Il marketplace, nato a Bologna nel 2019 dall’idea di quattro informatici, permette ai clienti di acquistare i prodotti invenduti a prezzo scontato, aiutando così locali e ristoratori a eliminare le rimanenze
Lo scorso anno in Italia sono stati buttati quasi due milioni di tonnellate di cibo. Tradotta in denaro, si tratta di una perdita pari a quasi dieci miliardi di euro, sommando i 6,5 miliardi a livello domestico e gli oltre tre miliardi relativi alla produzione e alla distribuzione. Con l’idea di aiutare a limitare lo spreco alimentare, quattro laureati in informatica dell’Università di Bologna hanno deciso nel 2019 di unire le forze e creare Squiseat, startup che aiuta i ristoranti a eliminare l’invenduto e ai clienti di acquistare a metà prezzo cibo di buona qualità.
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“Avere fatto esperienza come cameriere mi ha permesso di vedere da vicino quanto cibo finisse buttato” – racconta Alberto Drusiani, CEO e cofondatore di Squiseat – “Ci siamo messi all’opera per capire come poter rimediare al problema e abbiamo capito che una soluzione risiedeva nella vendita delle rimanenze alle persone”.
Com’è nata Squiseat e come funziona
Squiseat permette ai clienti di ordinare a metà prezzo i prodotti rimasti invenduti a fine giornata, che altrimenti i locali sarebbero costretti a buttare: cibo naturalmente ancora buono, ma che rosticcerie e ristoratori non possono riproporre il giorno dopo. Oltre ad acquistare gli alimenti in eccesso, gli utenti di Squiseat possono anche prenotare ai ristoranti convenzionati i pasti per il giorno successivo. In questo modo, il circuito virtuale della startup facilita i titolari dei locali a individuare la giusta quantità di cibo da cucinare, riducendo dunque gli sprechi.
L’idea di Squiseat nasce nel gennaio del 2019 e viene proposta allo StartUp Day organizzato dall’Alma Mater di Bologna. I quattro fondatori, Alberto Drusiani, Luca Morosini, Gabriele Calarota e Ossama Gana, sono giovani informatici. “Abbiamo inizialmente validato l’idea nel modo più semplice possibile”, commenta Alberto. “Utilizzando un gruppo WhatsApp e un accordo con una rosticceria, alla quale abbiamo proposto di vendere a metà prezzo il cibo non venduto a fine giornata”.
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Quando i numeri degli ordini sono saliti e il progetto ha iniziato a prendere piede, Squiseat si è spostata su Telegram, realizzando un bot in un canale apposito e creando “una sorta di piccolo e-commerce”. Con l’arrivo del Covid, spiega il CEO di Squiseat, “abbiamo cercato di dare il nostro contributo, offrendo il bot gratuitamente ai locali che non avevano alcun mezzo digitale per vendere i prodotti, a prescindere dalle eccedenze”. Il percorso di affermazione del marketplace prosegue fino al varo, previsto in questi giorni, dell’app ufficiale. “Attraverso l’applicazione” – osserva Alberto – “facilitiamo l’opzione di acquisto dei prodotti a prezzo pieno, scegliendoli da una lista fissa offerta dai locali”. Insieme alla possibilità di effettuare ordini misti, tra prodotti invenduti e prenotazioni successive.
Le caratteristiche del servizio
Quello che contraddistingue Squiseat è il vantaggio economico offerto ai ristoratori: “riceviamo una commissione molto bassa, per distinguerci dai grandi marchi come Just Eat e altri. Il nostro obiettivo è prima di tutto fornire ai locali un marketplace digitale semplice ed economico”. Per farlo, prosegue il CEO, “abbiamo deciso di togliere le consegne, così da poterci espandere in modo più capillare sul territorio e non avere problemi logistici: lasciando che sia il cliente a recarsi in negozio, evitiamo infatti di doverci rivolgere a fattorini costretti a lavorare per una paga inaccettabile”.
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Squiseat nel futuro: identità e B2B
“L’ingresso in Hubble di Nana Bianca ci ha permesso di delineare al meglio le milestones per il proseguo del nostro percorso” – dice Alberto – “Grazie ai finanziamenti ottenuti abbiamo potuto porre l’accento su ambiti, come il design dell’app, rimasti inizialmente in secondo piano”. Da questo punto di vista, il team di Squiseat si sta appoggiando a collaboratori esterni e ha in programma di ampliare il proprio personale “in particolare sotto la parte del marketing, delle vendite e della comunicazione”.
Un altro aspetto importante per una startup in crescita come Squiseat riguarda le collaborazioni con realtà affini. “La scorsa estate abbiamo avviato una partnership con il servizio Consegne Etiche di Bologna e abbiamo intenzione di consolidarla in futuro”. Senza perdere la propria identità: “A livello di ristorazione, Squiseat si è sempre focalizzata sui locali di alta qualità come gastronomie, pasticcerie, bar e forni e intende proseguire su questa strada” – dichiara Alberto.
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Tuttavia, oltre ai locali, l’azienda guarda anche al B2B. “Una grossa azienda alimentare della zona ci ha contattato, facendoci presente che i problemi di eccedenze non riguardano soltanto i ristoranti, ma anche i produttori a livelli molto maggiori”. In questo caso, “la nostra risposta è di proporre e vendere gli alimenti alla ristorazione”. Un progetto dalle grandi potenzialità, che la pandemia ha costretto in standby, ma che è pronto a ripartire quando la situazione sanitaria migliorerà. Con l’obiettivo, per Squiseat, di confermare la propria presenza nel bolognese ed espandersi in tutta Italia.