Intervista esclusiva con Ivan Aimo, Ceo del marketplace che unisce fornitori di qualità e locali: “Gli stop & go non permettono di organizzarsi con regolarità, occorre che i primi vengano incontro a una domanda fluttuante permettendo anche ordini minimi più bassi e celerità”
Tempi duri, durissimi per l’Ho.Re.Ca., quel settore enorme che muove un pezzo fondamentale dell’economia italiana – nel 2019 un giro d’affari di quasi 90 miliardi di euro secondo Fipe – composto da hotellerie, ristoranti e caffè. Insomma, tutto l’ambito della ristorazione in senso ampio, dall’industria alberghiera a quella legata più strettamente ai locali, di qualsiasi livello. Da ormai oltre dieci mesi il paese viaggia – estate esclusa – fra lockdown e soprattutto sistema di restrizioni “a semaforo” introdotto lo scorso novembre che costringe i commercianti ai salti mortali per farsi trovare pronti alle riaperture e per gestire con razionalità le scorte di magazzino. Stesso discorso per i produttori, grandi e piccoli, che si confrontano con bisogni, ordini e necessità altalenanti e di conseguenza devono continuamente ricalibrare la produzione.
Che cos’è Deliveristo: già 300 fornitori per 15mila prodotti
Deliveristo, fondata nel 2017, interviene nel mezzo di questo complicato rapporto: da anni ha sviluppato una piattaforma online di delivery B2B che consente di semplificare la fornitura agli operatori tramite ordini e gestione digitale, direttamente dai produttori (di alto livello) e distributori. Da poco la società che ha ideato questo mercato virtuale ha chiuso un importante round d’investimento di Serie A da 4,5 milioni di euro con United Bentures Sgr Spa, fondo italiano di venture capital specializzato in tecnologie digitali. Un passaggio in equity che completa l’operazione iniziata dalla società lo scorso luglio con un pool di altri investitori, tra cui Iag, Gellify, Doorway, Seven-Angelomario Moratti, Metrica-Michele Novelli. I fondi serviranno a migliorare la piattaforma proprietaria, ad ampliare la struttura e a lanciare il business in modo più capillare a livello nazionale (al momento conta 300 fornitori per 15mila prodotti registrati e disponibili all’acquisto) ed europeo.
Penetrare le profondità del mondo B2B non è semplice come nel caso delle piattaforme che si rivolgono direttamente ai consumatori. Ma i punti di forza di Deliveristo sono tali che il marketplace delle eccellenze italiane – completamente in cloud – sta diventando un esempio di riferimento per il settore, anche perché fornisce in questa fase complicata soluzioni elastiche e intelligenti per consentire ai ristoratori di farsi trovare pronti a ogni cambio di zona da arancione o rossa (o, purtroppo, viceversa). Il meccanismo è infatti “drop-shipping” (cioè senza magazzino) e permette una gestione logistica flessibile ed economicamente vantaggiosa, nonché la possibilità per i ristoratori di trovare tutti i tipi di prodotto con un’ampiezza del catalogo potenzialmente infinita e un unico punto di fatturazione.
Deliveristo, fiore all’occhiello del foodtech italiano che accorcia le distanze riducendo costi, sprechi e avvicinando la qualità dei territori alle tavole degli italiani, raggiunge ristoranti moderni e tradizionali, stellati o popolari, e lavora anche con negozi e dark kitchen, che in questa fase di esplosione del delivery stanno crescendo a vista d’occhio. Di questo, e di molto altro, StartupItalia ha chiesto a Ivan Aimo, ceo e cofondatore della piattaforma, ex senior associate di Innogest ed MSc in ingegneria elettronica tra Torino, Grenoble, Losanna, Berkeley, Mba al Collège des Ingénieurs di Parigi. Insieme a lui al vertice della piattaforma ci sono Luca Calia (Coo), laurea in Giurisprudenza a Milano ed esperienze al Parlamento Europeo, al ministero per lo Sviluppo economico e ancora in Innogest e Gabriele Angeleri (Head of Sales), laurea in Giurisprudenza, due master in food & beverage, esperienze al Parlamento Ue e come bartender nell’hôtellerie di lusso.
Com’è cambiata Deliveristo in questi mesi e in che modo ha supportato produttori e ristoratori nel pieno del sistema “a semaforo” e dell’esplosione del delivery?
