Dopo 15 anni di combattimenti all’arma bianca, parkour, peripezie funamboliche e assassinii inspiegabili, la serie Ubisoft ha il fiato corto?
In compagnia dell’antico e affascinante ordine fondato da Ubisoft abbiamo fatto scorribande in tutta l’Inghilterra (qui la recensione di Assassin’s Creed Valhalla), lungo i mari dei Caraibi e quelli del Nord (qui la recensione di Assassin’s Creed The Rebel Collection) e abbiamo ordito trame e congiure nella Firenze del Quattrocento e nella Roma del Cinquecento (qui la recensione di Assassin’s Creed The Ezio Collection), giusto per fermarsi agli ultimi capitoli usciti, perché di aneddoti storici ne avremmo molti di più. Dopo 15 anni di combattimenti all’arma bianca, peripezie funamboliche e assassinii inspiegabili, anche una simile serie di successo appare meno elastica e pronta alla prossima evoluzione lungo i tetti. Anche un assassino, insomma, può avere il fiatone. Per questo Assassin’s Creed Mirage è stato realizzato con la precisa intenzione di condensare l’esperienza di gioco trattenendo ciò che è l’essenza della saga senza più disperdersi in mille rivoli volti ad annacquare il gameplay. Ma con quale risultato?
La recensione di Assassin’s Creed Mirage
Intendiamoci, non siamo di fronte a un reboot della saga. Ma la volontà di tornare in Medio Oriente, di “ridurre” l’esperienza ludica a una sola grande città (Bagdad) tagliando fuori dalla porta l’open world e l’assenza dei soliti richiami agli altri capitoli (ce ne è uno all’inizio, dopodiché è come se si viaggiasse in un universo parallelo ai fatti conosciuti finora), fanno pensare che l’intenzione di Ubisoft fosse anche quella di ripartire da zero.
O comunque con un capitolo che si avvicinasse il più possibile al primissimo episodio. Assassin’s Creed Mirage è senz’altro un titolo “condensato” se paragonato alla vasta frontiera americana vissuta nel terzo capitolo, ai mari caraibici lungo i quali salpammo in Black Flag come pure alla brumosa Gran Bretagna messa a ferro e fuoco in Valhalla. Come diceva nonna, “meglio concentrarsi su poche cose e farle bene”. E allora ecco che in Assassin’s Creed Mirage viene esasperato il concetto stesso di essere un assassino, rendendo almeno su carta il gioco molto meno arcade di quanto non sia mai stato.
Alcuni esempi: come in GTA (letta la nostra recensione di Grand Theft Auto The Trilogy – The Definitive Edition?) è stato implementato un sistema di notorietà che inciderà parecchio sulla libertà concessa al giocatore. Finora bastava allontanarsi dalle guardie perché gli inseguitori dopo un po’ lasciassero perdere: adesso non è più così, almeno quando si è passato il segno. Spunteranno infatti avversari sempre più temibili che non rinunceranno alla nostra testa solo perché siamo scappati su un tetto o ci siamo nascosti nell’immancabile covone di fieno. Per allentare la tensione dovremo strappare i manifesti e corrompere i banditori.
Allo stesso modo, per andare avanti con la missione occorrerà potenziare il personaggio, apprendendo nuove tecniche, acquistando nuovi strumenti di morte, potenziando dai fabbri quelli già a disposizione e investendo una buona parte di quanto sgraffignato al mercato in armature, dato che i combattimenti aggiungono il valore della stamina che si erode a ogni mossa e schivata, rendendo Basim Ibn Ishaq almeno inizialmente uno degli assassini più deboli e meno propensi allo scontro della saga (o forse è la Baghdad del IX secolo a essere particolarmente pericolosa?).
Come si vede, il team francese ha preferito concentrare l’esperienza, ampliando però l’essenza. Non tutto, purtroppo, è perfetto, a iniziare dall’intelligenza artificiale, tallone d’Achille dell’intera serie e nuovamente alla sbarra in questo episodio: i nemici, specie al livello di difficoltà Normale, sono imbambolati, persi nei loro pensieri, finché nessuno dà l’allarme sgattaiolare alle loro spalle o ucciderli in silenzio è una passeggiata. Allo stesso modo i combattimenti non sono così tosti come le novità sulla stamina ci aveva fatto sperare e le attività per rinforzare il proprio alter ego o per azzerare la notorietà più che appassionanti risultano dilatorie rispetto alla trama principale. In compenso, le missioni sono divertenti e talvolta richiedono qualche trovata in più rispetto al confondersi tra la folla o scalare una facciata per entrare in un palazzo e compiere il proprio destino. Nonostante sia un capitolo a cavallo tra le due generazioni di console, disponibile tanto su PS4 quanto su PlayStation 5, su Xbox One e Xbox Series, Bagdad dona scorci notevoli e l’effetto sabbia sollevata dal vento ammalia. Tuttavia percorrere strade in groppa a un cammello, perdersi in affollati mercati borseggiando a destra e a manca e arrampicarsi lungo l’ennesimo minareto sono tutte azioni che non scaldano più il cuore come 15 anni fa, macchiate da fastidiose sensazioni di déjà vu. È insomma un Assassin’s Creed coi pregi e coi difetti classici della saga.