Frictional Games torna e si supera. Dopo Rebirth preparatevi ad affrontare il mostro
La Grande Guerra fa da sfondo a diversi videogiochi che abbiamo recensito sul nostro magazine. Quella che è passata alla memoria come l’inutile strage – così la definì Papa Benedetto XV – è una delle pagine più tragiche del Novecento, studiata sia sui libri sia in console grazie alla bravura e alla ricerca di software house che inseriscono elementi storiografici tra le righe di codice. Amnesia: The Bunker, ultima fatica della software house indie svedese Frictional Games, ci mette nei panni di un soldato, Henri Clément, che attraversa le strettoie angoscianti di una trincea per poi precipitare in un burrone di angoscia se possibile ancora più terribile.
Abbiamo avuto per le mani titoli indie in cui la Guerra Mondiale e in particolare le trincee sono lo scenario di avventure videoludiche popolate da mostri. Ci viene in mente Trenches. Tuttavia in Amnesia: The Bunker ci sono troppi elementi che alzano l’asticella della qualità e della tensione, senza mai abituare il gamer alla paura che, passo dopo passo, viene sceneggiata in maniera autentica.
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Frictional Games si era già distinto in maniera convincente nel predecessore, Amnesia Rebirth, dove però avevamo ravvisato limiti grafici. Nel nuovo capitolo della saga, l’esperienza è graficamente migliorata, così come il gameplay, sul quale in molti si sono spinti in arditi paragoni con i campioni della classe (sì, il riferimento è al mostro sacro Resident Evil di Capcom).
In Amnesia: The Bunker non ci sono nemici, ma un temibile nemico. Il mostro, sul quale non anticipiamo nulla, è una creatura decisamente più forte di noi, a proprio agio all’interno di una struttura sotterranea claustrofobica, in cui una fitta rete di corridoi porta a stanze e luoghi dove possiamo raccogliere risorse, studiare una strategia di sopravvivenza e conoscere più a fondo la lore del titolo.
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Come survival horror Amnesia: The Bunker ci dà in mano una pistola e pochissimi colpi a disposizione. Le ferite che subiremo non saranno soltanto visibili nel sangue sulle mani o nella visuale arrossata che rallenterà i movimenti. Dietro di noi ogni passo, anche il più felpato, lascerà tracce inquietanti di sangue, che condurranno il mostro molto più velocemente sulle nostre tracce.
Nel videogioco che cerca di riscrivere le regole dell’horror nel panorama indie (e non solo) sono previste anche fasi di esplorazione, con enigmi ambientali e missioni vitali. Occorrerà sbloccare determinate porte, così come assicurarsi che il bunker sia minimamente illuminato, grazie a un malandato generatore che funziona a carburante. Quando quest’ultimo sta per esaurirsi significa che dobbiamo iniziare a preoccuparci sul serio. Il mostro odia la luce, ma per fortuna sua dura davvero poco. Ed è subito buio.
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I blackout in Amnesia: The Bunker sono la regola e costringono il gamer a ricorrere a una torcia la cui fioca luce ci orienterà senza però mai farci sentire al sicuro. L’audio design del titolo è l’altro comparto che determina la notevole qualità del videogioco. I rumori – di ogni tipo – sono una melodia incessante fatta apposta per tenere alta la tensione. Non ci sono gli scontati jump scare, stratagemma troppo comodo e ripetitivo per incutere paura. Se riuscirete a raggiungere i titoli di coda di Amnesia: The Bunker avrete completato una delle esperienze più angoscianti che una startup del gaming sia mai riuscita a confezionare.