Sempre più startup innovative sono attratte dal fascino old school dei beat ‘em up
Cos’hanno in comune Final Fight, Cadillacs & Dinosaurs, The Simpsons, Knights of the Round, The King of Dragons, Teenage Mutant Ninja Turtles: Turtles in Time, Captain Commando e Streets of Rage? L’appartenenza a un genere, quello dei picchiaduro a scorrimento, o beat ‘em up, che è stato spazzato via dall’avvento della terza dimensione, esattamente come i dinosauri furono cancellati dal famigerato asteroide.
Intendiamoci, se non fosse arrivato il 3D, probabilmente sarebbero invecchiati presto lo stesso, sia per la semplicità del gameplay, sia perché offrivano stereotipi nipponici di una società statunitense che ormai non esiste più. All’epoca, cioè tra la fine degli anni ’70 e l’inizio della decade successiva, infatti, New York, Seattle e Los Angeles erano città violente, dove i teppisti si radunavano spesso in strada per darsele di santa ragione e tutto ciò scioccava i giapponesi, che appunto ci sviluppavano titoli su titoli.
Oggigiorno una scazzottata sul Sunset Boulevard di LA o in una metro di New York farebbe solo sorridere, perché non corrisponderebbe alla realtà: andrebbero allora ambientati nel terzo mondo, o in Sud America, facendo però fioccare non poche polemiche… Resta il fatto che ogni tanto qualche software house prova lo stesso a farci rivivere quegli anni trascorsi, coraggiosamente, a menare delinquenti nelle… ehm, sale giochi: di recente abbiamo recensito Street of Rage 4 e Mad Street. Qualche anno fa pure l’Italia disse la sua, con Slaps and Beans, dedicato ai mitici Bud Spencer e Terence Hill e alle loro intramontabili avventure cinematografiche (qui intervistammo gli sviluppatori). A breve dovrebbe pure arrivare un seguito, che attendiamo con ansia.
Ora è il turno di Breakneck City
Sviluppato da Renegade Sector Games su PC (Steam), PS4, PlayStation 5, Switch, Xbox One, Xbox Series X|S e prodotto da eastasiasoft, Breakneck City vi mette nei panni da yoga di due pulzelle tutt’altro che gentili intenzionate a fracassare nasi, spostare zigomi a suon di cazzotti, far volare denti e menare calci proprio là, dove fa più male.
E questo non perché le due siano impazzite, ma perché Breakneck City è un picchiaduro a scorrimento vecchia scuola che ci chiede di menare il mondo come se non ci fosse un domani senza una reale motivazione alla base delle nostre infinite scazzottate. Rispetto a molti concorrenti, Breakneck City si affida alla terza dimensione: è una scelta peculiare, perché come abbiamo detto i beat ‘em up raggiunsero l’apice nell’epoca 2D, per poi sparire velocemente con l’avanzata dei poligoni. Si tratta comunque di un 3D scarno, primitivo, ancora visivamente legato alle due dimensioni, che a noi ha ricordato i limiti delle console a 32-bit, come la prima PlayStation o l’ancor meno potente Sega Saturn.
Quei limiti sopravvivono inalterati, in questa sorta di emulazione di un vecchio gioco mai esistito, così come ci sono pure i limiti derivanti dall’estrema ripetitività delle meccaniche di gioco: per questo consigliamo di affrontare le interminabili scazzottate in coop, in compagnia di un amico, perché da soli il divertimento scema piuttosto in fretta. Il gioco, in realtà, non vi darà modo di annoiarvi, perché è anche piuttosto breve. Sulle prime, però, infilare teppisti in cassonetti di rifiuti, usarli a mo’ di palle da bowling per fare strike con le cassette del pesce o sfruttarli come arieti per sfondare porte e vetrine, diverte parecchio e ci fa rivivere quelle emozioni provate anni fa, in rumorosissime e fumosissime sale giochi, quando salvavamo gli USA dalle gang…