L’inquietante opera prima della startup neozelandese che si compone di soli quattro creativi
Sirene che ammaliano i marinai, kraken che portano negli abissi intere navi, balene bianche che strappano gli arti a capitani coraggiosi… l’uomo ha sempre avuto paura del mare e le numerose leggende nate ai quattro angoli del globo su mostri e creature mitologiche ne sono la prova. Dredge ne è la naturale evoluzione e ci spiegherà perché sarebbe bene non pescare alcune bestie che riposano da millenni sui fondali marini…
Recensione di Dredge, dragando l’ignoto
Quando i quattro membri della startup neozelandese Black Salt Games ci hanno chiesto di salire sulla loro bagnarola per provare Dredge, lo abbiamo fatto senza troppa convinzione: i titoli di pesca non ci hanno mai conquistati. Sbagliavamo.
Intendiamoci, Dredge non è davvero un titolo di pesca: le fasi in cui occorre guidare il proprio battello nelle zone pescose e tirare su con la lenza il proprio guizzante bottino sono ridotte all’osso, un minigioco tanto semplice e ripetitivo quanto suadente e ammaliante. Perché, con maestria, il team neozelandese ha saputo ricamarci attorno un’avventura inquietante che pare uscita dai romanzi vittoriani di Edgar Allan Poe.
Un’avventura che ha inizio con il naufragio del nostro alter ego in un arcipelago di anime dannate e anche la nostra pare aver fatto la stessa fine: non impieghiamo tanto per capire difatti che sebbene siamo stati tratti in salvo dalle onde, restiamo con l’acqua alla gola, rappresentata dai debiti che il protagonista contrae per acquistare un peschereccio, una bagnarola che sta a malapena a galla (ma sarà profondamente potenziabile, tranquilli) e tentare una nuova vita. Ci si stabilisce insomma in quest’isoletta per nulla ospitale ignorando i consigli dei lugubri abitanti, che suggeriscono di levare l’ancora prima che il sole sia calato.
La notte è buia e piena di pericoli
Eh sì, perché le acque che bagnano l’arcipelago, quando la nebbia si alza, sembrano parecchio inquietanti. Ma, ovviamente, i pesci pregiati escono fuori di notte, quindi in men che non si dica ci ritroveremo con la canna in mano nel bel mezzo dell’oscurità. Avranno così inizio lugubre visioni e qualche studiato colpo di scena.
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È essenziale mantenere il controllo dell’indicatore del panico del pescatore, rappresentato sull’Hud da un occhio che si apre di notte e che si agita sempre di più quando dalla nebbia appariranno figure inquietanti (per ovvi motivi non vogliamo rovinarvi alcuna sorpresa): per non impazzire, bisognerà stare vicino a una fonte di luce o riposare nell’insediamento più vicino per recuperare le forze.
Ma Dredge è, a modo suo, anche un simulatore di pesca, appunto. Ecco allora che occorrerà gettare reti, posizionare trappole per granchi, pescare, dopodiché posizionare il proprio carico con cura a bordo (l’inventario è una sorta di Tetris: se non ordinerete il pescato dovrete ributtare parecchie creature in mare) sempre tenendo sotto gli occhi l’orologio. Questo perché, come detto, le specie migliori escono solo in determinati momenti della giornata (a voi scoprire quali), ma anche in quanto i prezzi più alti li strapperete solo vendendo merci fresche (almeno fino a quando non incontrerete chi reclama pesci marci…).
Tra mostri, allucinazioni, fantasmi e perigli marittimi di ogni tipo, un plauso agli sviluppatori per aver tratteggiato con altrettanta cura le personalità che vi attendono a terraferma, ugualmente inquietanti e sospette. Insomma, come avrete capito Dredge è davvero un titolo unico, l’ottimo debutto di una startup del videoludo che ce ne farà vedere delle belle.