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Parole e immagini influenzano profondamente la consapevolezza sociale e le modalità narrative assumono una valenza ancora più delicata in riferimento a problematiche di grande rilevanza collettiva. È questo il caso della demenza, malattia degenerativa indicata come priorità dallOMS e dall’Istituto Superiore di Sanità, il cui impatto riguarda oltre un milione di persone soltanto in Italia.

Oltre a condizionare il sentire comune, una comunicazione corretta può orientare i processi decisionali relativi alle priorità di ricerca, ai servizi, ma soprattutto alle politiche di cura e assistenza, con enormi conseguenze sulla qualità della vita degli ammalati, dei parenti e dei caregiver. 

Proprio per favorire una comunicazione etica e inclusiva della demenza, nel 2013 Alzheimer Europe ha avviato una collaborazione con il Gruppo di lavoro europeo delle persone con demenza (EWGPWD).

Istituita con l’obiettivo di monitorare il modo in cui le persone colpite da demenza sono percepite nella società, la sinergia si è concretizzata in un documento che sintetizza – in 14 indicazioni – le condotte comunicative più efficaci. 

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(C) Cathy Greenblat, dal libro, LOVE, LOSS AND LAUGHTER, Lyons Press, Marzo 2012; foto in alto: Andrea Piacquadio, Pexels

Le “Linee guida per comunicare e rappresentare in modo etico e inclusivo la demenza e le persone con demenza”, infatti, sono state presentate nel nostro Paese dalla Federazione Alzheimer Italia, membro italiano di Alzheimer Europe. 

L’obiettivo? Rivolgersi a giornalisti, ricercatori, politici e chiunque si trovi a parlare e scrivere di demenza, per poter combattere lo stigma e alimentare una narrazione inclusiva e non denigrante. 

Creare una narrazione inclusiva

«Impegnarsi a rappresentare questa condizione in maniera rispettosa e veritiera significa contribuire alla lotta allo stigma e alla costruzione di una società attenta ai diritti, alla dignità e al benessere di noi persone con demenza, dei nostri familiari e amici e di tutti i cittadini che in futuro potranno ricevere questa diagnosi» afferma Stephen John McCleery, candidato all’EWGPWD dalla Federazione Alzheimer Italia.

Un modo, quindi, per far riflettere e indagare su quelli che sono i migliori modi per poter descrivere, raccontare e parlare di demenza.

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(C) Cathy Greenblat, dal libro, LOVE, LOSS AND LAUGHTER, Lyons Press, Marzo 2012

Demenza: ecco le linee guida per i comunicatori

Evitare di raccontare la malattia con parole offensive e stigmatizzanti. Inizia così il documento di Alzheimer Europe che, dalla prima linea guida, punta a sensibilizzare il lettore sulla pericolosità di un racconto sbagliato nei confronti della malattia. Come? Evitando di utilizzare il termine “demenza” – spesso considerato nella sua accezione negativa in molti Paesi – o imparando a riferirsi alle persone che accompagnano e supportano la persona con il giusto termine: i comunicatori devono iniziare a parlare della malattia e del mondo che essa comprende, in modo inclusivo.

«Prestate attenzione ai termini e ai concetti e a come questi possano essere interpretati dal pubblico in generale; utilizzateli in un modo chiaro e preciso e, quando necessario, aggiungete informazioni o spiegazioni, in modo che le persone possano comprendere ciò che state comunicando» spiega Alzheimer Europe. «Tenete in considerazione il pubblico a cui vi state rivolgendo e l’obiettivo della vostra comunicazione. Assicuratevi che i contenuti, i termini e la forma siano appropriati».

Evitare di rappresentare la malattia, quindi, come elemento totalizzante di una persona e imparare a raccontare la demenza con immagini positive, senza generalizzazioni errate sull’esperienza di chi la vive. Le indicazioni promosse da Alzheimer Europe e EWGPWD ribadiscono che l’obiettivo è aiutare non solo le persone affette da demenza a preservare un racconto veritiero ed inclusivo della propria esperienza, ma anche affiancare, passo dopo passo, ogni comunicatore nella lotta ad una narrazione stigmatizzante che, spesso, usa cliché negativi e immagini allarmanti.

Ed è proprio così che le organizzazioni invitano il lettore – e quindi i comunicatori di tutto il mondo – ad interrogarsi sulla propria, di comunicazione. «Pensate se il vostro ritratto della demenza riflette o riproduce stereotipi di cui avete letto o sentito parlare». Troppo spesso anche la stampa è portatrice di racconti allarmistici, ricchi di metafore inadatte e di luoghi comuni ormai interiorizzati. 

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(C) Cathy Greenblat, dal libro, LOVE, LOSS AND LAUGHTER, Lyons Press, Marzo 2012

Mettere in discussione stereotipi e luoghi comuni

Nel racconto di questa malattia, invece, è fondamentale mettere in discussione ciò che si sa sulla demenza senza minimizzare o generalizzare, evitando di considerare chi vive la malattia come uno spaccato distante dalla nostra società. 

«Tenete a mente le diversità delle persone con demenza, in quanto è una condizione che interessa tutti, senza distinzioni di età, orientamento sessuale o provenienza geografica»,  affermano Alzheimer Europe e EWGPWD. «Non è influenzata dalla ricchezza, dalla posizione sociale o dal luogo. Alcuni gruppi di persone sono a maggiore rischio di altri, ma letteralmente chiunque può sviluppare la demenza».

La raccomandazione principale rimane quella di cercare riscontro direttamente da persone con demenza o associazioni Alzheimer, di approfondire e verificare ogni dato di contesto, per poter scrivere di storie e fatti con un’analisi veritiera, inclusiva e completa, indicando anche i contatti di una o più realtà presso le quali i lettori possano trovare un aiuto concreto.

Infine, se si entra in contatto con una narrazione sbagliata, è fondamentale trovare il coraggio di distaccarsi per combatterla e per iniziare a comunicare la demenza e le persone che la vivono con una prospettiva inclusiva.