L’ex startup di Chicago è passata dal Macintosh alla next gen
Trenta sono tanti. E, nel mondo dei videogiochi, valgono più degli anni dei gatti. Quando nel 1991 Alexander Seropian ha dato vita a Bungie Software Products Corporation in una casa di Chicago, il settore gaming viaggiava su Game Boy, Sega Mega Drive e altre console oggi cimeli da museo (e da collezionisti). La software house che avrebbe legato il suo nome alla saga di Halo e di Destiny, e che negli ultimi tempi molti non addetti ai lavori hanno imparato a conoscere per maratone videoludiche di beneficienza, è nata sui banchi dell’università della città dell’Illinois. Qui Alexander ha conosciuto il programmatore Jason Jones e tra i due, come vogliono le storie migliori, è scattata la chimica.
Partire dalle basi: Pong
Non sono arrivati senza esperienza al primo videogioco sviluppato dalla Bungie Software Products Corporation. Alex, per esempio, si è fatto le ossa su un software di gioco che scimmiottava Pong, il primo videogioco della storia lanciato nel 1972. Gnop!, questo il nome dell’epigono (provate a leggerlo al contrario…), gli è valso qualche migliaio di copie vendute (a 15 dollari). Tesoretto che Seropian ha deciso di reinvestire. L’incontro con il collega di banco è stato però decisivo: Minotaur: The Labyrinths of Crete è uno dei primi titoli frutto della nuova startup del gaming, che in meno di dieci anni avrebbe attirato le attenzioni di Microsoft.
L’infanzia e DOOM
Fin dalle sue origini Bungie ha però fatto una scelta di campo precisa. Minotaur: The Labyrinths of Crete era un videogioco per Macintosh (stesso valeva per Gnop!). Sono gli anni in cui il fondatore di Apple, Steve Jobs, non ricopriva più alcun incarico (sarebbe ritornato nel 1997 per scrivere di nuovo la storia), ma nelle vicende di Bungie c’è spazio anche per lui. Stare con Apple e non con Microsoft non era comunque un dettaglio per la community. La software house di Seropian e Jones ha vissuto l’infanzia di Bungie cercando il proprio stile. Ma, nel 1993, un titolo in particolare ha scolpito nuove regole sulla pietra: stiamo parlando di DOOM, ancora oggi definito il re degli sparatutto. Impossibile far finta che non esistesse e infatti la serie fps Marathon di Bungie ne ha seguito rispettosamente le orme.
Quello sgarbo a Steve Jobs
Addio Halo, benvenuto Destiny
Il primo capitolo di Destiny è uscito nel 2014 (e pubblicato da Activision), ma per arrivare a quel traguardo la software house – che nel frattempo si è spostata a Seattle – ha impiegato anni per lo sviluppo e la creazione di un universo videoludico originale e credibile. La lore del titolo è un pozzo di nozioni, nomi e storie che fanno riferimento ai generi fantasy e fantascienza. Dentro il videogioco c’è tutta l’esperienza di Bungie, che non ha replicato quanto già visto in Halo, dove tutti hanno vissuto le stesse vicende della mascotte Master Chief. No, in questo caso il giocatore può scegliere qual è il suo alter ego in console, optando tra tre razze (umani, insonni, exo). Il risultato è qualcosa di sorprendente, ma che fin dall’inizio chiedeva alla community di accettare una condizione: Destiny sarebbe cresciuto anno dopo anno, aggiornamento dopo aggiornamento.
Per celebrare i 30 anni di Bungie, la software house ha deciso di mettere a disposizione un pacchetto celebrativo di contenuti per Destiny 2, il seguito uscito nel 2017. Il cantiere, come vedete, non ha mai chiuso. Ci teniamo però a chiudere questo approfondimento sulla storia dell’ex startup di Chicago ricordando anche le prese di posizione contro il razzismo e le discriminazioni, e le maratone gaming di beneficienza che Bungie ha organizzato. A metà aprile 2020, nel pieno della prima ondata pandemica, l’azienda è riuscita a raccogliere 350mila dollari da devolvere agli ospedali. E l’elenco di buone azioni potrebbe continuare. Esattamente come gli aggiornamenti di Destiny.