Tre sviluppatori di Ubisoft, Nathanaël Dufour, Laurent Bernier e Sebastien Nadeau, mollano tutto per fondare la loro startup. Ecco il risultato
Forse i nomi di Nathanaël Dufour, Laurent Bernier e Sebastien Nadeau non vi diranno nulla. Ma se vi dicessimo invece Far Cry, Assassin’s Creed e Prince Of Persia? Sono tre attori del mercato videoludico, quello tripla A che, stanchi del lavoro in una software house enorme come Ubisoft, hanno deciso di mettersi in proprio, fondando la loro startup innovativa: Breaking Walls. La loro opera prima, finanziata grazie ai fondi raccolti su Kickstarter, è AWAY The Survival Series, ed è stata appena ultimata. La domanda ora è: hanno fatto bene a lasciare la via vecchia per la nuova?
AWAY The Survival Series, la vita difficile del petauro
La risposta è… nì. Dopo aver giocato diverse ore con AWAY The Survival Series, immaginiamo che i tre canadesi (Nathanaël Dufour, Laurent Bernier e Sebastien Nadeau) abbiano compreso quanti soldi ci vogliano per sviluppare un buon videogioco. Facile, farlo dentro Ubisoft, che muove da sola capitali assai ingenti, ben più difficile quando occorre restare nel budget raccolto grazie ai fan. E infatti AWAY The Survival Series è, per quanto altamente scenico, un videogame ricco di situazioni appena abbozzate ma non ultimate.
Graficamente, abbiamo forse davanti un prodotto che potrebbe perfino passare per un tripla A o qualcosa di simile, ma tutto è, come dicevamo appena abbozzato. E allora ben presto si scopre che l’altra faccia della medaglia di un comparto grafico tanto dettagliato è l’assenza di cura su altri fronti: si cade nel vuoto perché lo scenario, di colpo, perde consistenza; la telecamera smette di seguirci, si resta incastrati negli elementi del fondale per l’assenza della dovuta attenzione in fase di testing.
Per non parlare poi dei glitch e dei bug: AWAY The Survival Series sarebbe dovuto essere un documentario videoludico, calarci nei panni di vari animali, tra cui quelli di un petauro, e farci scoprire, tra trovate forse troppo da film Disney (ne riparleremo), le asperità di ritrovarsi nel bel mezzo della catena alimentare. In realtà è più una antologia di errori commessi in fase di sviluppo. Durante le nostre prove è capitato che le animazioni del nostro petauro si bloccassero, e che il nostro roditore procedesse imbalsamato; che tutti i dettagli sparissero sostituiti da una accecante tinta color miele e che la telecamera smettesse di seguirci, diventando fissa come nei primi Resident Evil.
E sono solo i principali, perché è successo anche che i nemici si imbucassero nello scenario per sbucare fuori all’improvviso, che il tasto deputato all’attacco smettesse di rispondere e che un oggetto cruciale per proseguire sparisse nel nulla, condannandoci a ripetere dall’ultimo checkpoint. Ma, in onestà, glitch e bug a parte, l’essenza stessa del prodotto documentaristico è messa in dubbio da diverse scelte, stilistiche e non solo, come per esempio dalla presenza di animali fuori scala. I petauri dello zucchero, o scoiattoli volanti, sono roditori molto piccoli: stanno in un palmo della mano, ma già dalle prime fasi vi imbatterete in formiche grosse quanto il protagonista. In natura sarebbe impossibile. Stessa cosa dicasi per alcune vedove nere che, basta cercare un po’ su Internet, sono invece assai più piccole. Allo stesso modo, alcune derive nella sinossi, eccessivamente disneyane, allontanano il gioco dal taglio documentaristico.
Ma AWAY The Survival Series è un titolo studiato proprio per i giocatori più piccoli: connotato da messaggi naturalistici potenti e da una finalità educativa che non tarda a venire in superficie. Noi uomini siamo cattivi, stiamo distruggendo il pianeta e dobbiamo sentirci responsabili di tutte le disavventure che stanno occorrendo al piccolo petauro in balia dei cambiamenti climatici. Quindi, alla fine, un po’ di colpi di scena disneyani ci stanno pure, nell’impasto.
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AWAY The Survival Series, la vita difficile dello sviluppatore Indie
Frutto di uno sviluppo serrato durato due anni e di un budget di 135mila dollari canadesi, AWAY The Survival Series conta su un ottimo doppiaggio (un’unica voce, che in modo documentaristico sottolinea quanto accade su schermo) e su un’ottima colonna sonora, orchestrale, composta da Mike Raznick, che ha lavorato alla pluripremiata serie di documentari della BBC, Planet Earth II e Life.
L’esperienza di Nathanaël Dufour, Laurent Bernier e Sebastien Nadeau, tutt’altro che novizi nel settore, la si intravede soprattutto sul fronte artistico ed estetico: AWAY The Survival Series, almeno sulle console d’ultima generazione (su PS4 e Xbox One è tutto un po’ posticcio), regala colpi d’occhio capaci di costringervi a fermarvi un attimo solo per guardare il panorama. Certo, quando il percorso da seguire è uno solo, non è poi così difficile organizzare lo scenario in modo che gli scorci siano di qualità, ma nel campo Indie capita raramente.
Il titolo canadese ha diverse buone idee, tra cui la modalità di gioco libera, nella quale potrete calarvi nei panni di animali differenti, ma alla fine, come già si diceva all’inizio, tutto resta abbozzato e posticcio: mentre l’avventura del petauro è fin troppo guidata per essere fruibile da un giocatore che abbia superato i 12 anni, quella libera è fin troppo… libera e povera di accadimenti: difficilmente si avrà voglia di andare a zonzo senza una meta, soprattutto se un bug o un glitch possono saltar fuori all’improvviso e rovinarvi la partita.
Insomma, AWAY The Survival Series non è un brutto gioco, anzi, potenzialmente potrebbe essere un buon adventure e anche così piacerà già ai più piccoli. La sua finalità educativa, d’altro canto, ben calza a quel tipo di platea. Ma allo stato attuale abbisogna di un gran numero di patch e migliorie che aggiustino il tiro e ripuliscano il codice di gioco dai molteplici errorini più o meno insidiosi che vi aspettano a ogni piè sospinto: sanno essere più letali di qualsiasi predatore strisci nel sottobosco dell’isola del nostro petauro.