La startup bolognese Trinity Team, al lavoro su Slaps and Beans 2, propone un metroidvania dall’impianto artistico di grande impatto. Abbiamo intervistato il Ceo, Gerardo Verna, per capire come è nato questo nuovo titolo. “Svilupparlo? Una serie incredibile di sfide”
A dispetto del nome, Trinity Team (ovvio omaggio al film Lo chiamavano Trinità e non poteva essere altrimenti), loro sono quattro: Gerardo Verna, Fabrizio Zagaglia, Manuel Labbate e Marco Agricola. “Da noi non comanda nessuno, siamo quattro teste, diversissime, discutiamo continuamente ma è un fatto positivo, parte del processo creativo”, racconta a StartupItalia Gerardo, amministratore delegato e co-fondatore.
“Andai a Roma, in casa Pedersoli, parlai a lungo del nostro progetto col figlio e col nipote di Bud, che era in casa, ma non osai chiedere se potevo incontrarlo”
La piccola software house emiliana si è fatta conoscere in tutto il mondo già cpl videogioco di debutto: Slaps and Beans che ha trasferito su PC e console le botte da orbi dei film di Bud Spencer e Terence Hill. Autofinanziato su Kickstarter (gli sviluppatori avevano fissato l’asticella a 130mila euro ma in totale sono arrivati a 212.557 euro), ha avuto una eco internazionale: “Abbiamo venduto tantissimo in Germania”, ricorda il co-founder della startup innovativa bolognese – “ma siamo andati benissimo pure in Ungheria, dove abbiamo scoperto che vanno matti per Bud e Terence: a Budapest c’è persino una statua in onore a Carlo Pedersoli. Buon riscontro anche negli States”.
Tanto che tutto è già pronto per un sequel, “arriverà tra marzo e aprile”, ci dicono da Trinity, anch’esso finanziato dal basso: target 200mila euro, raccolti sessantamila in più. “Noi pensavamo di aver chiuso con Bud e Terence – confessa Gerardo – ma poi un giorno Giuseppe Pedersoli, figlio di Bud, mi fa: allora questo seguito lo facciamo o no? Come potevamo dirgli di no?”.
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Lo sviluppo di Slaps & Beans, del resto, è strettamente legato alla famiglia Pedersoli: “Puoi prendere parte a un progetto simile, che chiama in causa tante licenze, cinematografiche e musicali, solo se hai la ‘protezione’ di Bud e Terence”, racconta il Ceo di Trinity Team, che ancora si commuove quando ricorda come partì tutto: “Andai a Roma, in casa Pedersoli, parlai a lungo di questo videogioco che volevamo sviluppare col figlio e col nipote di Bud, che era in casa, ma non osai chiedere se potevo incontrarlo. A ogni modo era felicissimo di questa nostra idea, fu lui che convinse Terence: per entrambi fu come tornare in scena, anche se virtualmente”.
C’era una volta The Darkest Tales…
Mentre ora, con The Darkest Tales, si cambia letteralmente registro, passando da un hack’n’slash a un platform un po’ metroidvania che ha vagamente qualcosa anche dei soulslike. “Siamo in quattro ed è giusto che a turno ciascuno presenti un progetto: questo è nato da Marco, ci abbiamo iniziato a lavorare tra il 2018 e il 2019: sono stati anni molto intensi”.
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L’idea alla base del progetto “era fare qualcosa di più grande: noi siamo in quattro, non abbiamo dipendenti; per il primo Slaps and Beans ci siamo avvalsi di alcuni freelance e in tutto hanno lavorato al gioco sette persone, più o meno lo stesso numero che lavoreranno al seguito. Con The Darkest Tales abbiamo raddoppiato il budget, ma pure il team”.
“Per noi – continua Gerardo – The Darkest Tales ha rappresentato una sfida dopo l’altra: non avevamo mai realizzato platform, nemmeno giochi con elementi 3D e non avevamo mai coordinato un team tanto grande”. Di mezzo pure una pandemia e una guerra: “il producer, 101XP, è russo e ovviamente questo ha influito sulla commercializzazione del gioco, che sarebbe dovuto uscire a inizio anno, non in autunno. E tra l’altro non siamo ancora riusciti a debuttare su PlayStation…”
Scivoloni a parte, The Darkest Tales è un’opera conturbante, una sorta di versione psicotica di Shrek (si viaggia infatti in un mondo delle favole reinterpretate per l’occasione: nei primi istanti di gioco ci si imbatte in una Cappuccetto Rosso intenta a… divorarsi il lupo), anche se Gerardo confida che i film di riferimento sono stati altri, “da Alien a Terminator, dei quali è possibile rinvenire diverse citazioni”, mentre a livello videoludico “è un po’ un misto tra Hollow Knight e Ori and the Blind Forest“.
Non tutto funziona perfettamente, a iniziare da una certa rigidità nei salti del personaggio, che a livello di animazioni finisce per stonare con l’altissima qualità degli scenari (a volte anche troppo dettagliati: si finisce per perdere di vista l’eroe o, peggio, i suoi nemici) e, sul fronte ludico, stona un po’ una difficoltà talvolta eccessiva, che richiede di eliminare spesso tutti i mostri di una zona solo per andare oltre, quando si potrebbe facilmente evitarli. Ma nulla esclude l’arrivo di patch per rifinire il tutto, proprio sulla scorta di queste prime recensioni e, soprattutto, del parere degli utenti.
I boss sono bellissimi, enormi e ottimamente caratterizzati. “Merito del nostro Manuel”, dice orgoglioso Gerardo, “che si è occupato del character design”. Peccato che i nemici comuni, invece, siano così poco variegati. Ma si tratta di difetti che non diminuiscono la caratura di The Darkest Tales. “Non avevamo alcuna esperienza per lo sviluppo di un videogioco del genere e molto lo abbiamo imparato strada facendo”. Una strada che, visto il successo di Slaps and Beans, l’attesa per il sequel e la qualità di The Darkest Tales, sarà senza dubbio molto, molto lunga.