Jaws, Voice Over, ma anche i display braille: il social network di Zuckerberg raccontato da un non vedente. «Per me, e penso anche per tutti i disabili visivi, Facebook ha sicuramente una funzione di abbattimento delle barriere»
Luciano ha 36 anni, vive e lavora a Roma ed è un non vedente completo, «un cieco puro» come si definisce lui stesso, fin dalla nascita. L’ho conosciuto su Facebook, social su cui è iscritto dal 2009 e per il quale individua pro e contro, speranze e disillusioni.
«Le cose positive sono molte, e riguardano, com’è ovvio, una comunicazione più immediata con un gran numero di persone, attività, enti. Su Facebook ormai si trova di tutto, dal profilo del tuo migliore amico alla pagina del ristorante o del medico specialista, della tua scuola di musica, del centro estetico… un fatto che può risultare comodo anche a un non vedente completo, certo.
Per me, e penso anche per tutti i disabili visivi, Facebook ha sicuramente una funzione di abbattimento delle barriere
, e dunque di avvicinamento in senso ampio, ma questo può essere piacevole se sai chi sono le persone con le quali comunichi e se questo è l’unico modo per poterle sentire più vicine… altrimenti, per un non vedente, Facebook sarebbe un qualcosa di vuoto e completamente astratto, un ammasso di parole e di frasi lette dalla sintesi vocale del PC o dell’iPhone».
Quali sono gli strumenti che usi?
«Innanzitutto il lettore schermo, che è un programma software: il più usato è il Jaws, che legge tutto quello che appare sullo schermo e che esiste in quasi tutte le lingue. Parla attraverso delle voci sintetiche, ognuno può utilizzare quella che preferisce: sono voci sia maschili che femminili, di qualità abbastanza buona, quasi umana. I prodotti Apple hanno questo sistema già installato: il Voiceover. Per questo motivo i ciechi usano quasi esclusivamente gli iPhone, che hanno segnato una vera e propria svolta epocale: con l’avvento degli smarthphone saremmo stati completamente tagliati fuori, invece adesso riusciamo a usare lo smartphone quasi allo stesso modo di un vedente, ci facciamo di tutto grazie pure a delle app create a posta.
Riguardo poi i PC, esistono i display braille, che sono dei dispositivi che trasformano il testo in braille informatico, da leggere sempre tattilmente: ovviamente, anziché su carta, su una riga metallica, e anche questo in tutte le lingue, dalle idiografiche fonetizzate del cinese fino al greco antico: io l’ho utilizzato largamente all’università e lo utilizzo anche adesso per lavoro. Discorso a parte invece per gli ipovedenti, ossia persone che hanno un bassissimo residuo visivo, generalmente intorno a un decimo in entrambi gli occhi, in certi casi solo in uno, e per i quali esistono dei programmi di video scrittura ingrandita, a volte anche fino a caratteri tipo 28-30, e dei sistemi di contrasto».
C’è qualcosa che va perduto? Che significa cioè per un non vedente avere a che fare con un sistema che si basa per lo più sulla sollecitazione visiva? Parlo delle combinazioni dei colori, fatte apposta per attirare l’attenzione, e delle continue novità della messaggistica, degli spazi pubblicitari sempre più invadenti… tutto questo ti è precluso. Che percezione si ha in questo modo del vero e proprio tritacarne (io lo immagino metaforicamente così) che è Facebook?
«È verissimo che si perde molto, ma è vero pure che un non vedente si perde la parte peggiore di Facebook, che poi è la maggior parte: bella sicuramente da vedere, ma è proprio quella più deleteria, ossia quella fa letteralmente perdere il contatto con la realtà. Si cancella l’aspetto davvero comunicativo, il dialogo, l’espressione sincera».
E per le foto? Come riesci a vederle?
«Il sistema fa una sommaria descrizione di quello che una foto contiene. Non è male, ma mi piacerebbe in futuro avere a disposizione altre funzioni, una grafica che possa veicolare anche altri contenuti, di carattere educativo, etico e didattico, magari inseriti direttamente dai loro creatori e gestori».
Se dovessi trarre un bilancio? Delle nuove prospettive che offre la tecnologia ai non vedenti, in questo caso Facebook…
«Sai, io sono relativamente giovane, l’informatica era già presente nella mia adolescenza. E però che in così pochi anni arrivassimo a questi livelli di utilizzo, e a questo genere di comunicazione, devo dirti che non me lo aspettavo, ma sinceramente, benché io ne faccia largo uso, e nella mia situazione ciò mi faciliti molto le cose anche per la professione che svolgo, non ne sono particolarmente contento. Il discorso della scrittura sarebbe lungo e complesso… ti dico solo che il braille è per un cieco dalla nascita e che ha appreso questo sistema in età scolare, quello che per un vedente è scrivere con carta e penna, anzi il cieco veramente tocca le parole. Ora si è ovviato con il braille informatico: ma naturalmente non è la stessa cosa leggere un testo in greco, o l’Inferno di Dante, mettiamo, su un enorme volume braille cartaceo, e leggerlo su una riga di metallo fredda collegata a un PC. Il braille ha poi ha caratteristiche particolari, occupa molto spazio. Il rapporto è più o meno di una pagina in nero a tre in braille; un libro medio di 300 pagine in braille viene cinque volumi, questo perché è basato su 6 punti, e questi punti formano 64 combinazioni, che costituiscono il sistema. Sicuramente, per i braillisti e specie per gli umanisti ciechi, che poi siamo la maggior parte insieme ai musicisti, Facebook e l’informatica in genere è fonte di una certa delusione, e di una certa sconfitta, ma siamo in qualche misura ripagati dal fatto che adesso possiamo leggere quello che vogliamo alla pari dei vedenti».