“Ogni anno quasi 600.000 tonnellate di rifiuti di plastica finiscono nel Mediterraneo contribuendo all’inquinamento fisico e chimico dell’acqua”
Anche l’Italia, per effetto della direttiva europea 2029/904 che intende far sparire la plastica monouso dal Vecchio continente, per effetto del decreto legislativo 196/21 che l’ha recepita vietando la produzione, la vendita e l’utilizzo di prodotti “single use plastic”, ha iniziato proprio oggi la sua exit strategy dal mercato dell’usa e getta. Tra i prodotti di plastica monouso che verranno messi al bando spiccano piatti, cannucce di plastica, posate, cotton-fioc, aste per i palloncini e contenitori per cibi e bevande in polistirene espanso. Altri, come tamponi e assorbenti per l’igiene intima, resteranno in circolazione, ma dovranno essere marcati con le appropriate modalità di gestione del rifiuto coerenti con i sistemi di raccolta esistenti, nonché le forme di smaltimento da evitare per lo stesso in conformità con la gerarchia dei rifiuti e l’avvertimento della presenza di plastica nel prodotto e la conseguente incidenza negativa sull’ambiente della dispersione o di altre forme di smaltimento improprie del rifiuto.
Francesca Santoro (UNESCO): “Questo stop alla plastica monouso non basta”
L’obiettivo è una riduzione quantitativa ambiziosa e duratura del consumo di questi prodotti entro il 2026. fino a farla sparire quasi del tutto di scena per il 2030. Non sarà insomma una sparizione dall’oggi al domani, impensabile, del resto, ma un ritiro graduale dagli scaffali. Eppure tutto ciò non sembra soddisfare gli addetti ai lavori che ben conoscono la situazione in cui versano gli oceani. “La direttiva SUP della Comunità Europea e il bando alle plastiche monouso costituiscono una presa di posizione importante per la difesa di ambienti naturali come oceano, mari, fiumi e laghi e ci auguriamo che tutti i paesi membri la recepiscano al meglio”, ha commentato Francesca Santoro, Specialista di Programma della Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’UNESCO e promotrice in Italia del Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile (istituito dalle Nazioni Unite dal 2021 al 2030).
“La direttiva va dunque nella giusta direzione ma c’è ancora molta strada da fare per ridurre davvero la quantità di rifiuti plastici che ogni anno finiscono in mare, a maggior ragione dopo due anni di pandemia in cui il monouso è stato ampiamente utilizzato per ragioni igieniche sanitarie – aggiunge Santoro – Ogni anno quasi 600.000 tonnellate di rifiuti di plastica finiscono nel Mediterraneo contribuendo all’inquinamento fisico e chimico dell’acqua. Anche se una correlazione diretta tra questo primo tipo di inquinamento e la salute umana non sia ancora stata scientificamente dimostrata, è importante tuttavia sottolineare che gli agenti chimici con cui vengono trattate le plastiche possono essere rilasciati nell’acqua, alterando gli equilibri dell’ecosistema marino e creando dei pericoli sia per l’economia che per la salute collettiva”. “Senza dimenticare – ha aggiunto Santoro – la questione delle microplastiche: secondo i dati raccolti dal GESAMP, l’ingestione di microplastiche è stata registrata nell’80% delle specie marittime campionate”.