Taiwan sfida il Giappone sul fronte dei “musou”. Chi si affermerà in questo particolare genere di videogiochi?
Uscito più o meno tre anni fa, Dusk Diver è un bizzarro miscuglio di generi, dal beat-em-up, all’action game spinto, con alcune componenti ruolistiche che lo fanno somigliare a un musou. Insomma, si va in giro a menare le mani, anche senza sapere il perché. E se non avete giocato il predecessore, non lo saprete davvero, dato che Dusk Diver 2, appena rilasciato su PlayStation 4, PS5 e Nintendo Switch, parte in media res e gronda di rimandi al primo titolo.
Dusk Diver 2, la nostra recensione
In effetti, per essere un gioco votato all’azione, Dusk Diver 2 dà anche troppo spazio alla trama e ai dialoghi. In più di un’occasione abbiamo saltato a piè pari le linee narrative sentendo l’esigenza di giocare, interrotti dall’ennesimo filmatino in-game.
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Per carità, quando si mette assieme un titolo dal character design così convincente, e quello di Dusk Diver 2 lo è davvero – basta osservare gli artwork qui attorno -, è giusto voler dare spessore ai personaggi e agli accadimenti, ma l’impressione, sulle prime, è quella di essere soverchiati da nomi, fatti, dettagli che tanto non ricorderemo.
Forte di un’atmosfera artistica che trae ispirazione da fumetti e cartoni nipponici, Dusk Diver 2 è in realtà sviluppato dalla startup taiwanese Wanin International, mentre l’intero gioco è ambientato (anche) nel quartiere Ximending di Taipei, sebbene i voli pindarici non manchino e vi permetteranno di visitare ambientazioni poco urbane.
Non vi diciamo nulla della sinossi che anima gli eventi, anche perché non siamo sicuri di averla compresa fino in fondo. Di più facile comprensione, invece, a dispetto delle tantissime schermate dimostrative zeppe di informazioni, il gameplay, che di fatto vi porta a fare pulizia dei mostri che infestano le aree che dovrete visitare.
Non tutto funziona alla perfezione: il sistema di combattimento non è profondo come si vorrebbe e la routine dei nemici risulta piuttosto limitata. Se a questo aggiungiamo che la costruzione di un party da far sviluppare e la gestione dell’inventario da aggiornare vengono castrate dalla possibilità di rivolgersi puntualmente al membro che fa più danni, facendolo avanzare come un carrarmato tra le file nemiche, i limiti delle meccaniche di gioco vengono presto a galla.
Anche la trasformazione, nei combattimenti, dei personaggi in versioni “super saiyan” (ehr) pare più un pretesto per fare apparire le eroine in costumi discinti (per chi non si accontentasse, c’è pure il DLC che aggiunge proprio quelli da mare e da piscina) piuttosto che un ulteriore elemento utile a conferire profondità strategica al tutto.
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Ma il titolo di Taiwan va comunque inteso come un musou e come tale giocato: inutile cercare chissà quale profondità, si menano le mani furiosamente, abbattendo la propria ira, in modo selvaggio, sul povero pad che verrà martoriato senza capire il perché. Un buon titolo per scaricare nervi e stress al termine di una giornata impegnativa, che può essere approcciato anche col “pilota automatico”. Ma chi cerca qualcosa di più profondo dovrebbe rivolgersi altrove.