Un indie nella sperduta campagna, tra erba alta e presenze inquietanti. Il gamer veste i panni di un esorcista con parecchia esperienza. Basterà?
Forse non esiste nulla di più spaventoso. Nell’immaginario collettivo una casa infestata dai fantasmi può suscitare qualche brivido lungo la schiena, ma se è il diavolo ad aver preso possesso degli ambienti la faccenda si fa davvero terrificante. Devil Inside Us: Roots of Evil, disponibile su tutte le console e su PC, è un avventura in prima persona votata alla narrazione e all’esplorazione di stanze e luoghi chiusi, dove ogni singolo oggetto può incutere timore e suggerire il segno di una presenza maligna. Sviluppato dalla software house indie brasiliana Mr Skull Game Studio, il titolo è un horror che ci fa vestire i panni di un coraggioso sacerdote.
A 74 anni Aughust Heylel è un esorcista esperto, ma con un serio problema riguardante la propria fede: non sa se crede davvero in Dio. Nulla di scioccante, ma come incipit lo abbiamo trovato un tantino prevedibile. Se non altro perché l’uomo è costretto presto a ricredersi. In quella casa aggrapparsi all’idea che esista Dio e che possa vincere sul male, beh, è quasi di vitale importanza.
Il gameplay di Devil Inside Us: Roots of Evil è essenziale e richiede al gamer un’esplorazione costante di una casa, sperduta nella campagna tra erba alta e il nulla attorno per chilometri e chilometri. Un set già visto, ma che comunque funziona. Purtroppo a livello grafico c’è un eccessivo ricorso alle tonalità scure: a perderne sono i dettagli e il contesto. Al buio, alla lunga, ci si abitua.
In Devil Inside Us: Roots of Evil c’è ovviamente traccia del sovrannaturale e dell’inspiegabile, ma non siamo di fronte a un titolo così efficace dal punto di vista della tensione. Per intenderci: P.T. è lontano anni luce. La ricerca della verità e della salvezza porta a un viaggio anche alla ricerca dei propri demoni. Insomma, un’esperienza sulla carta intrigante non sviluppata nel migliore dei modi.