Si chiama Geoengineering solare e suscita reazioni contrastanti ma potrebbe essere la soluzione per abbassare le temperature globali
Dopo tre anni dalla firma dell’accordo di Parigi, dove le nazioni si sono impegnate ad abbassare le loro emissioni di CO2 allo scopo di limitare a non più di 2° il riscaldamento globale entro il 2030, la situazione non è brillante. Invece di diminuire, le emissioni di CO2 stanno aumentando a dimostrare che le nazioni non fanno abbastanza per limitare le emissioni.
Il contesto mondiale
Il rapporto presentato al G20 è chiarissimo, le 20 nazioni più industrializzate del mondo devono triplicare i loro sforzi se vogliono arrivare al 2030 con un livello di riscaldamento inferiore ai 2° (nel caso si volesse limitare l’aumento a 1,5°, gli sforzi da fare andrebbero quintuplicati).
I maggiori responsabili sono Cina, Stati Uniti, Unione europea e India che, insieme, producono il 56% delle emissioni. La Cina, da sola, è responsabile del 27% e, nonostante gli sforzi nelle energie rinnovabili, continua a costruire centrali a carbone, che sfruttano materia prima di basso costo e disponibile ovunque.
Leggi anche: L’Australia investe nell’ammoniaca: per distillare un Sole in bottiglia
Gli Stati Uniti non sono da meno e il Presidente Trump vorrebbe persino dare dei sussidi al carbone il cui utilizzo sta diventando antieconomico, vista la grande abbondanza di gas naturale che viene estratto con il fracking.
Proprio gli Stati Uniti hanno attirato l’attenzione del mondo con le reazioni del presidente al rapporto preparato da 13 agenzie governative sullo stato del clima e sulle conseguenze economiche dell’aumento della temperatura globale per l’economia americana. L’innalzamento del livello del mare, già evidente in Florida dove si devono alzare le strade per evitare che siano allagate durante l’alta marea, le ondate di calore e di siccità, che rendono gli incendi sempre più frequenti e devastanti, l’aumento della temperatura delle acque degli oceani, che si riflette nella sempre maggiore frequenza e violenza degli uragani caratterizzati da piogge sempre più torrenziali, sono solo alcune delle conseguenze che, secondo il rapporto, penalizzeranno l’economia americana di circa il 10% nei prossimi decenni. Una posizione diametralmente opposta a quella dell’amministrazione che ha deciso di uscire dall’accordo di Parigi per non penalizzare adesso l’economia del carbone e dei combustibili fossili.
La Casa Bianca ha cercato di scopare sotto il tappeto il rapporto facendolo uscire nel giorno del Ringraziamento, vacanza assoluta negli Stati Uniti. La scelta, abbastanza inusuale, non è sfuggita e si è rivoltata contro che aveva avuto la bella pensata dando molta più pubblicità al rapporto ed alle sue preoccupanti previsioni.
Leggi anche: L’energia? Può essere immagazzinata nei blocchi di cemento grazie alle gru e alla gravità
Considerando la mancata riduzione del CO2 a livello mondiale, ritornano in auge teorie alternative di controllo della temperatura sulla Terra basate sul tentativo di aumentare la riflettività della nostra atmosfera per limitare la quantità di radiazione solare che raggiunge il suolo. L’idea nasce dalla constatazione che negli anni successivi all’eruzione del vulcano Pinatubo, che ha liberato nell’atmosfera 20 milioni di tonnellate di ossido di Zolfo, la temperatura sulla Terra è diminuita di 0,5°.
12 giugno 1991 prima eruzione del Pinatubo US Geological Survey/Rutgers.
La situazione è tornata normale in un paio d’anni, dimostrando che il processo è reversibile, sostengono i sostenitori della SAI (Stratospheric Aerosol Injection) che vorrebbero utilizzare aerei o palloni stratosferici per immettere solfati nell’atmosfera aumentando così la sua riflettività.
Solar Radiation management
Si chiama Geoengineering solare oppure Solar Radiation management e suscita reazioni contrastanti.
I favorevoli dicono che, una volta che sia siano sviluppati gli aerei adatti a volare a 20 km di altezza per disseminare il particolato (che deve essere delle dimensioni giuste e delle composizione ottimizzata per non aiutare gli agenti che attaccano l’ozono) il costo sarebbe di 2,25 miliardi di dollari all’anno pe i primi 15 anni, una frazione piccola dei 240 miliardi di dollari che l’economia americana ha perso a causa del cambiamento climatico nel corso degli ultimi 10 anni.
Dovrebbe essere un’impresa a livello mondiale perché il particolato dovrebbe essere distribuito su tutta l’atmosfera terrestre con decine di aerei che operino continuamente partendo da basi sparse su tutto il pianeta. Al momento è uno studio sulla carta, gli aerei adatti non ci sono e non è chiaro se lo Zolfo sia l’idea migliore. All’Università di Harvard studiano il carbonato di calcio e stanno preparando un piccolo esperimento a bordo di un pallone stratosferico perché sono convinti che l’argomento debba essere studiato a fondo per non farsi cogliere impreparati in caso di scenari catastrofici.
Favorevoli e contrari
I contrari sostengono che ogni tentativo di intervenire sul clima è potenzialmente pericoloso perché è difficilissimo prevedere le conseguenze sia a breve sia a lungo termine.
Meno insolazione potrebbe diminuire la produttività agricola, influire sulla piovosità modificando lo schema delle precipitazioni su grande scala.
Inoltre, l’illusione di poter controllare la temperatura del pianeta toglierebbe interesse agli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra che devono rimanere una priorità per tutti noi.