Volare, oh-oh, planare, oh-oh, nel blu, dipinto di blu come quel pesce volante lassù
Ho trascorso buona parte del tempo in compagna di Bonito Days convinto che l’eroe fosse una sorta di bacarozzo, uno scarabeo alato capace di appallottolarsi e di spiccare il volo: solo poco prima di mettermi a scrivere questa recensione, guardando per bene l’artwork principale, ho realizzato che si tratta invece di un pesce volante (e che quelle due cose che gli pendono tra le gambe non siano… ehm… bargilli ma pinne), anche se tira le cuoia appena entra in contatto con l’acqua. E in effetti la fatica della startup britannica Studio Somewhere non è delle più comprensibili e non solo per via dell’aspetto del suo protagonista. Ma andiamo con ordine…
Difficile spiegare il concept alla base di Bonito Days. Come anticipavamo nel titolo, da un lato ci ha ricordato il Super Monkey Ball di Sega, dall’altro Pilotwings di Nintendo e ora vi diciamo perché. Dai titoli con le scimmiette imprigionate in biglie prende le fasi iniziali di ciascuno stage, in cui il nostro eroe è una pallina e deve percorrere, spesso a rotta di collo, percorsi più o meno lunghi, magari agguantando quanti più oggetti possibili, dato che conferiscono punti.
Arrivato a una rampa, però, avremo modo di fargli spiccare il volo. Lì, tra le nuvole, entriamo nei radar di Pilotwings, vuoi perché propone la stessa libertà d’azione a dir poco totale (si può andare praticamente ovunque, anche volare tanto per il gusto dell’esplorazione), vuoi perché si mantiene sui medesimi ritmi compassati e rilassati. Impossibile, dunque, non pensare alle discese in deltaplano del titolo giocato su Nintendo 64 e 3DS. Anche perché, esattamente come in quello, pure in Bonito Days le volate – o meglio: le planate – terminano sempre su un grosso bersaglio e ovviamente centrare il pallino al centro aumenterà i punti.
I controlli del personaggio, che può solo planare e deve state attento agli stalli (quando si vira verso l’alto e si cade verso terra come una pera cotta), ricordano parecchio pure le fasi di Super Mario 64 col cappello Ala (a proposito, se ve lo siete perso, qui la recensione di Super Mario 3D All-Stars): così come l’idraulico rossoblu, pure il nostro pesce volante non potrà stare in volo all’infinito e dovrà ritrovarsi nella prossimità del traguardo, quando sarà vinto dalla fatica.
La libertà d’azione, dicevamo, è totale, anche perché Bonito Days non contempla chissà quali obiettivi ludici, ma costellano il cielo che andremo a solcare piccoli cuoricini che, raccolti, incrementeranno il punteggio messo in tasca una volta terminato il livello. Se seguiti, questi oggetti da raccogliere tracciano vere e proprie traiettorie lungo le quali si troveranno power up utili a incrementare la velocità o maxi cuori che daranno ancora più punti. In quest’ottica, il gioco sviluppato da Cameron Shackleton e da Adam Westerman, diventa un po’ più sfidante e potrebbe essere un’idea allora giocarlo con due o tre amici, anche se, dobbiamo ammetterlo, capire ciò che accade sullo schermo diviso in split screen non è sempre agevole.
Per il resto, Bonito Days è più un’opera incompiuta, una fusione di generi non propriamente definita o comunque si configura come un arcade spicciolo, di poche pretese e privo di qualsivoglia profondità. A livello tecnico, è notevole che gli sviluppatori siano riusciti a fare di necessità virtù, proponendo tanto una soddisfacente resa estetica, quanto un buon numero di musichette, ora rilassanti, ora demenziali, ora pop e nipponiche. Se state cercando un titolo à la Super Monkey Ball ma dal ritmo assai più compassato, o se siete semplicemente in cerca di un titolo davvero indie, potrebbe essere il videogioco che fa per voi.