Siamo al cospetto del vero erede di Eternal Darkness? I ragazzi della software house indipendente svedese Frictional Games hanno fatto il miracolo
C’erano una volta le saghe di Silent Hill, Alone in the Dark e Resident Evil. Era il periodo in cui il filone horror era territorio esclusivo delle major, che lo hanno dissanguato e bistrattato. Perché, diciamocelo, con il progredire dei capitoli tutte queste serie hanno preferito accelerare sulle componenti action sacrificando l’atmosfera. Poi, nel 2002, uno sviluppatore semi sconosciuto e purtroppo ormai defunto (Silicon Knights, responsabile anche di Too Human per X-Box 360) se ne uscì fuori con un titolo in esclusiva per Nintendo GameCube capace di riscrivere parte degli stilemi classici: Eternal Darkness: Sanity’s Requiem. Si trattava di un gioco unico, in cui più che i mostri si combattevano le paure e le allucinazioni del proprio alter ego. Concept ignorato dalle grandi etichette del settore, è stato invece preso a modello da tantissimi studi indipendenti e, tra questi, soprattutto dai ragazzi di Frictional Games che con Amnesia Rebirth sono forse riusciti finalmente a dare al mondo il degno erede di Eternal Darkness.
Frictional Games, startup innovativa svedese capeggiata da Thomas Grip e Jens Nilsson non è certo nuova agli horror psicologici. Anzi, si può dire che finora non abbia sviluppato altro, tra la saga Penumbra, il vecchio Soma e i passati capitoli della serie Amnesia. Con Amnesia Rebirth, Frictional Games ha però raggiunto vette particolarmente eccelse. Non in campo tecnico, dove anzi in più occasioni le limitazioni della grafica stridono con l’atmosfera che il gioco vorrebbe e potrebbe raggiungere, quanto in campo ludico.
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Da soli, nel buio
In Amnesia Rebirth sarà piuttosto il gioco a giocare con noi, prendendosi gioco delle nostre paure e di ciò che ci sarà sembrato di scorgere. L’intera avventura è stata infatti studiata per non farci mai tranquillizzare per un solo attimo. Impossibile pensare di prendere fiato. Il più delle volte il mostro nemmeno c’è o si vede. Il più grande limite di questa recensione è non poter descrivere scene o frammenti di trama per non spoilerarvi nulla. Per questo vi chiediamo di crederci sulla parola e di spiluccare i video che abbiamo messo per avere idea di ciò che vi aspetta. La sinossi comunque avrà un peso fondamentale e vi avvolgerà nelle sue spire, spiegandovi passo dopo passo le tante stranezze che noterete fin dall’inizio della partita.
Le sole cose che possiamo dirvi riguardano il prologo: vi calerete nei panni della dottoressa Tasi Trianon, una studiosa francese appassionata di disegno e archeologia. Fin dalle prime battute si intuisce che c’è qualcosa del suo passato che la traumatizza ancora oggi, tanto da farle avere attacchi di panico appena si trova da sola al buio. È sposata con un collega, il professor Salim. I due stanno compiendo un viaggio di lavoro in Algeria per compiere degli studi su di un sito archeologico appena rinvenuto.
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L’aereo su cui viaggiano però precipita per l’avaria di un motore e Tasi, quando finalmente rinviene, è sola in mezzo a ciò che resta della carlinga. Dove sono finiti tutti? Perché nemmeno suo marito l’ha aspettata? Seguendo le tracce dei suoi compagni di viaggio arriva a una grotta: là scorge un accampamento abbandonato da poco: con ogni probabilità Salim e gli altri si sono avventurati nei meandri della terra. Tasi, però, si imbatte in alcuni documenti che parlano di una misteriosa creatura che abiterebbe il dedalo di cuniculi che si apre davanti a lei. Con questa paura nel cuore, decide di immergersi nell’oscurità.
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Quanti spaventi, in Amnesia Rebirth
Questo l’antefatto del videogioco, fresco di debutto su PlayStation 4, Microsoft Windows, Linux e Classic Mac OS. In realtà molto presto scopriremo che nel sottosuolo del deserto algerino si annidano creature ben più spaventose di quella descritta nei documenti rinvenuti entrando nella grotta, che la nostra eroina vedrà – o penserà di vedere – tutte le volte che sarà assalita dal panico o che resterà da sola nel buio. Ecco, come anticipavamo, Tasi non regge la pressione psicologica dovuta all’oscurità: questo fa sì che se doveste mai finire i fiammiferi (più avanti nel gioco per fortuna incontrerete pure una lampada a olio che vi garantirà qualche minuto di autonomia in più), la nostra mal capitata inizierà ad avere terribili allucinazioni. Starà a voi comprendere cosa sia meglio fare in quei frangenti: darsela a gambe levate fino all’ultima fonte di luce rischiando però che la creatura che vi dà la caccia vi senta e vi piombi addosso oppure continuare a camminare inghiottiti dalle tenebre, sperando di non fare brutti incontri?
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Tra rumori, sussurri, ombre che si muovono, grida disperate, strutture gotiche che sembrano prendere vita fino a ghermirvi il cuore, trabocchetti, cadaveri e chi più ne ha più ne metta, Amnesia Rebirth riesce nell’intento di farvi aumentare le palpitazioni a ogni passo in più che farete addentrandovi nel dedalo misterioso. Ovviamente va giocato di notte, con l’audio (a dir poco avvolgente) al massimo e le cuffie ben calcate sulle orecchie.
Progredendo con la storia scoprirete anche cosa nasconde il passato di Tasi e cosa la collega all’avventura che sta vivendo, pensiero che da solo potrebbe spingervi ad affrontare le vostre paure così da incamminarvi nelle lunghe tenebre di Amnesia Rebirth, tra gli horror psicologici più intensi dell’ultimo periodo. Tecnicamente acerbo ma capace di regalare tanti, tantissimi, balzi sulla sedia. Suderete freddo!