FromSoftware torna con un nuovo capitolo di una saga storica. La differenza sta tutta nella build: come potenzierete il vostro robot?
Per gli appassionati di trame fantascientifiche dalle spiccate tinte distopiche la saga di Armored Core regala gioie dalla fine degli anni Novanta. L’ultimo capitolo, Armored Core 6: Fires of Rubicon, è un esemplare che abbiamo provato sulla next gen di Xbox – il prodotto è disponibile anche su PS4, PS5 e PC – dove abbiamo messo le mani su mech a dir poco strabilianti tanto nella versatilità quanto nella potenza di fuoco. Per chi non si è mai cimentato con l’IP di FromSoftware niente panico: il videogioco si può affrontare senza ingombranti premesse sugli episodi precedenti. Basta aver chiaro lo spirito di fondo di una storia fatta di guerre, corporazioni, lotta per le risorse e giganteschi robot. Per gli uomini c’è poco spazio.
Armored Core 6, nuovo pianeta
Disponibile in italiano, Armored Core 6 introduce il gamer a uno scenario inedito per gli appassionati della saga. Siamo su Rubicon 3, un pianeta al di fuori del Sistema Solare e ultima frontiera per la caccia a risorse sempre più rare e preziose. Quella in questione si chiama Coral, altamente infiammabile. Il nostro atterraggio arriva qualche tempo dopo una terribile catastrofe innescata proprio dalla potenza incontrollabile di questa sostanza, che ha distrutto vita e infrastrutture.
Poco più di un anno fa vi raccontavamo di uno dei titoli di punta del 2022, Elden Ring. Armored Core 6 è distante anni luce dall’anima spietata alla Dark Souls del capolavoro di FromSoftware. In questo videogioco la software house nipponica ha senz’altro abbassato l’asticella della difficoltà, per consegnare molto alla svelta al gamer la sensazione di poter gestire e padroneggiare quella massa di acciaio e bocche di fuoco del proprio mech.
La trama di Armored Core 6 non è certamente delle più stratificate. L’ossatura dell’esperienza è costituita dalle missioni che si terminano e collezionano come perle di una collana, raggiungendo obiettivi e dedicando quel minimo di tempo ai sottotitoli e alle voci fuori campo che daranno il contesto e un assaggio di lore.
Una build per ogni occasione
A livello di gameplay Armored Core 6 richiede una modesta dose di impegno e regala momenti di libidine pura nel momento in cui si affronta la battaglia in campo aperto. Aprire il fuoco a volontà e volteggiare sopra scenari apocalittici rappresentano tentazioni in cui siamo inciampati più di una volta. Grazie alla sua tecnologia, il mech ha infatti la possibilità di decollare in maniera verticale fino a sollevarsi di parecchio, superando ogni tipo di ostacolo.
La differenza tra la vittoria e la sconfitta deriva tuttavia della build del proprio robot. Ogni elemento può essere aggiunto o tolto, personalizzato al meglio in vista degli scontri. Partendo dalle gambe del mech la casa offre un menu composto da gambe normali, a giunture invertite, a cui si aggiungono la soluzione quadrupede e quella con i cingolati. Ciascuna di queste opzioni vanta punti di forza e di debolezza, che andranno selezionati o messi da parte a seconda della situazione che andremo ad affrontare. Rilevanti poi la difesa energetica, cinetica ed esplosiva, il cranio e le braccia del mech.
Pur non essendo un open world, Armored Core 6 è un’esperienza sufficientemente densa e ricca di variabili, rappresentate soprattutto dai nemici. L’esplorazione vuole senz’altro la sua parte, ma non regge in termini di ore spese col pad in mano con i combattimenti con armi da fuoco o mech-a-mech.
A livello grafico Armored Core 6 è un titolo più che discreto. Le ambientazioni post apocalittiche e sci-fi sono originali e piene di dettagli. In virtù delle lunghe distanze che riusciremo a battere in pochi secondi grazie alla velocità del nostro mech, i paesaggi non saranno analizzabili in ogni aspetto, ma è un vero piacere ammirarli quasi come a bordo di un’auto che sfreccia solitaria su un’autostrada che taglia in due un mondo devastato.