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L’afa non sarà quella degli anni scorsi ma l’estate in città, tra mascherine e disinfettante, resta pesante. Per i disabili non c’è neanche il piacere di un tuffo al mare a regalare un po’ di refrigerio. Sono poche, pochissime le spiagge attrezzate in Italia; non esiste nemmeno una guida dotata dei crismi dell’ufficialità che le raccolga tutte, ma solo iniziative individuali di singole associazioni o gruppi privati. La pandemia non ha certo contribuito a migliorare il quadro. Che, raccontano gli interessati, è falsato da un errore di prospettiva: quello di ritenere la disabilità una condizione lontana.

 

Spiagge disabili: cosa serve

Vedere il mare senza poterlo raggiungere: desiderare senza ottenere, respirare la brezza e restare a guardare gli altri che si bagnano.

 

L’abitudine di chi si muove in carrozzina a inventare soluzioni per destreggiarsi tra marciapiedi, buche, scalini e porte troppo strette non basta per superare gli ostacoli di strutture pensate senza molte, a volte nessuna, delle accortezze che rendono la vita più semplice.

 

Ingresso accessibile, bagni attrezzati, spogliatoi e docce con attaccapanni alla giusta altezza, corrimani e pavimenti antiscivolo sono alcuni esempi di quanto necessario. E ancora, passerelle e piazzole idonee, sedie e lettini adatti alla sabbia, pavimenti tattili e mappe in Braille, oltre a rampe speciali di accesso al mare. Un elenco ampio, probabilmente non esaustivo, che rende l’idea dell’investimento necessario per adeguarsi.

 

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Foto di Bomel da Pixabay

&copy Foto di Bomel da Pixabay

Una lista completa non esiste

Una lista completa e aggiornata di tutti gli stabilimenti attrezzati, si diceva, non esiste. Quelle che circolano online risalgono al 2019 ma sono parziali. Secondo il blog Muoversi liberi, sarebbe la Sardegna a guidare la classifica, seguita da Liguria ed Emilia-Romagna. Nelle altre regioni, le cifre calano rapidamente, fino a rasentare lo zero.

 

Spiagge per disabili: ribaltare la prospettiva

“Ma il concetto di spiaggia per disabili ormai non esiste più” sostiene Giuseppe Trieste, presidente di FIABA (Federazione Italiana Abbattimento Barriere Architettoniche). “O meglio: non dovrebbe esistere. È un concetto legato all’idea di ghettizzazione. Certo, col tempo qualcosa è cambiato. Negli anni Settanta e Ottanta faceva scandalo portare un disabile in spiaggia, le strutture li rifiutavano. Oggi, se non lo fanno entrare, arrivano i carabinieri e chiudono il locale. Ma da qui a parlare di accessibilità il passo è ampio”.

 

L’asse – riprende Trieste – va spostato dallo  stabilimento alla qualità percepita dal bagnante medio quando ne usufruisce. “La persona in carrozzina non scende in spiaggia da sola, ma, di solito, in gruppo. Tra gli accompagnatori ci possono essere donne incinte, anziani, persone che soffrono temporaneamente della rottura di una gamba o di un braccio, e che hanno esigenze di accessibilità aumentate. Può capitare a tutti, perché questa è l’evoluzione quotidiana dell’essere umano. Senza contare che non esistono solo le disabilità motorie: ci sono anche quelle visive, uditive, psicologiche, e per l’80% non sono visibili: uno se le porta addosso, ma l’occhio comune non le nota”.

Insomma, consiglia Trieste, “il titolare dovrebbe ragionare così: ho mille clienti, e sono tutti diversi. Come per la celiachia: opzioni senza glutine oggi sono presenti in quasi tutti i menù”.

 

Total quality: la qualità per tutti

“Bisogna smetterla di ghettizzare – prosegue il presidente di FIABA – Le strutture turistiche, ma anche e soprattutto le città oggi devono essere per tutti. Perché la qualità percepita dal cliente è tanto maggiore quando non c’è bisogno di evidenziare certi aspetti. La diversità è una forma di normalità, soprattutto in un’epoca in cui si viaggia così tanto. Pensi a popolazioni storicamente più basse, o più alte, della media, e alle difficoltà che incontrano nell’usare le automobili, o alle persone sovrappeso, con le difficoltà a sedersi sugli aerei. Promuoviamo la total quality: qualità per tutti, a prescindere dalla condizione”.

 

Le leggi ci sono già. “Gliele posso citare una ad una. La 13/89, la 104/82, la 503/96. Il problema è che sono state totalmente disattese. Pensi che furono previste sanzioni persino per i progettisti delle strutture inadeguata: sei mesi di sospensione dall’albo professionale e fino a 50 milioni di lire di multa. Ma in trent’anni non è mai stato sanzionato nessuno. Invece, sono state emesse migliaia di certificazioni fasulle,  che attestavano la regolartià degli impianti. Sono mancati i controlli: e viviamo in un paese dove, se nessuno rispetta la norma, questa non esiste”.

 

Poi ci sono le amministrazioni regionali, ognuna con le proprie regole, nel segno di un’autonomia che, in questo come in tanti altri casi, ha più la parvenza di un vessillo elettorale che quella di una scelta capace di migliorare realmente la quotidianità dei cittadini.

 

“FIABA è nata nel 2000 per occuparsi della qualità della vita degli esseri umani – conclude Trieste – Ma attraverso la disabilità ci occupiamo di tutta la popolazione”.

 

Spiagge per disabili: il caso di Trevignano Romano

Le eccezioni ci sono. Tra i casi virtuosi, quello di Trevignano Romano. Dove al posto del mare c’è il lago, quello di Bracciano: perfettamente balneabile, da tre anni ha conquistato la bandiera blu.

 

Sulle rive dello specchio d’acqua, grazie a un progetto del Comune in partnership con gli stabilimenti locali, i lidi si sono attrezzati con servizi igienici e carrozzine JOB, acronimo che sta per il napoletanissimo Jamm ‘O Bbagn (andiamo in acqua, ndr) messe a disposizione gratuitamente dei clienti assieme all’assistenza di operatori. “E’ stato possibile grazie a un patto di collaborazione con i concessionari” spiega a StartupItalia Luca Gallone, vicesindaco con delega al Turismo.

 

“Il nostro è un sistema di accessbilità alla balneazione. Già da tempo abbiamo avviato percorso con associazioni che si occupano di disabilità – aggiunge il politico – La scorsa settimana assieme al pilota Emiliano Malagoli abbiamo presentato il docu-film “50mila passi” con la regia di Michelangelo Gratton, racconta la storia di come questo ragazzo è tornato a correre in moto dopo l’amputazione della gamba”. Girando su tempi di tutto rispetto, raccontano i blog di settore. All’evento era presente anche Annalisa Minetti, cantante con diversi festival da Sanremo alle spalle e una vittoria in Riviera datata 1998; ma anche finalista a Miss Italia e atleta che ha costruito una carriera, per così dire, parallela da runner di successo. Obiettivi centrati nonostante sia non vedente. O forse, grazie al fatto di esserlo, direbbe lei. Perché è nelle difficoltà che emergono le energie inaspettate che non pensiamo di possedere. Quelle che sono in grado di spingerci verso traguardi un tempo impensabili.