Tutto quello che questo weekend vi impedirà di uscire e immergervi in attività sociali o all’aria aperta
Red Dead Redemption 2 – PS4, XBOX ONE, PC
Certo alla Rockstar nessuno può dirgli proprio nulla quanto a “creazione di un evento”. Red Dead Redemption 2 era atteso come il videogioco madre di tutti i videogiochi: e lo è.
Questo studio dalle ambizioni sconfinate che produce pochi titoli, ma ogni volta sono dei macigni giganteschi, ha consegnato l’ennesima meraviglia da 105 GB. In Red Dead Redemption 2 c’è l’immaginario americano tra il west classico, Sergio Leone e tantissimo Westworld (non per i robot, ma per l’impostazione che la serie rubava al primo titolo di questa che ora è una saga: e questo ri-ruba alla serie). Le dinamiche di successo di GTA erano già state spostate dagli anni delle auto a quelli dei cavalli e dei fucili, ma ora Red Dead Redemption sembra finalmente autonomo, non il parente in costume di GTA ma un gioco a sé. L’impostazione a “storie” e missioni ovviamente è quella, ma le dinamiche di gioco sono sempre diverse e l’anima è tutt’altra.
Ci sarebbe tantissimo da dire su quel che si può fare e come lo si possa fare: eppure come per GTA, Skyrim o Zelda: Breath Of The Wild, quello che stupisce e fa brillare gli occhi è la capacità di creare un mondo non solo grande ma in cui il giocatore voglia passare del tempo. Al di là delle singole missioni e di quanto siano appassionanti, il trionfo di Rockstar Games è che Red Dead Redemption 2 è un universo che spinge all’esplorazione.
È la vera nuova frontiera dei videogiochi: non solo far “giocare” i loro utenti ma coinvolgerli in quel processo di esplorazione e scoperta autonoma della propria esperienza che porta a risultati diversi per ognuno, imprevedibili anche per i creatori. Non è più nemmeno questione di “sentirsi dentro il West”, ma di avere davanti un luogo virtuale in cui si ha l’impressione di essere sempre i primi in assoluto ad aver scoperto un piccolo segreto.
House of Cards stagione 6 – Sky Atlantic
Tra decenni di questi anni ricorderemo principalmente la rimozione totale di Kevin Spacey dalla nostra memoria e dagli schermi.
Cancellato all’ultimo secondo da Tutti i soldi del mondo e sostituito con Christopher Plummer la questione era più complicata per House of Cards: ma non di meno la rimozione è stata scientifica. Un’operazione di un cinismo, una freddezza e inappellabilità quasi stalinista. Nel vedere la nuova sesta stagione la frizione tra realtà e finzione è fortissima. Frank Underwood esce di scena di botto, non lo vediamo un’ultima volta, non assistiamo alla sua dipartita dalla serie, la nuova stagione si presenta con l’assenza del suo protagonista e principale figura carismatica.
Eppure era lui che l’aveva elevato a show cruciale per il lancio di Netflix nel mondo (per diversi mesi è stata l’unica produzione originale di valore da citare) e da noi Sky ne aveva fatto un vanto. La TV di qualità con l’interprete migliore che negli ultimi anni si era dedicato quasi solo a quello con risultati straordinari. Gli scandali hanno fatto il miracolo: non solo questo giocatore determinante per la squadra scompare ma una donna prende il proscenio. Era un cambio atteso, da tempo la serie stava scivolando in quella direzione: ora diventa forzosamente e di colpo realtà.
Negli anni a venire questa rimozione la ricorderemo come l’episodio più clamoroso della piazza pulita avvenuta tra il 2017 e il 2018.