Senza motore. La forza è solo quella delle gambe, che spingono e poi allentano la pressione sui pedali. Poi si librano nell’aria, la bici attaccata alle mani e il resto del corpo teso a sfidare la fisica. Salti mortali, double loop, back flip. Se esiste una legge nel “dirt jump“, non è quella di gravità.
Cederna, Monza. Quartiere difficile. Fino a qualche anno fa, persino pericoloso.
Adesso è semplicemente periferia. Asfalto e palazzine popolari. Uno di quei posti in cui, chi vive nei quartieri chic vista Parco, probabilmente non ha mai messo piede.
La testardaggine di un ventenne cambia un copione già scritto
A spezzare la monotonia di una copione già visto tante volte è bastata l’idea di un ragazzo. Testardo, come i suoi vent’anni.
Uno a cui rompersi le clavicole in bici non è che proprio piacesse, ma, insomma, lo metteva in conto. “Sono rischi del mestiere”. E infatti è finito a fare l’atleta professionista (guarda i video) in uno sport sconosciuto ma spettacolare, in cui centauri metropolitani cercano di imitare Icaro in sella a una bici. Evoluzioni in mountain bike: casco, protezioni e via, con volteggi da dare le vertigini a chi non è dotato di stomaco forte.
Torquato – nome aulico che rimanda al Tasso, ma lui di cognome fa Testa – aveva un sogno: una pista in cui allenarsi senza prendere il treno fino a Varese. Lassù dove Diego, altro matto a due ruote incontrato su Facebook, si era montato in casa un paio di rampe per impratichirsi.
Bisogna essere giovani per pensare che certe cose possano accadere. Monza dista pochi minuti da Milano, ma è già provincia, avvolta dalla cappa di immobilismo tipica delle realtà più piccole.
L’anno è il 2013. Con l’aiuto di mamma e papà, titolari di uno studio di architettura, il giovane rider si fa coraggio e si presenta in Comune. Semplice la richiesta: “Scusate, ma a me piacerebbe fare una pista da dirt jump. Proprio qui, in Brianza”. Sguardi allibiti. “E non una qualsiasi, la più grande d’Italia”.
Anche i burocrati hanno un cuore: nasce il bike park di Monza
I dettagli di un progetto ben congegnato hanno, però, presto ragione sullo scetticismo dei burocrati. Che, a volte, possiedono persino un cuore.
Ci vogliono altri due anni – siamo ormai nel 2015 – per pubblicare il sospirato bando; Testa vince, e all’associazione temporanea di scopo creata ad hoc viene affidato in concessione per dieci anni il vecchio campo da calcio del Cederna, lasciato vuoto dalla squadra locale.
Il terreno è pubblico, i quattrini no: a farsene carico sono lui e una piccola compagine di sognatori. Sperando che l’idea non naufraghi.
E invece i risultati arrivano, complici anche i palazzi che si affacciano tutt’intorno e permettono a chi si sporge dal balcone di godersi lo spettacolo. Si innesca il circolo virtuoso del passaparola, e la voce comincia a girare anche fuori città.
I cancelli aprono nel 2017. I numeri parlano di oltre 350 tesserati all’anno, affascinati e desiderosi di cimentarsi. Un successo anche per Cederna, fino a ieri slum con vista cemento e che oggi, invece, attira appassionati da tutta Italia.
“Devo ammettere che il quartiere ci ha accolto bene, e apprezza come curiamo il terreno che ci è stato affidato” confida il giovane monzese, che oggi ha 25 anni e difende i colori dell’Italia nel campionato del mondo di specialità assieme a Diego. Proprio lui, l’amico varesino degli inizi. “I soldi li abbiamo trovati noi, certo, ma ringrazio il Comune per averci dato fiducia credendo, peraltro, in uno sport sconosciuto nel nostro paese”.
Oggi nell’ex campo da calcio abbandonato si alternano appassionati dai 3 ai 60 anni, e nell’area è stato persino montato un tendone dove i ragazzi possono accostarsi alle arti circensi. Toto – qui lo chiamano tutti così – insegna a chi vuole imparare, quando non è su qualche aereo.
Ma le belle storie a volte fanno scuola. “La nostra è servita da spunto ai tanti che ci hanno imitato, soprattutto nel Milanese” racconta il campione, sciorinando un elenco: un bike park a Baggio, un altro a Lainate, un terzo a Sondrio. A Monza sorridono, e continuano ad allenarsi. Chissà che non nasca un altro fenomeno.