Nel 2013 ha rischiato la vita affrontando un muro d’acqua. La fortuna e qualcuno l’hanno salvata. Oggi detiene il primato dell’onda più alta mai cavalcata da una donna. Si batte in difesa dell’ambiente. Buon viaggio nella nuova puntata di “Vite Straordinarie – Ritratti fuori dal comune”
Arrivare prima di altri e fare la differenza. In fondo è questa la ricetta vincente di quegli innovatori che battono sentieri inesplorati per spingersi oltre, realizzando vere e proprio Vite Straordinarie. Certo, ci vogliono competenze specifiche, visione allargata, dedizione estrema, coraggio da vendere e una squadra che poi riesca a tirare la volata. Ma le storie che state per leggere e ascoltare su StartupItalia in questo mese di agosto racchiudono tutto questo e molto di più. Parte la rubrica estiva “Vite Straordinarie – Ritratti fuori dal comune” con le storie di Brian Chesky, Serena Williams, Daniel Ek, Elon Musk, Paul Graham, Sam Altman, Licypriya Kangujam, Maya Gabeira, Samantha Cristoforetti, Masih Alinejad, Jeff Bezos, Malala Yousafzai. Dal 7 agosto ogni lunedì, mercoledì e venerdì come cover story un longform scritto dalla redazione centrale di StartupItalia e con le firme di Alessandro Di Stefano, Chiara Buratti, Gabriella Rocco e Carlo Terzano. Ogni ritratto è accompagnato dalle illustrazioni di Giulio Pompei. E poi c’è un podcast da ascoltare con la voce del direttore editoriale Giampaolo Colletti. Leggi qui sotto la nuova puntata o ascoltata su Spotify. Per saperne di più leggi il pezzo di lancio.
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«Sempre». È la risposta che ha dato a chi le ha chiesto quante volte nella sua giovane vita l’abbiano scoraggiata dall’inseguire i propri sogni. Eppure non si è mai scoraggiata ed è andata avanti a testa alta. Sempre. Anni 36, brasiliana di nascita e portoghese di adozione, Maya Gabeira detiene il primato mondiale dell’onda più alta mai surfata da una donna. Un’onda da guiness da circa 22 metri di altezza. Ma dietro quell’impresa c’è molto di più. Perché Maya ha soprattutto un ruolo attivo nel promuovere l’advocacy dell’Unesco sui temi della sostenibilità dell’oceano in qualità di “Unesco Champion for the Ocean and Youth”. La campionessa vive il proprio ruolo cercando di veicolare messaggi che esulano dallo sport. Infatti Maya ha visto con i propri occhi le conseguenze dell’inquinamento e del cambiamento climatico sul mondo marino a causa delle microplastiche. A cominciare dalle spiagge e dalle acque del Brasile. Per questo oggi organizza vertici giovanili come portavoce principale di GenOcean, la campagna dell’Unesco per stimolare i cambiamenti nello stile di vita tra ragazze e ragazzi.
Maya Gabeira, le origini
Maya Reis Gabeira è nata a Rio de Janeiro il 10 aprile 1987. Lì ha studiato alla Deutsche Schule fino all’età di 11 anni. Prima di cavalcare le onde del mare, si è appassionata al tip tap. All’età di 14 anni ha deciso di imparare un’altra danza, quella che richiede la capacità di mantenere l’equilibrio sulla tavola. Sulla spiaggia di Arpoador, a Rio de Janeiro, ha iniziato a praticare il surf, dove talento, abilità e passione sono emersi subito. A 15 anni si è spostata in Australia e a 17 alle Hawaii, alla costante ricerca dell’onda perfetta da domare. «Mi piace lavorare e avevo un obiettivo chiaro e la volontà di raggiungerlo – ha dichiarato in un’intervista -. Quando si vuole realizzare qualcosa, il vero lavoro è quello che si fa quando nessuno guarda».
Nel 2007 si è aggiudicata il Big Waves Award e l’anno successivo è diventata la prima donna a surfare le onde dell’Alaska con il connazionale Carlos Bunge, classe 1967. I loro destini si sarebbero incrociati di nuovo, in una situazione drammatica. Durante un allenamento in Portogallo, Maya ha tentato di domare un’onda gigantesca, un muro d’acqua. Ha però perso il controllo, rompendosi una caviglia e svenendo. Attimi terribili, in balia delle onde. Fortuna ha voluto che Carlos Bunge l’ha soccorsa per tempo, rischiando la propria vita. La storia è a lieto fine. Di quell’onda che l’ha quasi uccisa ha un ricordo nitido: «Senz’altro è stata la più grande che abbia mai visto». Quella vicenda le è però costata altre ferite, per via di attacchi pubblici ricevuti anche sui social. Ma a farle più male è stata la dichiarazione di Laird Hamilton, stella del surf, secondo il quale Gabeira non avrebbe avuto le abilità sufficienti per cavalcare quell’onda e tentare l’impresa.
Una vittoria dopo l’altra
Nonostante quello spavento Maya non ha mollato e, sette anni dopo, nello stesso punto che le stava portando via la vita, è stata incoronata come una delle migliori surfiste al mondo di big wave. Oggi è la star incontrastata delle Big Wave Surfed, lo sport riservato ai surfisti che affrontano le onde giganti grazie al suo il primato mondiale dell’onda più alta surfata da una donna. L’atleta brasiliana nel corso della sua carriera è riuscita ad aggiudicarsi una infinità di premi: nel 2009 ha vinto il premio ESPY per la migliore atleta di sport d’azione femminile. Sempre nel 2009 Maya ha surfato la più grande onda di sempre, quando ne ha cavalcata una di ben 14 metri a Hout Bay in Sudafrica e nell’anno successivo ha ricevuto il Teen Choice Award per il miglior atleta di sport d’azione. È stata premiata cinque volte con il XXL Big Wave Awards per la migliore performance femminile. Tra le sue più grandi imprese, nel gennaio 2018, ha surfato un’onda di 20,8 metri di altezza a Nazaré, registrata nel Guinness dei primati come la più grande onda surfata da una donna.
Maya Gabeira oggi si batte per la protezione degli oceani e ha rivelato di trarre ispirazione da Sylvia Earle l’oceanografa statunitense, conosciuta per essere stata la prima donna a capo della National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti. L’omaggio pubblico è arrivato l’8 marzo 2023. «Per me Earle è una fonte di grande ispirazione, pioniera e leader per la difesa dell’oceano», ha raccontato durante un evento dedicato all’Ocean decade Convertions organizzato dall’Unesco. Maya Gabeira divide la sua vita tra Rio de Janeiro, Nazarè e Los Angeles. È attiva sui social, dove condivide non solo eventi sportivi, ma anche il suo attivismo per la salvaguardia dell’ambiente. E in fondo di tutti noi.