Sviluppato da una startup italiana con sede a Ravenna, questo videogame ci insegna che la vita è davvero una partita coi dadi truccati
Con quello stile particolare, la presenza di una moltitudine di personaggi, l’ambientazione fantasy e il suo mondo ‘ad anello’, il bizzarro Dice Legacy ricorda proprio la serie TV de Il trono di Spade e, in particolare, la sua sigla. In realtà, ai tradimenti e alle cospirazioni di palazzo, il titolo sviluppato qui in Italia dai ragazzi guidati da Simone Daminato e Gian Paolo Vernocchi di DESTINYbit (software house fresca di acquisizione da parte di Amplifier Game Invest, equity investor del settore dei videogiochi) preferisce i tiri di dado. Sono infatti dadi i nostri sudditi, così come saranno dei dadi a decidere ogni nostra azione.
La vita? Una partita con dadi truc… di Dice Legacy
Benché il mondo di Dice Legacy sia così circolare che questa bizzarra civiltà sembra essersi sviluppata all’interno di un anello di Sonic, tutto il gameplay del gioco poggia sulle facce squadrate e levigate dei dadi. Dadi che, come si anticipava, ci permetteranno di fare qualsiasi azione (il nostro scopo sarà far fiorire una civiltà che tenta di colonizzare un nuovo mondo): potranno persino ‘sposarsi’ e… morire. Sì, perché, dopo un certo numero di utilizzi, la nera mietitrice porterà via con sé il fedele servitore, giunto al termine dei suoi lanci.
Il dado è tratto, anzi morto
Se raccontato così Dice Legacy vi sembra complesso… sappiate che è solo la punta dell’iceberg. Anzi, del dado. Per costruire determinati edifici avrete bisogno di trasformare dadi in altri dadi ad hoc (per esempio, un dado villico, di campagna, in un dado cittadino) ma anche questa azione richiede infrastrutture apposite (continuando l’esempio di prima, una scuola).
Per evitare che i vostri sudditi muoiano in massa nel tentativo di compiacervi seguendo le vostre indicazioni, dovrete continuare a foraggiarli, investendo risorse nell’acquisizione di prodotti derivanti dai campi e dall’ars venatoria. Ma anche qui, le meccaniche sono assai più complesse, visto che oltre al cibo, serviranno pure scorte di birra per tenere alto il morale dei sudditi e una buona dose di erbe medicinali, soprattutto in vista di battaglie o epidemie stagionali.
Non si può davvero dire che i ragazzi di Ravenna non abbiano curato il loro videogame: l’alternarsi delle stagioni, infatti, non solo sarà scenico, ma vi costringerà a pianificare ulteriormente le vostre mosse, dovendo fare scorte di risorse quando fa caldo da usare quando sarà impossibile uscire. Finire la legna nel cuore dell’inverno, per esempio, significherà veder congelare i propri amati dadi: non moriranno, ma per tornare a usarli dovrete attendere il disgelo primaverile… Ma che succederebbe se, nel mentre, una popolazione confinante decidesse di attaccarvi?
Insomma, ogni capitoletto ludico presente in Dice Legacy è in realtà assai più approfondito di quanto non sembri di primo acchito. Peccato che tutto questo incedere per gradi, programmando, elaborando strategie, confligga poi fortemente con la casualità data dai tiri di dado, che trasforma tutto in una partita al casinò, con una aleatorietà assai alta, capace di distruggere con un paio di tiri sfortunati ogni vostra speranza. Ma la vita, in fondo, è anche questo: un sacco di bei progetti che si sfarinano per colpa della sorte avversa. Peccato pure – già che siamo nella parte delle lamentele -, che il gioco, disponibile su PC e Nintendo Switch, sull’ibrida nipponica non sia di facilissima lettura, almeno in modalità portatile e rischi di farvi perdere più di una diottria.
Al netto di qualche aspetto che non ci ha convinto troppo e della sua impostazione “eccessivamente piciista” che lo rende un po’ scomodo per le partite in bus su Switch e più facilmente digeribile con l’accoppiata mouse e tastiera, Dice Legacy è davvero una bella sorpresa ed ennesima riprova che il mercato videoludico italiano è sempre più effervescente (anzi, correte a leggervi il nostro speciale sulle 147 persone che contano e da seguire nel mondo dei videogiochi in Italia).
Abbiamo apprezzato non solo la riuscita dell’impianto stilistico e la solidità di quello tecnico, ma soprattutto il tentativo di innovare la categoria dei city builder rendendo ‘visibili’ quegli algoritmi degli imprevisti e delle casualità che giochi del genere, solitamente, tengono sottotraccia. Qui, invece, in questa curiosa ma pure coraggiosa produzione italiana, appariranno sotto forma di dadi. Il risultato non è sempre perfetto, ma contribuisce a confezionare un prodotto unico nel suo genere.