamo veramente dispiaciuti. E preservare questo termine per delle “scuse sentite”.
Speriamo.
La cosa più normale che si possa fare sul luogo di lavoro non è tanto “sperare” quanto “fare”.
Detto ciò, la parola “speriamo” indica dunque una persona che non depone bene sull’affidabilità, ma che al contrario si affida alla divina provvidenza o agli altri. Senza determinare o essere determinante in prima persona circa la fattività della cosa.
Mugugnare.
Um, ah, tipo, giusto o sai cosa intendo. Un vecchio adagio dice: “Se non hai niente da dire, allora non dire niente”. E secondo Bernard Marr è assolutamente vero. Se non sapete cosa dire, scegliete il silenzio: è molto meglio del sentirvi mugugnare.
Um, ah, tipo, giusto o sai cosa intendo: sono le frasi o le parole usate per riempire aria fritta e frasi finali, ma sono anche gli assassini della nostra credibilità.
Inoltre c’è un’aggravante perché proprio queste parole sono spesso pronunciate involontariamente, il che significa che la maggior parte della gente non sa che le sta usando. Ma chi ascolta è la che spera passiate in modalità silenziosa.
Cose.
Questa è una tipica parola senza valore inerita ovunque e che a ben vedere può essere sostituita con espressioni più descrittive e significative.
Ad esempio, invece di chiedere. “Come vanno le cose con il nostro progetto?” possiamo porre una domanda più precisa tipo “Puoi aggiornarci circa l’andamento del cronoprogramma riguardo il nostro progetto?”
La domanda posta in questo modo in realtà oltre ad essere più chiara, risulta essere anche più completa e comporterà senz’altro una risposta più adeguata e probabilmente meno pressapochista.
Infine un altro esempio: in un colloquio o in una lettera di presentazione, invece di dire “ci sono molte cose che mi rendono un candidato appetibile e adeguato “, dì (e quindi descrivi, elenca, specifica) quali sono queste le cose!