Deliveristo ha saputo stare al passo con la situazione, innovandosi e reinventadosi all’occasione, con l’unico obiettivo di affiancare produttori e ristoratori. Per questo, nonostante la nostra vocazione B2B, durante il primo lockdown ci siamo attivati per portare i prodotti di solito destinati ai ristoranti direttamente a casa delle persone. Tramite i portali dei nostri clienti chef, che hanno promosso l’iniziativa sui social con il messaggio “ricevi a casa i prodotti che eri abituato a gustare all’interno del nostro locale”, abbiamo lanciato “Deliveristoacasa”, un servizio B2B2C che ha fatto leva sul network dei nostri clienti ristoratori e ha permesso di lavorare, in piena pandemia, produttori da un lato e ristoratori dall’altro. In sintesi: i produttori hanno potuto vendere i prodotti presenti in piattaforma direttamente al consumatore finale tramite i portali dei nostri clienti ristoratori.
In questo ultimo periodo di zone “a semaforo”, i ristoratori sono invece messi a dura prova perché la situazione cambia costantemente, senza il giusto preavviso che permetterebbe loro di preparare a dovere la riapertura. Basti pensare a cosa è accaduto in occasione dell’ultimo Dpcm, con comunicazione il venerdì sera sul permesso di riapertura per il lunedì. In questi casi, la celerità è fondamentale e per supportare i nostri produttori e ristoratori siamo presenti con continui straordinari così da essere costantemente operativi, 24/24 e 7/7.
Perché un piccolo produttore o un ristorante di quartiere dovrebbero affidarsi a Deliveristo?
I vantaggi per i produttori sono davvero molti: dalla promozione commerciale che offriamo alla gestione e semplificazione operativa degli ordini, tramite servizio di assistenza e customer care. In particolare, con Deliveristo i fornitori hanno la sicurezza del pagamento e l’eliminazione del rischio di insoluto. Per quanto riguarda i ristoratori, la nostra piattaforma semplifica gli ordini grazie al digitale e permette così di risparmiare ore di tempo ed energie. Si semplifica tutto il processo amministrativo grazie a un unico interlocutore e unico punto di fatturazione, pur ordinando da un’infinità di fornitori e relativi prodotti (ad oggi più di 20mila). Infine offriamo un servizio di assistenza e consulenza sempre operativo, fornito principalmente da laureati in scienze gastronomiche a Pollenzo. Tutto questo, gratuitamente per il ristoratore.
Delivery e asporto: che esigenze impongono ai ristoratori queste modalità, le uniche possibili in molte regioni e di sera, rispetto al tradizionale servizio da sala? In altre parole, cosa vi chiedono i ristoranti di diverso rispetto al passato (elasticità, ordini più o meno contenuti, prodotti specifici…) e come rispondono i produttori?
Sicuramente, una maggiore elasticità nelle consegne. Le continue fluttuazioni non permettono infatti ai ristoratori di organizzarsi con la consueta regolarità, per cui occorre che i fornitori vengano incontro a una domanda irregolare permettendo anche ordini minimi più bassi e maggiore celerità.
Le dark kitchen: che peso hanno nella ragnatela della ristorazione italiana, sono molto diffuse?
Sono sempre più presenti, e questa pandemia non ha fatto altro che accelerare il processo. Stiamo anche assistendo alla nascita delle cosiddette Shared Kitchens o Cloud Kitchens, ovvero spazi condivisi posizionati in angoli strategici della città, ideali per gestire il flusso dei rider, che vengono affittati a chiunque voglia lanciare la propria dark kitchen. Oltre agli spazi, vengono forniti a chi affitta anche tutti gli strumenti fisici e i servizi digitali necessari, già integrati, utili ad ottimizzare la gestione ordinaria. Solo negli ultimi mesi, in Italia stanno partendo e abbiamo ricevuto richiesta di partnership da 4 piattaforme di Cloud Kitchens. Il primo ad aver dato via al movimento è stato sicuramente Travis Kalanick a Los Angeles, già Ceo di Uber, con una raccolta di 400 milioni di dollari nel 2019 aduna valutazione di 5 miliardi di euro a meno di due anni dalla costituzione della sua CloudKitchens.