Cosa hanno combinato questa volta gli sviluppatori francesi di Dishonored? Scopriamolo (e riscopriamolo, e riscopriamolo, e riscopriamolo… in un loop senza fine) assieme
Se pensate che con questa recensione vi parleremo del solito sparattutto in prima persona, sbagliate di grosso: Deathloop è molto di più. Lo avevamo già intuito dai numerosi trailer, lo ha confermato la versione definitiva del gioco, nientemeno che la Deluxe, che ci è stata recapitata.
Tutto ha inizio sulla spiaggia…
Ci risveglieremo distesi su una spiaggia e molto presto incontreremo una donna avvenente e intrigante: Julianna. Ma scordatevi di veder andare in scena, in salsa futuristica, il romantico e casuale rendez-vous tra Ulisse e Nausicaa. O tra Link e Marin, se siete cresciuti su ben altri classici (a proposito, qui la nostra recensione di The Legend of Zelda A Link’s Awakening per Switch). Julianna è lì solo per farvi la pelle, ma voi ancora non lo sapete… Se ci riuscirà, comunque, poco male, perché vi ritroverete nuovamente distesi sulla spiaggia, pronti a provare di nuovo a evadere dalla prigione in cui, non sapete come, siete stati buttati.
Molto presto scoprirete che questa prigione non è solo un luogo fisico, che corrisponde all’isola di Blackreef, ma anche temporale: un giorno della Marmotta (mai visto il meraviglioso Ricomincio da capo di Harold Ramis con Bill Murray?) mortale in cui sarete condannati a rivivere per sempre lo stesso giorno. E la morte, come vuole l’anima parzialmente roguelike del titolo francese, non vi salverà da questo ergastolo. Non la vostra, almeno.
Una recensione ciclica per Deathloop
A quanto pare esiste infatti una via di fuga: ripulire le quattro macrozone dell’isola (Complesso, Updaam, Baia di Karl e Fristad Rock) dai Visionari, gli spietati artefici di questo loop temporale che dovrete spezzare. Ovviamente nell’arco di una sola giornata, perché al canto del gallo tutto sarà resettato e voi costretti a ripartire dalla spiaggia.
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Qualcosa di molto simile a Zelda – Majora’s Mask, insomma, anche perché le prime partite serviranno da tutorial: è impossibile finire il gioco appena lo avrete avviato: dovrete invece necessariamente passare per le forche caudine di tentativi falliti e morti improvvise che, a loro modo, sapranno arricchirvi e vi daranno il necessario, di volta in volta, per arrivare un pochino più in là. Si raccolgono indizi, password, le routine dei propri bersagli, informazioni vitali che verranno salvate nella memoria e non potranno più essere cancellate al momento del reset quotidiano, quando vi trasformerete in Cenerentola e svanirete come d’incanto. Attenzione, però: non potrete portare tutto nei vostri loop temporali.
In compenso, grazie a piastrine installabili sul personaggio o sulle armi, da sottrarre ai nemici (le più potenti le hanno ovviamente i boss) modificherete via via il vostro alter ego, rendendolo più affine al vostro approccio al gioco (stealth o brutale) e dotandolo di nuovi poteri, che poi sono la dorsale del divertimento offerto dai ragazzi francesi di Arkane Studios. Una profondità inattesa, in un gioco che vi costringe a ripetere sempre e solo la stessa giornata ma, come avrete ormai capito da questa recensione, Deathloop è così: molto più complesso rispetto ai canonici FPS.
E poi c’è Julianna, che vuol dire anche “multiplayer”: sarà possibile impersonarla e provare a ostacolare/infastidire gli altri giocatori alle prese con l’evasione, oppure saranno gli altri a infilarsi nella nostra partita. È dannatamente potente, una sorta di Nemesis (Resident Evil 3) che piomberà all’improvviso ovunque siamo, dandovi ben poche possibilità di uscirne vivi: o si hackerano apposite torrette, o la si passa per le armi (il solo vantaggio che avrete su di lei sarà nel numero di vite prima di dover riniziare daccapo: quattro contro una).
Completa il tutto lo stile sopra le righe, visivamente un po’ XIII, un po’ TimeSplitters (qualcuno se li ricorda ancora?) che rende Deathloop più simile a un fumetto che non a un videogame. La direzione artistica di Sébastien Mitton, insomma, fa la sua figura e permette di passare sopra più di una sbavatura grafica e nel campo dell’IA.
Per il resto, anche se la produzione francese non ha reso Blackreef viva e brulicante come la Termina di Zelda – Majora’s Mask (dove a ogni ora del giorno e della notte, per ben 72 ore, potevate osservare i numerosi comprimari intenti in attività differenti), regala numerose soddisfazioni vedere che certe zone saranno accessibili sono in determinati momenti (una grotta a pelo d’acqua rischia di finire sommersa dalla marea) e non tutti i vostri obiettivi resteranno ad attendervi negli stessi posti, aumentando la rigiocabilità, ma soprattutto, la necessità di raccogliere su di loro e sui loro spostamenti informazioni più dettagliate, se vorrete farli fuori senza finire in trappola.
Insomma, Deathloop è esattamente ciò che era parso nei trailer di presentazione: un prodotto originale, innovativo, a tratti anche parecchio coraggioso. Tutt’altro che perfetto, soprattutto per come reagisce l’IA nemica e per come traballano i frame, ma godibile dall’alba al tramonto, anzi, per tutte le albe e i tramonti che si succederanno, ripetendosi, finché non riuscirete a finirlo.