Siamo stati nei nuovi uffici della software house milanese, alle prese con racing ma anche survival game
Uno su mille ce la fa, canta Gianni Morandi. Sembra una strofa dedicata alle tante, troppe startup innovative italiane che vogliono realizzare videogiochi ma devono scontrarsi contro il muro dell’accesso al credito. Questo, da oggi, non sarà più un problema per il team di Marco Ponte, che con la sua azienda, RaceWard Studio (RiMS Racing vi dice nulla? Nel caso, correte a leggere la recensione del nostro Alessandro), entra a far parte della grande famiglia francese di Nacon per costituire Nacon Studio Milan. Non si tratta di una filiale dell’etichetta d’Oltralpe, perché la software house italiana manterrà la propria identità accumulata in anni e anni di storia. Una storia che inizia ovviamente dalla costituzione di una startup innovativa, la Lunar Great Wall Studios, cui dobbiamo lo sfortunato Another Sight, come ci ha raccontato lo stesso Ponte, oggi CEO e Creative Director di Nacon Studio Milan.
“Siamo nati nel 2016, quando un gruppo di veterani dell’industria usciti da Milestone ha deciso di mettersi in proprio” – ricorda l’amministratore delegato della nuova software house, durante la nostra visita ai loro nuovi uffici in Corso Europa, a Milano, dove un tempo c’erano gli uffici di MTV, a due passi esatti da Piazza San Babila. “Abbiamo capito subito, però, che non sarebbe stato affatto facile, constatando una enorme difficoltà a trovare un publisher o un finanziatore. I business angels ci chiudevano le porte in faccia, quelli del mondo VC sorridevano se parlavamo di videogiochi… tant’è che abbiamo dovuto ricorrere al credito bancario”.
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La situazione raccontata da Marco Ponte è ben nota a Thalita Malagò, direttore generale di IIDEA, l’associazione di sviluppatori ed editori che, nel suo serrato dialogo con le istituzioni, in breve tempo è riuscita a ottenere la Tax Credit per i videogiochi e il Fondo First Playable. “Paradossalmente, è stato più semplice convincere il governo che i privati”, ammette la rappresentante della ‘confindustria del videoludo italiano’.
“Abbiamo riscontrato due diversi ordini di difficoltà – prosegue Thalita Malagò – da un lato i VC ammettono di non avere alcuna conoscenza del settore, quindi non hanno le competenze necessarie a valutare quando sono di fronte a un prodotto su cui vale la pena investire, ma dall’altro molti ragazzi fondano il proprio studio solo perché vogliono realizzare il loro videogioco, mentre non pensano a strutturare una startup, qualcosa che sia scalabile e che possa essere un investimento”.
“Quando abbiamo avviato la nostra startup – le fa eco, amareggiato, Ponte – avevamo preparato un business plan di 80 pagine. Era dettagliatissimo, ci eravamo rivolti a esperti del settore, ma poi se arrivi dagli investitori, fai il pitch e quando pronunci la parola ‘videogioco’ questi arricciano il naso, capisci che è tutto inutile…”
Ed è un vero peccato, dato che il mercato sta crescendo se si pensa che lo scorso anno solo in Italia ha generato un giro di affari di 2 miliardi e 243 milioni di euro mossi da 15,5 milioni di videogiocatori e stanno aumentando pure le software house battenti bandiera italiana: “Ormai sono 160 – spiega sempre la Dg di IIDEA – pochi anni fa l’80% era costituito da micro-imprese, ora un terzo è una piccola impresa. E il dato più confortante è che una su due intende assumere nei prossimi anni e si compone per il 79% da ragazzi sotto i 36 anni”.
Quel che conta è che l’ex startup alla fine ha trovato più di un publisher, anche se estero, fondendosi con una etichetta che negli anni ha acquisito via via sempre più importanza. Anzi, le varie traversie i ragazzi di Nacon Studio Milan se le appuntano al petto come medaglie: “Non era scontato che un gruppo di persone in soli cinque anni fondasse un’azienda che riuscisse a mantenersi solo coi prodotti che ha realizzato e riuscisse a farsi acquisire da una multinazionale con l’obiettivo di fare prodotti doppia A di un certo livello”, puntualizza con orgoglio Marco Ponte. “Ai francesi abbiamo fatto capire questo: che in Italia, investendo, si può creare un’azienda ambiziosa in pochissimo tempo rispetto ad altri mercati”.
Nacon Studio Milan resterà fucina di talenti italiani, come scherza Claudio Giacopazzi, Business Development Director: “Vogliamo fare una Basilico-n Valley: Marco è di Sanremo, io sono di Savona e c’è un terzo ragazzo del Genovese. La Liguria può dare tanto ai videogiochi”. Di certo, la realtà ora è cresciuta parecchio: “Nel momento più difficile eravamo rimasti in cinque, oggi siamo più di 50 e l’obiettivo è finire l’anno almeno in 70”. Nacon Studio Milan è al lavoro ovviamente su un altro racing, ma anche su un progetto inedito, super misterioso, che sarà svelato a luglio. Al momento possiamo soltanto dirvi che si tratta di un survival game dalle ambientazioni urbane post apocalittiche. L’impressione è che a breve sentiremo nuovamente parlare di Nacon Studio Milan.